Roberto Rosati

DURANTE - 2^ parte

- "Spremete le meningi!"

E' il grido di guerra che il professore di matematica lancia quando, con l'irruenza di uno stallone, irrompe in classe; giunto alla cattedra scruta l'orizzonte:
- "Venga..."

E' come assistere ad un film di Hitchcock: maestri, entrambi, del brivido.

Io lo guardo benevolmente perché capisco quanto a seminare il terrore tra gli ingenui egli si diverta. Hitchcock, con la sua regìa, ti fa accapponare la pelle; il docente, con il suo portamento e la sua possa, chi lo conosca bene, invita al sorriso: questi è un maestro del thrilling ironico più ancora di quello.

Egli apprezza la mia comprensione nei suoi confronti e mi tratta con quella indulgenza, con quella deferenza che non credo di meritare (alla lavagna riesco a risolvere due incognite sì e una no), gratificandomi della sufficienza.

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Il professore di storia esprime, invece, avversione per il mio metodo di studio: metodo che, secondo lui, non porterà ad alcun risultato.

Questa ostilità occulta è forse sbocciata un giorno, a causa del mio comportamento su strada in via Cavour: passeggiando entrambi su e giù, il professore e io, sullo stesso marciapiede, procedendo, intendo dire, nella medesima direzione di marcia, ma in senso inverso, ogni volta che l'incontravo - sarà stata una mezza dozzina di volte in un quarto d'ora - gli auguravo la buona sera con un bell'inchino.

Penso si sia messo in capo che mi divertissi alle sue spalle.

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Coscienzioso, maturo prima ancora dell'esame di maturità, mi flagellerei pur di non perdere un giorno di scuola.

Ieri persi il treno e nevicava; anche il medico condotto del paese perse il treno. Accettai l'invito di quel campione sportivo che è il mio medico e raggiungemmo Bra a piedi; l'esercizio giovò alla salute di entrambi.

Raggiunsi l'aula di via Vittorio zuppo: i piedi facevano ciac nelle scarpe.

Riuscii a cogliere, impreparata, la medesima professoressa che mille volte aveva colto me, per annum, impreparato; dopo un attimo di comprensibile smarrimento ella si arrese e mi indicò, col dito, il banco.

La professoressa trabocca di grazia, ma si difende assumendo atteggiamenti severi e dispensando avari, brevi sorrisi; alle volte si tradisce e distribuisce anche dei nove e dei dieci a chi sappia pronunciare correttamente l'aoristo.

Noi l'ascoltiamo con rispetto e delizia.

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Nino è, secondo me, Lord Henry Watton; in pace con se stesso, compatisce i compagni di passaggio su questo mondo.

Si svuoterebbe le tasche per amore del prossimo; ma dalla soglia su cui è appostato in agguato davanti alla porta del liceo, il teppista scuote la cenere della sigaretta sull'ampia tesa del cappellino della vecchietta, in transito sul marciapiede.

La sua risata crepita e rivela che qualcuno, in qualche luogo, in qualche modo, ci è cascato: c'è sempre qualcuno che ci casca, nei dintorni di Nino.

Con noia mista a diletto attende alle lezioni.

All'alba trama gli inganni concepiti nei sogni della notte a scapito dei compagni e delle compagne; tesse le tele amorose per l'intera classe, ma in codesto impegno disinteressato spazia ben oltre le mura dell'aula.

Se operassero tuttora gli intramontabili Battuti Neri, come operano, egli ne assumerebbe il comando e congiurerebbe con un confidente della parte avversa per eliminare il capo dei Battuti Bianchi.

Sarebbe, del resto, la persona più adatta, per garbo e soavità, ad accompagnare in gita scolastica per il gran mondo un intero asilo infantile: sorelle e cuoca - quella giovane - comprese.

Sibarita in erba, esercita una vivace forza magnetica sugli spiriti di coloro che amerebbero visitare, in Calabria, il felice angolo di Grecia antica, sua patria d'adozione honoris causa.

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Dall'alto dei suoi centottanta centimetri Pepon osserva, con un sorriso triste dipinto sulle labbra, l'umanità raccolta ai suoi piedi e intanto memorizza: nutre forse l'ardito disegno di scrivere una ventina di volumi intitolati 'Saga del Liceo Govone di Alba, sezione staccata di Bra'?

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Mi trovavo al secondo banco della fila di destra, cioè al mio posto, ma l'aula era più spaziosa, non era la solita aula: al fondo del locale si assiepavano - osservatori esterni - parenti, amici e conoscenti, i quali parlottavano tutti tra loro e producevano un fastidioso rumoreggiare.

