Monografia di Novello (continuazione)

CAPO VII

Edifizii pubblici.

Fra gli edifizii che abbelliscono maggiormente Novello, uno è senza dubbio il castello del Cav. A. Allara, ricostrutto a nuovo sui ruderi dell'antico, che fu già sede per vani secoli dei Marchesi Del Carretto, e decorato con severe forme di stile su disegno del Cav. G.B. Schellino. Ma perchè non è mie divisamento di parlare degli edifizi privati, perciò passerò sotto silenzio questo castello per quanto sontuoso ed artistico, e vengo subito a dire dei pubblici, che sono il Campo Santo, la Casa Comunale e le Chiese.

Anticamente, come è a tutti noto, i cadaveri dei fedeli si seppellivano nelle chiese o loro adiacenze. Quest'uso a Novello durò fino al 1818, quando caduta la vòlta e rovinato il pavimento della Chiesa di San Sebastiano, e quindi non potendosi più dar sepoltura in essa ai cadaveri, come si praticò fino a quell'anno, s'improvvisò un cimitero nel sito attiguo alla Chiesa della Crocetta, dalla parte di levante, e cingendolo semplicemente di una siepe, e quivi si continuò ad interrare i cadaveri fin oltre al 1830. Allora, dietro ordine dell'autorità superiore, si edificò il cimitero ora situato alla sinistra della via provinciale che conduce a La Morra, alla distanza di metri 200 dall'abitato.

Questo è di sufficiente capacità per la popolazione di Novello, ma ha nulla di particolare, che meriti menzione. Anzi, per dire la verità tutta intiera, in questo Campo Santo, resta ancora molto a fare prima che diventi una necropoli, non dirò come si vorrebbe dall'odierna civiltà, ma anche solo, quale possono forse aspettarsi di vedere a Novello i forestieri che vi passano sulla soglia. Il gruppo di case che sorge tra la piazza di Sant'Anna e le vie Umberto I e Millefiori, forma attualmente il Palazzo Comunale. Esso consta di tre piani; il terreno, in cui si ha la scuola mista; il piano 1°, in cui si tengono le scuole superiori dei maschi e delle femmine, e vi hanno la sala delle adunanze consigliari, l'Ufficio dello Stato Civile e del Catasto, l'Archivio comunale ed il gabinetto del Sindaco; il piano 2° o superiore, che forma per la moltiplicità e disposizione dei suoi vani, un ampio e comodo alloggio per un impiegato qualsiasi del Municipio. La sala delle adunanze del Consiglio serve pure per la conciliazione e per le elezioni amministrative.

L'edifizio pubblico però, del quale il popolo di Novello ha ben ragione di andare orgoglioso, si è la Chiesa parrocchiale; ma di questa mi restano tante cose a dire, che il benigno lettore, mi compatirà, se ne fo un capitolo a parte.

 

 

 

 

 

 

CAPO VIII

Chiesa parrocchiale.

Essendosi la religione cristiana propagata nei dintorni di Alba, per opera specialmente di S. Dalmazzo, detto l'Apostolo del Piemonte e martirizzato nel 252 dell'èra volgare, si può credere che anche Novello, come non molto distante da quella città, abbia abbracciata fin d'allora la religione cristiana, e quindi siasi in quel volgersi di tempo edificata qui una Chiesa, ove i fedeli potessero adunassi a celebrare i divini misteri ed a compiere i doveri religiosi; in altre parole, è a credere che una specie di Chiesa parrocchiale in Novello esistesse fin dal secolo III dell'éra cristiana.

Checchè però sia di questa opinione, certo si è che la Chiesa parrocchiale esistente qui prima dell'attuale, era antichissima, e la sua origine, come l'origine del beneficio parrocchiale, vanno a perdersi nell'oscurità dell'evo medio, non trovandosi traccia in verun luogo nè dell'istituzione di questo, nè della fondazione di quella, e solo a noi constando, che tanto l'una come l'altro già sussistevano ai tempi del Concilio di Trento (celebratosi tra il 1541 ed il 1563), rimontando appunto a quell’epoca, vale a dire al 1556, i registri degli atti di battesimo, matrimonio e morte, che si conservano tuttavia nell'archivio parrocchiale.

