(sonoro)

GLOBALIZZAZIONE? SI, GRAZIE!

Tra i neologismi giornalistici contemporanei, quasi tutti di provenienza americana (Time e Newsweek sono i nuovi accademici della Crusca nel villaggio globale), nessuno è più adatto a Taipei (Repubblica di Cina) che "MacDonaldization"; in italiano, se ha senso tradurlo, "MacDonaldizzazione". E' quel fenomeno per cui una città cambia volto, a causa di alcuni prodotti, che diventano parte del paesaggio, benché d’importazione (MacDonald, Kodak, Benetton, Nike, Sony, ecc.). Qui è particolarmente visibile, perché i nomi che non sono "globali", come i sopracitati, sono scritti in caratteri cinesi.

Tuttavia, a parte il fatto che la grande "M" luminosa del MacDonald’s di fianco a noi è molto più visibile della facciata della nostra chiesa, non tutta la globalizzazione viene per nuocere. La cultura è infatti una cosa viva, l’insieme della lingua che parliamo, dei valori in cui crediamo, dei modi di fare che ripetiamo quotidianamente.

Sono stato recentemente a Tokyo.
- "Andiamo a vedere il vero Giappone, quello dei kimono e della cerimonia del tè", mi dicono.
Siamo andati e c’erano solo turisti stranieri.

- "Andiamo a vedere i veri giovani giapponesi", dico io, e li porto a fare un giro in un negozio di cd MHV e per un panino da "Wendy’s". I giapponesi, quelli "veri", quotidiani, non folklore per turisti, erano tutti lì.

Indubbiamente, la cultura è qualcosa di profondo, ci sono idee e pregiudizi così radicati che non si cambiano a colpi di spot pubblicitari. Ma la cultura è anche una cosa viva. Come ha scritto Sorrentino su DIMENSIONI NUOVE di ottobre, "le idee camminano", anche in Cina, anche in Giappone. La cultura cambia, si trasforma, si perdono tradizioni millenarie, ne arrivano di nuove. Grazie a Dio. Lo ringraziano soprattutto le donne cinesi, le cui nonne hanno ancora visto, se non subìto, i famosi piedi fasciati (idea geniale per impedire che si allontanassero troppo da casa); le donne indiane, non più costrette ad immolarsi con il cadavere del marito; le donne arabe, che gradualmente diventano "la moglie" e non una delle mogli.

Oggi, tutti guardano i film di Hollywood, con i buoni che vincono, con i cattivi chiaramente identificati come quelli che sui carriarmati schiacciano le teste degli studenti e non viceversa, con guardie del corpo pronte a dare la vita per il loro presidente, con ragazze che preferiscono affondare che abbandonare l’amato, con soldati pronti a sacrificarsi per un loro commilitone anche se è solo un private.

Visti dalla Cina, questi sono per me aneddoti edificanti, che formano mentalità di massa. Qualcuno, in Italia, grida allo scandalo perchè culture e tradizioni millenarie rischiano l’estinzione.
- "Il futuro appartiene alle idee e ai valori", ha detto Clinton durante la sua visita a Pechino. E l’arcivescovo di Singapore, Gregory Yong Sooi Ngean, nel suo intervento al sinodo per l’Asia, ha detto: "La chiesa deve pensare meno a fare concorrenza al governo (ospedali, scuole, ospizi) e più a offrire la sua "vera" novità: la vita nuova in Cristo, che va oltre i soldi, la tecnologia, la scienza".

Se la globalizzazione è scambio di idee, ci guadagneremo tutti, soprattutto noi missionari. L’internet può arrivare anche a Pechino, dove, invece, se un missionario straniero vuole entrare, deve firmare un pezzo di carta nel quale dichiara che non svolgerà alcuna attività missionaria. La globalizzazione avanza, ed è un bene. Speriamo non sorgano troppi Talabani o Kim Jong-il a cercare di soffocarla.

Don Michele
La foto: La mamma dice che devo farmi bello...

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