Tale strepitìo mi impediva di seguire, concentrato a dovere, la lezione del professore di storia e, a mano a mano che il tempo trascorreva, mi rendevo conto, con raccapriccio, dell'abisso di ignoranza nella materia, abisso che si apriva sotto i miei piedi e rischiava dì inghiottirmi.

L'indomani - lo sentivo - egli mi avrebbe interrogato: e dire che non avevo, in passato, nel corso dell'intero anno, mai aperto il libro di storia confidando nella stella che mi protegge e che mi ha, fino ad ora, evitato ogni contatto ravvicinato - tipo mezzogiorno di fuoco - con l'insegnante.

Mi crucciavo: "Per quale motivo non ho studiato la materia? Questa notte sarò costretto a farlo, in fretta, senza costrutto. Riuscirò ad assimilare in poche ore le gesta compiute dall'umanità nel corso di secoli?"

Ma ecco che mi ritrovai, all'improvviso, seduto sul letto: "Sogno o sono desto?"

Guardai l'orologio: se è certo che

‘...presso al mattin del ver si sogna'

è altrettanto certo che sono uno sventurato!

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Era giorno di festa al tuo paese e sono venuto a trovarti in 'lambretta' per chiederti di accompagnarmi dalla nostra comune amica: hai acconsentito con entusiasmo; durante il breve tragitto ti sei avvinghiata, per timore di cadere...

'Les roses fleurs de chair qui se dressent au bout'.

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Ieri sera andammo a Pollenzo, Nini e io, a casa di Battista per gavazzare:

"Pingui capre scannavansi e più grandi

Montoni e grossi porci e una buessa
Di branco; e il prandio s'apprestava."

L'anfitrione

"Negro vino da nappo aureo versava".

Gozzovigliato l'intera notte,

"Ristoràti di cibo e di bevanda,"

"Tosto che aperse del mattin la figlia
Con rosea man l'eteree porte al Sole"

sciogliemmo la seduta e ritornammo alle nostre case, ma trovammo le porte sbarrate.

I nostri padri minacciarono: "Non siete rientrati ieri sera, ora andate ai giardini pubblici."

E' una bella domenica di novembre.

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Marsala per l'esame: vado a trovare Battista, ai Macellai, alle sette, come inteso, per accompagnarlo in 'lambretta' ad Alba, dove ci attendono gli esami. Mi accoglie con affetto e m'invita in salotto: riempie due bicchieri di marsala, il nostro viatico per la maturità: accetto con riconoscenza e prosciughiamo le coppe.

Ad Alba ci riuniamo al resto della brigata: attendiamo l'ora d'inizio delle prove davanti al banco del caffè Calissano.

Maria Pia ordina un frappé; lancio a Battista un'occhiata ansiosa: chissà se il frappé l'aiuterà agli esami?

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Alle soglie della maturità pensiamo al futuro: a vent'anni, in verità, non c'è altro da fare. Avvertiamo, dentro di noi, ingigantire la Forza: ci sentiamo carichi come doppiette, tesi come archi, pronti a scoccare la freccia nell'avvenire.

Che cosa ci tiene in serbo il futuro?

Chi diventerà Mangiafoco, capo degli artisti del teatro dei burattini, si sollazzerà per tutta la vita.

Chi sposerà il Principe ereditario, che sarà re a suo tempo, vivrà molti anni felice e contenta.
Chi diverrà un celebre direttore d'orchestra, potrà descrivere mille cerchi in aria con la bacchetta.

Chi sarà Aladino, o la bella Bambina dai capelli turchini (a questo punto Rita mostra una viva curiosità) saprà soddisfare i desideri di una giovane ardente, o di un volubile burattino.

Chi diverrà un rinomato attore calcherà le scene interpretando, con realismo, i drammi di vita altrui.

Qualcuno diventerà gran progettista e realizzatore di ponti, cosicché l'acqua potrà scorrervi sotto.

Altri, poeta e apparterrà alla maggioranza della popolazione.

Chi, al termine degli studi, si scoprirà sognatore, potrà insegnare le vie dell'utopia.

Diventato un gran navigatore, qualcuno scoprirà nuovi mondi.
L'avvocato di grido potrà sostenere le ragioni dei deboli e confondere i prepotenti.

Se alcuno di noi diverrà santa, o santo, potrà proteggerci di lassù; papa o papessa, escludo che qualcuno diventi: pare che nessuno possieda la stoffa.