Così stando le cose, non è a far meraviglia, se l'antica Chiesa parrocchiale, nella seconda metà del secolo passato, non fosse più sufficiente a contenere il cresciuto numero dei fedeli, e per la sua stessa vetustà, minacciasse rovina. Sentito pertanto i Novellesi il bisogno di avere una nuova parrocchia, si accinsero coraggiosamente a fabbricarla, viribus unitis.
          Incaricato l'architetto signor Vercellone da Cherasco di redigere un progetto, col relativo disegno, e questo e quello avuti in pronto, presentarono a Monsignor Enrichetto Natta, in allora Vescovo di Alba, supplicandolo a volerli autorizzare a dar esecuzione a quel progetto, onde avere così una nuova Chiesa parrocchiale di cui sentivano tanto e così urgente bisogno.
          Il prudente Prelato, fatto esaminare da persona perita il presentatogli disegno, e trovatolo, relativamente alla popolazione di Novello, troppo grandioso, onde non accadesse a questo popolo, ciò che accadde all'imprudente uomo del Vangelo che "coepit aediflcare et non potuit consumare", si rifiutò in sulle prime di concedere la chiesta autorizzazione. Ma instando i Novellesi nella loro domanda, Monsignore consultò il Canonico Giovanni Antonio Maria Benevelli, suo Vicario Generale, che prima di essere promosso al canonicato, fu per dodici anni Parroco di Novello, e questi rispose essere tale e tanto l'accordo dei Novellesi per così pio impegno, che non solo avrebbero compiuta la Chiesa secondo il disegno presentato, ma sarebbero ancora stati capaci di fregiarne gli stucchi con purissimo oro.
          A queste rassicuranti parole il venerando Prelato, deposta ogni titubanza, concesse la domandata autorizzazione, ed i Novellesi con alla testa il loro zelantissimo Arciprete Virginio, che successe immediatamente al Benevelli in questa cura, si diedero tosto d'attorno a radunar materiali per il sacro edifizio. E perchè tutto procedesse con ordi ne, si stabilì una Commissione d'uomini fra i più ragguardevoli del paese e più zelanti dell'onore di Dio, la quale avesse per iscopo di promovere e dirigere i lavori, e questa riuscì composta dei seguenti individui: Gerolamo Virgilio, Arciprete, Presidente, D. Cogno Stefano, D. Taricco Matteo, D. Ferrero Francesco Antonio, Ruffino Giovanni Mania, Strascia Giambattista, Rosso Francesco, Blangino Giuseppe, Passone Giacomo Filippo, Genesio Michele, Bergera Carlo e Maria, Pirra Sebastiano, Passone Giovanni Battista, Vigliolo Antonio, Ellena Benedetto Maria, Bessone Giuseppe, Membri e Ferreri Giuseppe Maria, Segretario. Questi, radunatisi per la prima volta addì 12 Maggio 1761, nominarono un tesoriere nella persona del Sacerdote Taricco Matteo predetto, e due "Deputati" con lo speciale incarico di sorvegliare gli operai.
          Così ogni cosa predisposta, ed eccitati vieppiù i Novellesi alla santa opera, con dieci giorni di Spirituali Esercizi, predicati con straordinario zelo e frutto dal Sig. Teol. Don Filippo Giriodi da Costigliole di Saluzzo, il 12 giugno 1761, si addivenne alla solenne Benedizione e collocamento della pietra fondamentale.
          La Benedizione fu impartita dall’Arciprete Virginio; la posizione in opera fu eseguita per mano del Teologo sopralodato, ed il luogo scelto per collocarvi la pietra, fu il punto su cui si eleva il colonnato più vicino alla sacrestia, ed a fianco al quale sorge il pulpito.

Gettata così la pietra fondamentale, incredibile l'entusiasmo con cui tutti, ricchi e poveri, uomini e donne, vecchi e giovani, si adopravano a provvedere e portare materiali. È tradizione che nessuno mai dalla campagna venisse alla villa per sue faccende, senza che portasse seco, se non altro un mattone od una pietra per la fabbrica, e dai libri dei conti risulta, che ben poco si dovette spendere per la provvista dell'acqua e della sabbia, essendosi questi materiali quasi condotti tutti gra tuitamente dai parrocchiani.

L'opera procedeva adunque colla massima ala- crità, quando, causa l'omissione di alcune formalità relative all'occupazione del sito, giunse improvvisamente dal R. Governo di Torino l'inibizione di proseguire i lavori. Questo fu senza dubbio pei Novellesi come un fulmine a ciel sereno. Ma era giuo coforza ubbidire, e si ubbidì, sospendendosi immediatamente i lavori.

