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La lezione di De Gasperi
Trovai su una bancarella un libro usato: I discorsi (del 1953) di De Gasperi, vol. II. Lo comprai per curiosità e trovai le parole di un uomo di integrità morale e statura politica inimmaginabili.
Riferisco solo due punti, che si addicono ai giorni nostri.
1) Quando penso agli 80 e più milioni di emendamenti presentati per impedire che venga approvata la legge sul Senato, rileggo De Gasperi che Disse: “”“Il Parlamento si basa sulla libertà di discussione – è vero – ma esso agisce solo nella possibilità della decisione; se impedite questo, impedite l’essenza della Costituzione, siete contro la Costituzione, negate le regole fondamentali della democrazia”””.
Ammetto che non ci avevo mai pensato: una proposta si discute, si combatte ideologicamente, se ne nega l’utilità: è il compito dell’opposizione (se lo pensa veramente); ma non si deve usare il Parlamento (organo di decisioni) per impedire alla maggioranza di decidere. Se lo si fa pretestuosamente, si impedisce il lavoro del Parlamento, si impedisce la democrazia, si viola la Costituzione (la scrivo con la C maiuscola, perché così faceva De Gasperi).
2) Nel PD (ma anche in altri partiti) c’è una fronda reazionaria di sinistra che, non solo vota contro nei congressi e nelle riunioni di partito, cosa naturale ed utile alla dialettica partitica, ma vota contro (apertamente e no) anche in Parlamento, come fosse un partito antagonista. Disse De Gasperi a tal proposito:
“””L’unità del Partito ha la sua legittimità – parlo della unità formale – nell’unità interiore che deve dominare. Se fosse qualche volta contravvenire a questa unità, rivendicare il proprio pensiero richiamando a giustificazione la nostra coscienza, non venendo meno a quella forza interiore del Partito, direi che sarebbe questione di discutere la misura o l’opportunità di caso in caso. Badate: un dissenso fino a che è critica in famiglia, fino a che è disparere che si può protrarre fino all’ultima decisione, è ancora una cosa tollerabile, direi salva l’anima, salva la libertà di coscienza; ma quando il dissenso si trasforma in atto di ribellione, anche formale, voi correte il rischio di perdere anche l’unità interiore.
Perché che cosa è il Partito soprattutto? Il Partito esige soprattutto la sommissione, la subordinazione a un criterio generale, di cui noi soli non possiamo essere interpreti. Questo è il principio fondamentale della disciplina interiore.
Allora non vale richiamarsi alla propria coscienza, accettare il senso delle propria norma negando le esigenze di norme collettive accettate. Ecco perché io ho parlato di esperienza storica. Ditemi voi l’esempio di uno che venga meno all’unità formale, si ribelli a disposizioni autorizzative del Partito – naturalmente ottenute legalmente – e che tuttavia sia rimasto interiormente delle stesse idee e delle stesse convinzioni e abbia sempre agito nella stessa maniera. Non esiste.”””
Tradotto in parole più semplici: se uno è iscritto ad un partito può e deve contribuire al dibattito con le sue idee, quali che siano; il voto interno dirà se otterranno la maggioranza o meno. Se la maggioranza la pensa diversamente, deve in tutta onestà accettare il volere della maggioranza espresso democraticamente o, con altrettanta onestà, lasciare quel partito.
La mia opinione è che – alla luce di ciò che succede in Italia - quasi non esistano partiti i cui membri abbiano tale onestà interiore.
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