Se chirurgo, o parroco, chi lo diverrà conoscerà a fondo il prossimo, sezionandolo in sala operatoria o in confessionale.

Se mai uno di noi diverrà futuro comandante dei CC, o direttore di convitto femminile, potrà conquistare signorine oppure benemerenze (mi riferisco - scemo - alla 'benemerita').

Se altri diverrà un buon uomo o una buona donna, saranno fatti suoi; se pianificherà una famiglia, si comporterà come colui che si spala la terra addosso, per inumarsi.

Se tutti la penseranno come me, fra trent'anni si verificherà, in Italia, il noto fenomeno del calo demografico. Se cambierò invece idea e mi sposerò, i celibi verranno a chiedermi come si fa a fare figli; il che non lo rivelo ancora: ogni cosa a suo tempo. Coppi è scettico su questo mio modo di pensare, Pepon si atteggia a scettico per snob; le ragazze sono molto interessate, è loro natura essere interessate ai problemi demografici.

Se non diverremo alcuno degli eroi o delle eroine sopra descritti, ma saremo quel che saremo, poveri noi!

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Precisiamo. Da ragazzo maturo, quale mi pare di essere (la contraddizione non è rilevante: avevo suggerito altrove di essere prematuro), da ragazzo serio, penso che Nino dovrebbe fare il grande scrittore e Nini il poeta: questi tiene sempre una rima nel cassetto, pronta per qualsiasi evenienza della giornata; quegli manovra la penna come un fioretto e colpisce con eleganza l'avversario riscuotendone, per giunta, l'ammirazione e l'eterna gratitudine di essere uscito malconcio dal duello o, nel peggiore dei casi, ucciso.

Egli maneggia la penna con la stessa noncuranza con cui una signora dispone i gerani sul davanzale, con eleganza e competenza: con lo stilo affascina gli uomini, così come seduce le femmine con le frottole.

Le favole che racconta sono degne di un brillante conoscitore dell'animo umano.

Nini attende alle proprie faccende con serietà e impegno e ci mette dentro un pizzico di tragedia.

Nino è serio solo quando non è a scuola, cioè quando la marina: ma perché la dovrebbe marinare, se la scuola lo diverte? Appunto, non la marina per niente.

Voglio dire che, anche nel caso improbabile d'assenza dall'aula, il suo sorriso sapido rimarrebbe stampato sull'ultimo banco della fila di centro, a fianco del sorriso di Gian: come quello del gatto d'Alice, un po' meno pronunciato forse.

Per tutti, la scuola è una lotta: lui se la gode; vive di rendita e lascia vivere. Noi dobbiamo fare i conti con gli studi, lui ha ben altro da pensare: non può, purtroppo, perdere tempo con gli otia litterarum.

Le nostre conoscenze le possiede già fin dalla nascita; sono convinto che potrebbe sostituire la cattedra, in caso d'assenza del professore: è per questo motivo precauzionale che la cattedra non si assenta.

Frequenta perché rispetta i parenti, che gli impongono di frequentare. In aula non ti fa pesare la sua superiorità: ti tratta da pari, ti saluta con signorilità, ti da del tu, ti presta orecchio se apri bocca. Vive insomma con noi, inter pares, come un indulgente Lare nel sacello del peristilio del suo appartamento.

Battista me lo vedo, in futuro, con il braccio sollevato, il dito puntato per aria, nel gesto d'Augusto e nell'atto di trinciare. Non so che cosa diverrà, questo ragazzo, da grande: un Annibale, che indica col dito ai suoi cornàc il colle Clapier; un professore di matematica, che addita allo studente la via della lavagna, dove c'è un'equazione a tre incognite da risolvere; un dinoccolato signore vestito di nero, con pantaloncini corti di seta, calze al ginocchio, fischietto in bocca, che mostra il punto esatto, sul terreno, dove calciare il rigore; o uno scrittore latino che mostra al pubblico una penna a sfera (la penna gli è sfuggita di mano, ma nel 120 ca. d.C. Svetonio, nel 'De viris illustribus', sosteneva che essa stava ancora al suo posto); o un solenne cuoco che accenna, al proprio aiutante, la saliera; o un chirurgo, che rivela all'impacciata crocerossina la direzione della sala operatoria; o un san Giovanni, che Gli indica la giusta via per il Giordano...

Generalissimo, educatore, sportivo, gastronomo, scrittore latino, chirurgo, posseduto, invasato, santo? Che guazzabuglio, quando si mette la testa fuori del presente e si tenta d'esplorare il futuro! Spero, almeno, di averne imbroccata una giusta.

