ITALIANI NEL MONDO (Ottobre 2006)

Ho sentito l’altra sera il nostro Primo Ministro, il prode Prodi, parlare della sicurezza del Papa in questi termini: “Alla sicurezza del Papa ci pensino le sue guardie…”.
       E non lo disse in un orecchio ad un Tronchetti Provera qualunque: lo disse in conferenza stampa all’O.N.U.
       Mi sono sentito male.
       Sono certo che il prode Prodi non pensa così e conosce gli obblighi concordatari che l’Italia ha col Vaticano, ma l’espressione denota uno stato d’animo confuso ed infelice.
       Forse, sarà il frutto del lauto pranzo e dell’abbondante libagione, forse sarà il frutto del mal di fegato che gli procurano le risse fra i componenti la maggioranza (chissà perché, mi viene in mente Dante, laddove definisce i simpatici aretini “botoli ringhiosi”…); certo, non è stata un’esibizione da Primo Ministro sano, così come ha generato malessere nei cittadini il suo grande silenzio sui forsennati attacchi al Papa e la sua contemporanea stretta di mano ad Amadinejad.
       Va bene il dialogo, ma un vero politico deve saper scegliere i momenti opportuni: il nostro Primo Ministro non lo ha fatto. E me ne dispiace.
       Così come mi dispiace anche che, in linea con qualche suo Ministro, avendogli tempo fa inviato una missiva su tutt’altro argomento, non abbia mai risposto; non dico Lui personalmente, ma almeno il segretario del segretario del suo segretario particolare.

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