Se non che, l'opera era troppo accetta a Dio, perché il demonio potesse riuscire ad impedirne il compimento. Infatti, la Commissione nella sua seduta del 20 aprile 1765, eletto a suo procuratore il signor Avv. Alessandro Tantesio, allora giudice di questo luogo e qui residente, questi si avviò tosto a Torino, e là coll'appoggio del signor Marchese Bernezzo di Clavesana, in quel tempo possidente in Novello, uomo di molta pietà e protettore munifico della nuova Chiesa, tanto seppe fare e dire presso quei R. Governo, che questo, tolta l’imposta inibizione, concesse ai Novellesi tutte le facoltà richieste per proseguire e condurre a termine l'incominciata impresa.
          Succedute alcune annate di scarsità nei raccolti di campagna, si temette che anche la fabbrica se ne dovesse risentire, e ritardare vieppiù a giungere al suo compimento. Ma la Dio mercè, e grazie all'entusiasmo che, qual fuoco sacro, seppe mai sempre tener desto nel cuore dei parrocchiani l’Arciprete Virgilio, un allentamento nei lavori se fu, fu di breve durata, e nel 1783 l'opera per Novello affatto gigantesca, della nuova parrocchiale giungeva al termine da tanto tempo sospirato. Non mancava più adunque al nuovo edifizio, per essere aperto al culto, che la benedizione, e questa fu data solennemente fra l'indicibile giubilo dell'intiera popolazione, dai signor Teol. Avv. Pietro Giordano il 10 novembre dell'anno suddetto 1783.

L'antica parrocchia d'intorno alla quale fu fabbricata la nuova, era a tre navate, divise fra loro da due file di colonne di quattro pile ciascheduna. La nuova è ad una sola nave, sormontata da doppia cupola, che sorgendo maestosa e svelta verso il cielo fino all'altezza di metri 34,50 dal pavimento, si scorge fin quasi dal centro del Piemonte. L'architettura è d'ordine corinzio, la forma semielittica.
          Il complesso poi di questo edifizio, specie la sua ampiezza, l'altezza e sveltezza della cupola, e le giuste proporzioni di tutte le sue parti, fanno di questa parrocchia una delle più belle chiese della Diocesi di Alba.

Il Casalis, nel suo Dizionario dei Comuni, dice che la Chiesa parrocchiale di Novello viene a buon titolo riputata come uno dei sacri edifizii più belli che vanti la Provincia di Alba. Monsig. Fea, negli atti di visita 1838, chiama questa parrocchiale, Chiesa di superba mole e di una struttura magnifica, superbae molis et magnificae structurae dicenda. Monsignor Galletti ripete che questa Chiesa presenta all'aspetto una mole stupenda ed una forma veramente magnifica: haec parochialis Ecclesia stupendam exibet molem, vereque magniflcam formam. E Monsig. Pampirio, dopo aver detto che questa Chiesa è un vero monumento della pietà e concordia ammirabile di questo popolo: verun monumentum pietatis et concordiae mirabilis huius populi, soggiunge: noi affermiamo, senza tema di errare, che questa Chiesa parrocchiale tiene il primo posto fra quante sono in tutta la nostra Diocesi: hanc Ecclesiam principem locum tenere interquot sunt per universam Dioecesim, absque errandi formidine, asserimus. (Atti di visita 14 settembre 1888).

Tale la Chiesa parrocchiale che si edificarono i Novellesi nella seconda metà del secolo decimo ottavo, allora quando le strade erano incomodissime, e quindi difficilissimi i trasporti del materiale. Ecco quanto sia vero che l'unione è la forza, e la fede opera prodigi!

Qui credo pregio dell'opera riportare i nomi di quelli che concorsero con maggiori offerte nell’edificazione e successivo adornamento della Chiesa. Questi, oltre l'Arciprete Virginio, che vi spese tutta la sua vita, sono:
- Il Comune, che impose per vani anni l'annua tassa di L. 800;
- Il Sacerdote D. Cogno Stefano sopra nominato, che provvide a totali sue spese tutti i quadrelli dell'ampio pavimento;
- Il Marchese Bernezzo di Clavesana pure già menzionato, che a totali sue spese fece costrurre l'altare della Madonna del Carmine, e ne provvide la bellissima ancona;
- Il Can. Benevelli predetto, che regalò una gran parte del legname, necessario alla formazione del tetto;
- La Famiglia Ferreri, che donò il quadro di 5. Michele Arcangelo, titolare della Chiesa;
- Il Teol. Avv. Pietro Giordano, che regalò un completo paramentale di broccato con fondo bianco, ricamato in argento ed oro, ed è il più ricco e prezioso che si abbia la Chiesa;
- Il Signor Passone Matteo che più tardi lasciò per testamento la egregia somma di L. 4000 per la costruzione della bussola, orchestra ed organo;
- Certo Clerico, che donò la maggior parte della tappezzeria, e vani altri arredi.

