Al momento del varo della nuova legge elettorale (bella o brutta che sia), si era di nuovo parlato di quote rosa, cioè, di un 30% di posti in lista riservati a persone di sesso femminile. Poi, non se ne fece niente.
Meno male, perché, se fossi donna, mi sarei sentita offesa.
A parte il fatto che le quote rosa richiamano alla mente le quote-latte, ben più note in questa lattifera Padania, le quote di riserva sono, in tutti i concorsi (e l'elezione è un concorso), per i portatori di handicap, per gli invalidi, per determinati svantaggiati (orfani di guerra, eccetera) e per determinati meritevoli (medaglie al valore, reduci, trentanovisti, eccetera). Non mi pare che la donna, in quanto tale, rientri in una di queste categorie.
Nè vale il ragionamento che si tratta solo del posto in lista, ferma restando la piena libertà di elettrici ed elettori di votare chi si voglia. Non è così, perché si condizionerebbe comunque la libera formazione delle liste.
Eppoi, perché solo per il concorso elettorale? Quanti sono i corsi e concorsi a cui è ammesso soltanto un numero chiuso? E la reciprocità?
Penso, per di più, che la norma avrebbe qualche difficoltà sul piano della costituzionalità, dal momento che - salvi eventuali casi in cui lo imponga la peculiarità del lavoro - l'articolo 3 della Costituzione dice che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
Sarò all'antica, ma sono abituato a guardare le persone negli occhi, non altrove.
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