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EDUCARE, NON SOLO ISTRUIRE (Marzo 2016)

      Perché, nella scuola italiana, non s'insegna l'onestà?
      Qualche insegnante mi dirà: "Ma che cosa stai dicendo? Parliamo tanto di educazione civica, di Costituzione, di rispetto ambientale e di tante altre belle cose".
      E' vero; sono tutte belle cose, ma formano una coscienza onesta? La Costituzione viene soprattutto richiamata per illustrare i diritti di tutti; molto meno per illustrare i doveri. Non per niente, il costituente volle abolire il termine "educazione" per sostituirlo con "istruzione". Cosa che non fecero la Francia ed altri Stati nel mondo.
      Purtroppo, l'insegnamento principale deriva dall'esempio. Che i docenti siano onesti non basta: lo devono essere soprattutto i genitori e i governanti, da Roma al più piccolo ente locale, dal ministro a chiunque abbia una sia pur piccola funzione pubblica, parroci compresi. E qui c'è solo da piangere.
      Oggi, si ritiene onesto colui che è furbo, intelligente colui che è furbissimo e ciò mi fa venire in mente ciò che Krusciov, nel 1960 e in malafede, disse all'incontro con Gronchi: "Nel regime capitalista è più intelligente chi ha più dollari. Nel regime socialista è più intelligente chi ha più intelligenza."
      Oggi, in Italia, si cerca di evitare lo scontrino fiscale, si fa lavorare e si lavora in nero, spesso non si paga il canone RAI, spesso non si paga l'affitto negli alloggi pubblici, si studia il modo di compiere innumerevoli azioni legittime ma disoneste.
      Helvétius, filosofo francese della seconda metà del '700 (periodo di enorme rilassatezza civica), scriveva: "Un padre desidera l'elevamento dei suoi figli. Egli sa che né le conoscenze, né i talenti, né le virtù apriranno loro mai la strada della fortuna e che i governanti non credono mai di aver bisogno di uomini illuminati e sapienti: egli non chiederà dunque ai suoi figli né conoscenze né talenti e saprà pure che nei governi non si può essere virtuosi impunemente. Un padre dice ai figli, in generale e in forma di massima: "Siate virtuosi", ma in pratica, senza rendersene conto, dice: "Non prestate alcuna fede a queste massime: siate dei birbanti schivi e prudenti, e siate onesti, come dice Molière, solo nella misura necessaria per non essere impiccati".
      Questa disonestà chiamata furbizia, per noi italiani, era tipica di certe regioni, per eventi storici di cui non parlo per brevità; ma poi si è estesa su tutto il territorio, come previsto dalla cosiddetta legge di Gresham, mercante e banchiere inglese del XVI secolo, secondo cui la moneta cattiva caccia la buona, sempre.
      A meno che, come io continuo sempre a sperare, una futura classe politica, diversa dall'attuale, non torni a posare l'accento su ciò che porta a ragionare attraverso la conoscenza (ricordiamoci che, invece, da decenni si grida: abbasso la filosofia, abbasso la storia), a capire che il benessere del singolo si otterrà soltanto coll'amore per il benessere comune.

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