LE FOTO DA
Foto n. 658
Umberto I, il re buono, venne
assassinato a Monza dall'anarchico Giulio Bresci il 29 Luglio del 1900. Era
nato a Torino nel 1844, da Vittorio Emanuele II e da Maria Adelaide
d'Asburgo-Lorena. Fu re d'Italia dal 1878 alla morte.
L'appellativo di "buono"
gli derivò dall'atteggiamento dimostrato nel fronteggiare sciagure quali
l'epidemia di colera a Napoli nel 1884, prodigandosi personalmente nei
soccorsi, e per la promulgazione del cosiddetto codice Zanardelli, che apportò
alcune innovazioni nel codice penale, come l'abolizione della pena di morte.
Per la verità, come sovrano,
era di tendenze militaristiche e autoritarie; amava l'ordine. Fu accusato di
cnservatorismo per aver appoggiato la politica di Crispi in Africa e per aver
avallato, nel 1898, la repressione dei moti insurrezionali di Milano, per mezzo
del generale Bava-Beccaris.
Nella foto, c'è il suo
autografo, assieme a quello del ministro Stanislao Mancini, su un enorme
decreto di nomina ad ambasciatore di un diplomatico a Barcellona. Data
l'enormità del foglio, riproduco solo il quarto in cui compaiono le firme.
Foto nn. 659 e 660
E’ una cartolina spedita dalla Gran
Bretagna, quando era colà ambasciatore, nel 1930, da Dino Grandi. Conte di
Mordano, nacque a Mordano nel 1895 e morì a Bologna nel 1988. Entrò in politica
nelle file della sinistra, poi, nel 1914, seguì il socialista Mussolini a cui
rimase fedele anche nel periodo fascista. Nel 1920 fu ferito in un agguato da
cinque colpi di pistole, mentre due giorni dopo il suo studio fu completamente
devastato da militanti della sinistra. Fu in seguito fra i fondatori dei fasci
emiliani, dei quali divenne segretario regionale nel 1921. Poi, fu ambasciatore
e ministro, ma con occhio attento ai passi falsi del suo capo.
Nel 1943, riuscì a convincere la
maggioranza dei componenti del Gran Consiglio Fascista a votare per la
decadenza di Mussolini, per cercare di porre fine alla guerra. Sappiamo, dopo
il 25 luglio del 1943, come andò a finire: quelli che votarono contro, vennero
arrestati, processati e fucilati a Verona. Alcuni, fra cui Grandi, riuscirono a
mettersi in salvo in tempo.<(p>
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