PERCHE' PIANGERE? (Novembre 2006)

Lessi su un giornale filogovernativo "E ora piangano i ricchi". Perché? Io mi sono sempre augurato il miglioramento di tutti o, almeno, di quanti più possibile; mai il peggioramento di qualcuno. Ho il dubbio che certe forze governative non conoscano le leggi dell'economia, secondo cui è meglio il miglioramento di qualcuno piuttosto che di nessuno. La ricchezza, magari mostruosa, magari scandalosa, magari di uno solo, può esssere di vantaggio per altri - per possibilità di lavoro o per altro - , ma mai di svantaggio.
       Ai miei tempi c'era già chi ci voleva nudi alla mèta, ma finì a piazzale Loreto.
       Io riponevo qualche speranza in Prodi e nella finanziaria, speravo che una sana sterzata moralistica avrebbe portato anche saggezza governativa, ma devo ricredermi e sulla sterzata e sulla saggezza. Come si fa a dire che, se una finanziaria scontenta tutti, significa che è giusta? Se scontenta tutti, scontenta tutti e basta.
       Non capisco uno sconquasso del genere per ridurre il debito pubblico dello 0,8 per cento: nel 1992, il presidente Amato lo ridusse del 4 per cento senza farci piangere tanto. Poi, i successori lo fecero di nuovo aumentare, ma questa è un'altra storia.
       Che capacità ci vuole a ricuperare denaro imponendo tasse? Lo saprebbe fare anche mia zia, che s'intende di ravioli e di dolcetto, ma che - come qualche parlamentare - crede che la CONSOB sia una medicina.
       Dopo aver imprecato contro Tremonti, mi accorgo, adesso, che, forse, non aveva tutti i torti.
       Ma io spero ancora nel governo, magari dopo un rimpasto che tagli fuori gli agitati dell'estrema sinistra ed imbarchi l'UDC e - perché no? Anche se poco probabile - la Lega.
       Però, ci vuole un presidente meno vanaglorioso, che accetti di essere contraddetto e, soprattutto, che non si contraddica, dandosi del matto da solo.
- "Io, riferire in Parlamento? Roba da matti!" - disse nel caso Telecom, col suo faccione da bonario parroco di campagna, deridendo chi glielo chiedeva. Poi, andò a riferire in Parlamento, in entrambi i rami.
       E non arrossì nemmeno.
       - Io non dico bugie!" - Disse l'altro ieri. Davvero?
       - "Io non aumenterò le tasse!" - Aveva detto in campagna elettorale. E poi, giù, botte da orbi, cioè, tasse da orbi.
       Senza arrossire.
       - "Io ridarò all'Italia il prestigio che si merita!" - Ripeteva in campagna elettorale. E poi, dopo sei mesi di governo, ha visto le due più prestigiose agenzie mondiali di valutazione economica declassarci per affidabilità al di sotto del Portogallo, ritenendoci al livello del Botswana e della Malaysia.
       Sempre senza arrossire.

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