(sonoro)
LE FOTO DA 1 A 10

1) - 1898 - Mia bisnonna era nata nel 1833, a Monforte d'Alba, in Provincia di Cuneo. Era contadina, ma abitava nel concentrico. Guardate che concentrico! Ma il paese allora era così. Niente acqua, niente luce, riscaldamento a stufa (nemmeno a camino...), niente lavelli , niente lavabo o altre diavolerie igieniche, spurgo dell'acqua in mezzo al selciato, scale di pietra, nessun parapetto, gabinetto (chiamiamolo gabinetto!) esterno con tubo che non andava in nessun posto. Insomma, era l'Italia di Bava-Beccaris (fra l'altro, con villa a Monforte e vicino di casa, ma lui aveva il parco e il maggiordomo).

2) 1898 - Questo soldato, di Novello, era uno dei pochi scampato alla disfatta di Adua, in Eritrea. Non ne parlava molto. Ne parlava molto, e con le lacrime agli occhi, un altro reduce di quella battaglia, un giovanotto di Monforte d'Alba. Raccontava che, dopo la disfatta, il suo plotone riuscì a sganciarsi ed a nascondersi. Ma erano rimasti senza ufficiali e non avevano idea di come fare per scendere a Massaua, il porto sicuro dov'erano sbarcati. Fecero la cosa più ovvia: seguirono un torrente il quale, sicuramente, sarebbe finito al mare. La cresta dei monti non era lontana dal mare. Camminarono un giorno, poi una settimana, poi un mese, e il mare non arrivava. Si nascondevano ogni volta che incontravano un villaggio e cercavano di mangiare frutta selvatica, senza sparare, per non farsi sorprendere. Invece del mare, sopraggiunsero le malattie, la malaria, le infezioni, la dissenteria, eccetera. Camminarono per mesi sempre seguendo la discesa del fiume, stupiti di non trovare il mare. Morirono i due terzi del plotone e, al fine, trovarono una città vera, non abissina ma non italiana. Cos'era successo? Che lo spartiacque fra il Mar Rosso e il Mediterraneo era talmente vicino alla costa del Mar Rosso, che infilarono un torrente che era già affluente del Nilo. Percorsero, a piedi, senza viveri, tutto il Sudan e buona parte dell'Egitto, prima di sentirsi salvi, almeno i sopravvissuti.

3) 1910 - La classe di mio padre, a Monforte d'Alba (Cuneo): 46 presenti, ma, quando c'erano tutti, erano 54.

4) 1910 - Nello stesso anno, mia madre frequentava una classe a Chiusavecchia, in provincia di Imperia, che allora si chiamava solo Oneglia ed era staccata da Porto San Maurizio.

5) 1922 - Torino - Istituto Salesiano di Valsalice. Fra i vari studenti, c'è mio padre. Chissà se qualche visitatore del sito si riconosce? E' difficile, perchè dovrebbe avere almeno 96 anni...

6) 1924 - Banco di Beneficenza a Novello (CN). Se guardiamo l'abbigliamento o le facce, si direbbe che c'era un tenore di vita dignitosamente povero. Consoliamoci con la dignità, ma c'era anche la povertà; però non non c'era già più analfabetismo, ad eccezione dei vecchi.

7) 1928 - Entroterra ligure in provincia di Imperia. Il Comune dovrebbe essere Chiusavecchia o Lucinasco o Chiusanico (o altro paesino dei dintorni). La foto rappresenta mio zio Meneguccio cacciatore (in tutti i sensi) con un gruppo di donne impegnate nella fienagione (nei prati, come si diceva). Però, la foto ha una storia ed è per questo che la riproduco col colore vero, anche se ne ho reperito una copia perfetta da un parente. Nel febbraio del 1945, la casa dei miei nonni materni, a Chiusavecchia (come confini, era già Lucinasco) fu incendiata dai tedeschi per rappresaglia, si presume. Nei giorni successivi, frugando fra le macerie alla ricerca di qualunque cosa, venne alla luce questa foto, bruciacchiata e annerita. Fu raccolta ed eccola qui.

Nello stesso periodo, la casa di campagna dei miei nonni paterni, a Monforte d'Alba, a 120 km. di distanza, venne fatta saltare in aria dai tedeschi (ma ne parlerò altrove).

8) 1932 - I miei nonni materni, coi miei genitori (a destra) e i miei zii, davanti alla casa che, nel 1945, sarà incendiata. La porta alle spalle è quella del magazzino.

Mio nonno era frantoiano, ma il frantoio lo prendeva in affitto a Pontedassio (IM) e lavorava solo da ottobre a giugno. D'estate faceva il contadino a Chiusavecchia (IM).

9) 1932 - Chiusavecchia (IM). La foto è di oltre 70 anni fa. Oltre al paese, col vecchio ponte napoleonico, tutt'ora immutato, si vede, il più basso a mezza costa, il santuario di Nostra Signora dell'Oliveto. Da tale santuario, l'8 di settembre, inizia una processione in discesa, con santi e Madonne portate a spalla, che, dopo aver attraversato il paese, ritorna al Santuario con una salita che fa sudare i portatori. Agli angoli delle vie ci sono tavolini preparati con bevande varie, per i portatori; si va dall'aranciata al barbera, dall'acqua fresca al pigato d'Albenga. Parecchi anni fa, con mia moglie, stavamo recandoci al santuario, quando, sull'angolo, vedemmo mio zio (quello cacciatore, della foto bruciacchiata) che discorreva cogli addetti ai rifornimenti liquidi e spiegava quanto fosse ardua la salita con un santo sulle spalle. "Perchè portare i santi fa venire una sete che non ne avete l'idea!" E così dicendo, tracannava un bicchiere di barbera. Mia moglie si stupì: "Ma come, a ottant'anni porta ancora i santi?". "No - gli risposi - i santi li portava quarant'anni fa, ma gli è venuta una sete tale che beve ancora adesso...".

10) 1932 - Crudelissimo modo per addestrare i cani alla caccia. Con una trappola, si cattura un tasso vivo, poi lo si lega per una zampa ad un palo con una corda lunga due/tre metri e gli si aizzano contro i cani, tenuti al guinzaglio, in modo che si esercitino a combattere, senza ucciderlo subito. L'addestramento ha fine quando il tasso - che si difende come può - è sbranato.

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