Mi trovo, in ogni caso, di fronte ad un enigma: egli è un grande anfitrione, emulo d'Epicuro, circondato d'innumeri clienti, attivo partecipe alle feste rurali, animatore di circoli e salotti paesani dove attrae a sé, con il glamour del suo stile e col suo aplomb, dame e cavalieri.

Due, fra le dame e i cavalieri frequentatori dei suoi salotti, attratti dal suo glamour siamo, appunto, Nini e io: ci caschiamo sempre. I nostri padri continuano ad avvertirci: "Studiate, evitate d'incamminarvi sulla cattiva strada, ecc."

E noi, degeneri, a fare vita notturna. Quali strade proporrà, o quali porte spalancherà il futuro a chi segua le peste di tale Mentore?

Ma se la statua col braccio sollevato non esibisse un dito puntato, bensì un'intera mano con le cinque dita aperte a mo' di ventaglio, allora non si tratterebbe della statua d'Augusto, ma di quella bronzea dell'Arringatore: in tal caso Battista starebbe per diventare, non c'è dubbio, un avvocato celeberrimo all'estero, in Italia e in Piemonte.

Gian, me lo vedo grande amatore, non dico nel futuro, ma già al presente.

Scatenerà, forse, una nuova guerra di Troia trascinando la consorte di Truman da Washington a Bra. In tal caso l'accampamento degli yankees, che assedieranno la roccaforte braidese, si potrebbe vedere nella piana di Pollenzo, dove era già stato Alarico.

Egli potrà anche associarsi, nel senso pudico, con Nini e Nino e scrivere, novello Castiglione, un trattato in prosa e in versi sul comportamento del moderno Cortegiano.

In un suo pied-à-terre è possibile ammirare ricche collezioni di belletti, di lacche, di limette per unghie, di culottes, di soutiens-gorge, oggetti tutti trafugati nottetempo con arte ed esposti in una vetrinetta nei pressi del letto a forma di cuore, al quale artigiani sapienti hanno conferito un movimento, a comando, oscillatorio e sussultorio.

La futura carriera d'Angelo sarà di un virtuoso musicista o di un insigne direttore d'orchestra.

Suonerà il piano dimenando la testa dalla folta capigliatura e levando, ogni tanto, gli occhi ispirati - stavo per dire spiritati solo perché a volte, se non metto gli occhiali a fuoco, mi sembra Mussorgskij - ad un punto indeterminato del soffitto.

Ai suoi piedi avrà una dama rapita - intendo trasognata, non sequestrata - e al suo fianco Dumas, Berlioz, George Sand, Paganini e Rossini: così com'è nel dipinto di Joseph Danhauser, dove però Franz Liszt sostituirebbe Angelo al pianoforte.

I nostri pronipoti ascolteranno le sue musiche su giradischi pronipoti dei nostri giradischi: coi quali, premendo un pulsante, si potrà godere o l'orchestra al completo di tutti gli strumenti o uno strumento per volta, a piacere. I giradischi dell'avvenire saranno anche dotati di uno schermo lillipuziano, su cui poter leggere l'elettrocardiogramma del direttore mentre dirige; gli svolazzi della punta della sua bacchetta saranno registrati da un sismografo.

I nostri pronipoti adopereranno, forse, i coperchi per esprimere approvazione al termine del concerto: 'a batô j cùverch'.

Il nome di Angelo deflorerà la Fama come un jet il muro del suono.

Che dire, poi, di Ernesto? Io me lo figuro a capo della diplomazia nazionale; tutti lo ignorano, chi lo vede scuote il capo: "Non è lui!"

Per trarre in inganno gli agenti segreti nemici si traveste; ma non gli serve il copricapo, gli bastano i folti capelli. Calza scarponi col wibram anche a Roma; indossa maglioni di lana blu-chagall dal collo alto arrovesciato sotto il mento, pantaloni e giacca tinta four-roses.

Sarà lui che, dal suo nido d'aquila, monitorerà gli sviluppi e contribuirà a risolvere, diciamo, la crisi del petrolio o il conflitto arabo-israeliano.

Lo tengo d'occhio perché conto di ottenere, con una sua raccomandazione, almeno un posto di consigliere di 3a classe all'ambasciata del Cairo: l'atmosfera egiziana giova alla mia salute e alla mia cultura.

