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COSI' PARLO' DE GASPERI (Novembre 2015)

      Ho terminato la lettura dei discorsi di De Gasperi e - meglio tardi che mai - ho imparato alcune cose sulla storia d'Italia che, a scuola, mi furono sempre presentate in modo diverso. In particolare, due:
       1) Il momento terribile dei primi anni del dopoguerra, quando l'Italia corse il rischio (rischio vero, evitato per un pelo) di fare la fine della Romania, della Bulgaria, dell'Albania, della Cecoslovacchia, dei Paesi Baltici, eccetera. L'Unione Sovietica, Togliatti e Nenni ci credevano, erano convinti di riuscirci, a tal punto che, fino al 1947, l'URSS si battè perché le ex colonie italiane restassero all'Italia (che, fra l'altro, non le voleva più). Solo sul finire di quell'anno, quando si accorse che forse non ce l'avrebbe fatta, Mosca cambiò completamente parere e si battè contro l'Italia.
      Questo cambiamento repentino di parere lo trovai anche all'Università, quando preparai l'esame su "Storia ed istituzioni dei Paesi afro-asiatici", ma non stetti lì a chiedermene il perché.
      2) La nascita della Repubblica. Non trattandosi di elezioni, ma di referendum, non bastava avere più voti, occorreva raggiungere il quorum, la maggioranza degli aventi diritto al voto. Togliatti e Nenni speravano che, per un'inezia, rimanesse in piedi la monarchia, per poterla abbattere con un moto insurrezionale e, in tal modo, instaurare una democrazia popolare tipo Bulgaria, guidata da Mosca.
      De Gasperi corse ai ripari, accordandosi subito col re Umberto II, il quale - compresa la situazione con pericolo di una sanguinosa guerra civile - su pressione di De Gasperi accettò di andarsene immediatamente senza attendere che la Corte di Cassazione proclamasse l'istituzione della repubblica.
      Nel suo ultimo discorso del 1954, De Gasperi così parlò dei Savoia: "La coscienza nazionale si alimenta delle tradizioni e attinge continuamente al suo patrimonio culturale e civile. (omissis). Ma la civiltà italiana e la sua consapevolezza fluisce al disopra delle singole fasi storiche né si arresta di fronte alle forme di regime. Per un secolo la monarchia ha esercitato una grande funzione unitaria: essa ha conciliato la via al suffragio universale, ha tenuto alta la bandiera della continuità legittima nel terribile frangente della sconfitta e con un nuovo patto costituzionale ha assicurato il passaggio di regime senza lotte, senza conflitti, senza sangue".
      Il grassetto è mio, per far risaltare il punto essenziale del discorso.
      Per finire: quella di Vittorio Emanuele III, a scuola, mi fu sempre descritta come una fuga, una pusillanimità; nessuno osò dire che fu per mantenere vivo un governo legittimo, da opporre a quello che avrebbero formato i tedeschi con Mussolini.
      Sono vecchio, ma non si finisce mai d'imparare.

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