Egli è un amico e nonostante la grinta che tenta di sfoggiare s'intenerirà, se gli ricorderò i vecchi tempi. Gli dirò che lo rivedo - non lo risento - in quel banco, taciturno come lo sono stati tutti i grandi da giovani: san Tommaso dei Conti d'Aquino, per esempio, era detto il 'Bue muto': io lo chiamo "'L gat rôss mut 'd Farijàn" (Ernesto, non Tommaso).

Tace e nella sua mente di statista e un po' anche di condottiero d'uomini costruisce ipotesi di armistizi, paci, tregue; sposta armate sullo scacchiere europeo quale misura precauzionale contro eventuali attacchi dall'est, non si sa mai.

E' un buon amico, a goodhearted fellow: sono certo. che se una divisione corazzata nemica mi attaccasse sul fianco, egli invierebbe un intero corpo d'armata in mio soccorso interrompendo, se le circostanze lo richiedessero, la sua marcia su Mosca, da poco iniziata dopo avere attraversato il Njemen; o quella su Roma, astutamente sviluppata attraverso le Alpi.

Sono certo che se i Vopos mi facessero sparire, scomoderebbe Stalin in persona per farmi riapparire il terzo giorno; e infine - che so? - che se venisse a conoscere che, un bel giorno, io ho prosciugato Fort Knox, si unirebbe a me per gavazzare tutta notte.

Non è facile leggere chiaro nell'animo di Ernesto; ciò che ho finora pennellato della sua personalità è forse frutto di fantasia, non di chiaroveggenza: in questo caso, al detto che sparerò, al termine di questa mia divagazione, sui compagni di liceo, vale a dire: 'Tutti coloro che, nella vita, non avranno realizzato queste mie previsioni, avranno sbagliato strada,' aggiungerò: 'eccetto Ernesto.'

Piergiuseppe diventerà un Porporato; lo rivelano dei segni precisi: il suo temperamento tranquillo, lo spirito contemplativo, ecc. Sta per ore immobile a guardare il soffitto, rapito in qualche visione celeste: forse dialoga con gli Arcangeli e con le altre Potestà. Raramente discende sulla terra fra di noi. Come tutti gli eletti del Signore, allorquando al termine delle lezioni ritorna in questa valle di lacrime, deve lottare contro Lucifero e le sue tentazioni. Il demonio gli comanda:
- "Non andare a messa la domenica!" e lui ci va anche il sabato.
- "Non recitare le orazioni del mattino!" e lui le recita, invece, anche la sera e prima dei pasti principali.
- "Bestemmia!" e lui, giù una filza di avemarie.
- "Fornica!" ed egli si aggira con il paraocchi del cavallo per non vedere le fanciulle allo struscio di via Cavour.
- "Ammazza!" e lui a correre di qua e di là per aiutare, invece, le vecchiette ad attraversare la strada, stile boy-scout.

Lo chiamiamo 'il santarello di via Vittorio angolo via Cavour,' là, appunto, dove predilige esercitare la propria missione.

Me lo vedo già con la stola al collo, in confessionale, a consolare le afflitte: "Va in pace, pecorella, e non smarrirti un'ennesima volta. Quando ti venga un'altra tentazione corri qui da me e non attendere di giungere dopo il fatto compiuto."

Me lo vedo con la tiara in capo alla testa di una lunga, variopinta processione, in una radiosa giornata primaverile.

La sua specialità sarà benedire le case... fra le quattro mura, ci s'intende meglio.

Pur diventando Porporato, in fondo rimarrà un bravo ragazzo, quale lo conosciamo: dopo avere aizzato il pubblico contro uno sfortunato poeta, accortosi che il poeta ero io, l'ho visto tacere all'improvviso e prendere le mie parti; l'ho udito

'confondere la folla inferocita
e renderla mansueta ed ammonita'4.

4Versi miei, composti su due piedi.

Sotto la sua scorza ruvida riconosco un uomo schivo, che si scioglie allo sguardo di chi lo fissi serenamente negli occhi. Dietro le sue azioni, che a volte paiono grige, si cela un animo appassionato, ribelle, come rosso calore sotto la cenere. Il suo spirito aleggia sopra di noi, come il rifugio Giacoletti sopra il Pian del Re o la Forcella del Culour del Porco sopra il rifugio Giacoletti.

E' anche per questo che guarda in alto, nella direzione del soffitto, dei monti, del cielo.

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Quale sarà mai il legame che vi unisce, Pepon, Guido I, Ferrer, Guido II?

Una distinta applicazione agli studi, che svetta in Guido Il: ogni volta che festeggiamo la leva, marina la scuola in mia compagnia senza alcuno scrupolo; senza alcuno scrupolo come Dorian Gray o il suo amico Henry Watton.

Sono i più colti ad avere, di solito, pochi scrupoli, tanto da giustificare il quesito

'Còssiensa sensa siensa a l'è mej che siensa sensa còssiensa'!'

Una certa frivolezza, eccettuato ancora il caso di Guido Il, la cui complessità di raziocinio sfiora l'acume di Pinocchio, che nonostante gli avvertimenti della bella Bambina dai capelli turchini, di Geppetto, del grillo-parlante, del dottore, della lumaca, riuscì, come si sa, a diventare un somarello non sapendo evitare Lucignolo, che in questo caso sarei io; con una mitigazione, però: che Pinocchio diverrà un ragazzino pulito mentre io, un tamburo.

Una speciale bonomia, che difetta in Pepon, il quale eccelle invece in aggressività e sventatezza:

'Al tuono della sua voce,

s'ammassano le acque nel cielo;
egli fa salire le nubi
dall'estremità della terra,
fa risplendere il baleno
in mezzo alla pioggia,
e fa uscire l'uragano dai suoi nascondigli.'

L'aggressività è una delle sue colpe minori e perdoniamogliela:

'Mac Diô a l'è sensa difèt;'

'Fina 'l sôI a l'à sôe mace'.

Una peculiare puntigliosità, carente in Ferrer. Il quale è remissivo e arrendevole come Tom Sawyer, che vuole vedere se dietro il fantasma ci sia qualcosa di solido, un tesoro nascosto per esempio e penetra nella grotta, dove scopre il gruzzolo; o come l'Alfieri, che si fa legare alla memorabile sedia. Ferrer è vago, impreciso e nebuloso - ma anche un po' Paperon de' Paperoni - come il signore che sognava abitare un terzo piano e ordinò al geometra di costruirglielo: allorquando si accorse che il geometra gli aveva costruito anche un primo e un secondo piano, si irritò.

La retorica, tiepida in Guido I: il quale sembra il diretto discendente di Cicerone - respira, appunto, l'atmosfera di G.B. Gandino - e, in parte, di Gorgia; lo si può definire homo eloquens.

L'appartenenza, infine, alla provincia granda. Quest'ultima qualità è comune a tutti, non solo a Ferrer, ai due Guidi e a Pepon: essa dilaga nella classe, è un marchio di fabbrica. Tale appartenenza va annoverata fra le ragioni più intriganti della nostra complicità; non si tratta di campanilismo, è piuttosto un senso di partecipazione ad una stessa tribù: "Sei di Cuneo?"

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Ancora, le ragazze. Siete le nostre muse, per voi diventiamo poeti.

Noi, maschietti, siamo soggetti ad oscillazioni umorali, registrabili dal sismografo: abbeverandoci al vostro sorriso, ritorniamo in possesso delle piene facoltà psichiche.

Le mamme ci hanno, finora, preparato piatti succulenti e accompagnato alle soglie del liceo; voi, adesso, ci condurrete oltre e ci condirete il cibo con un sugo più piccante.

Profumi e colori, musica e movenze, vezzi.

Siete deliziose come Afrodite, che genera la bionda Armonia; civettuole e vanitose come Atena, la quale acceca Tiresia perché l'ha vista completamente nuda e fa decapitare Medusa che le si è paragonata; nobili come Lady Rowena o come Mathilde de La Mòle; coraggiose come Costanza d'Altavilla o Margherita di Foix; bizzarre come Clelia Conti: inquiete come Emma Rouault; vendicative come Alcmena, che strappa gli occhi alla testa di Euristeo perché le minacciava i nipotini; appassionate come Giuditta, 'molto bella e d'aspetto incantevole.'

Nella sua preghiera, Giuditta chiese a Dio di darle 'una parola seduttrice,' di cui penso non avesse punto bisogno. Ella 'si adornò di collane, di braccialetti, di anelli, di orecchini, di tutti i suoi gioielli: si fece così bella da invaghire ognuno che la guardasse.'

Giuditta poté, in seguito, cantare di sé, parlando di Oloferne:

'Il suo sandalo rapì il suo occhio
e la sua bellezza imprigionò la sua anima:
la scimitarra recise il suo collo.'

Siete grandi in tutti i tempi, sotto ogni sole, nel mito, nella religione, nella casa, nella classe: nemiche di Artemide, prolifiche forse come Megamede, eccetera.

( Fine della seconda parte)

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