Tacio i nomi di quelli che fecero offerte di minor entità, perché mi riuscirebbe impossibile far menzione di tutti, essendo pressoché innumerevoli i generosi, che, o coll'opera manuale, o con oblazioni più o meno rilevanti, in generi o denaro, coo perarono alla riuscita dell'opera e successivo adornamento della Chiesa. Ma Dio che guarda più alle disposizioni morali dell'offerente, che al materiale valore dell'offerta, e può quindi talvolta aver tanto in pregio il soldo del poverello, quanto lo scudo del ricco, Dio ha certamente presenti tutti i pii benefattori grandi e piccoli, e tutti a tempo e luo go rimunera da pari suo.

 

 

 

 

 

 

CAPO IX

Altari ed opere artistiche esistenti nella Parrocchia.

Nell'antica Parrocchia, oltre l'altare maggiore dedicato a 5. Michele Arcangelo, esistevano dieci altari laterali; l'altare della Madonna del Rosario, del Carmine, della Cintura, dell'Addolorata, della Visitazione, delle Anime purganti, di 5. ioachino, di S. Carlo, di Sant'Agostino e di Sant'Antonio da Padova. Nella nuova Parrocchia non si hanno più che sei altari.

L'altare maggiore, costrutto nel 1785, di marmi finissimi a vani colori, anche dedicato a 5. Michele Arcangelo. Nelle maggiori solennità adornano questo altare un grandioso tempietto di legno noce dorato, ricco di fregi e sormontato da magnifica corona, dono del signor Giovanni Andrea Pirra (anno 1841); sei bellissimi candellierì di grande dimensione, stupenda opera di scultura di ignoto autore; altrettante graziose piramidi, uscite dal laboratorio del signor Giussani Isidoro nel 1888, e quelli e queste dorate d'oro fino; un contraltare di moire bianco, ricamato in seta ed oro vero, con grande gusto e finitezza d'arte dalla signora Giannina, maestra di ricamo nel Monastero delle Luigine in La Morra, ed una tovaglia di tela di Fiandra con pizzo guipure, regalo della signora Adele Giordano- Sciolla. Il baldacchino sovrastante questo altare fu costrutto su disegno del prelodato Giussani nel 1871.

La balaustra che divide l'ampio presbiterio dal restante della Chiesa, è pure di marmo fino, e fu regalata dalla Confraternita, del Titolare della quale porta perciò l'emblema scolpito sui due pilastrini di mezzo.

L'altare di S. Luigi Gonzaga, eretto nel 1838. Questo è ricco di stucchi, ornato di quattro graziose colonne marmoreggiate coi capitelli dorati, e sormontato da elegante corona, parimenti dorata. Invece dell'ancona, in una nicchia chiusa da in vetriata, si ammira la statua in legno del Santo Titolare, di ignoto autore.

L'altare della Madonna del Rosario, eretto appena compiuta la fabbrica della Chiesa. L'ancona rappresenta la Madonna titolare, S. Domenico, Santa Rosa da Lima, ed i quindici Misteri del Rosario. Questo altare, ricco di stucchi dorati, è fornito a dovizia di preziosi arredi ed ornamenti, e quando è messo nel massimo suo splendore, bisogna proprio dire che fa bellissima mostra di sè. Fra detti arredi sono degni di osservazione un dipinto del Turletti, rappresentante la Madonna, quadro che si sovrappone al tempietto solo nella festa del Nome di Maria e durante il mese di Maggio, ed un contraltare di moire bianco con ricami in seta ed oro, nel cui mezzo campeggia il monogramma MV, lavoro della signora Abrate Irene nata Ricotti.

L'altare del Cristo, edificato solo nel 1856. Anche questo rifulge di stucchi dorati ed ha sotto la mensa, pure fatto di stucco, un bel Cristo mentre vien deposto dalla Croce, opera dell'esimio stuccatore Gibelli. Quello però che più di tutto rende rimarchevole questo altare, si è la statua in legno di Cristo agonizzante in croce, che si ammira nella nicchia sovrastante lo stesso altare. Alta 36 oncie, essa rappresenta Gesù Crocifisso, proprio nel momento in cui sta per esalare lo spirito, e manifesta la veemenza del dolore, la decadenza delle umane forme, i segnali della morte imminente. Si è questo Crocifisso un vero capolavoro dei celebre scultore Tamone, stato encomiato da pubblici fogli e commendato dai più valenti artisti dei nostri giorni, per l'accurata esattezza in ogni parte anatomi ca e per l'ammirabile espressione, con cui il sottile ingegno dell'autore seppe trattare la parte fisiologica, specialmente della testa, assieme all'ottimo della figura, dove appariscono i tocchi di gran guasto, con cui giunse a conciliare le due grandi tesi che si agitano tra la scuola così detta classica greca, e quella dei puristi moderni, i quali sostengono doversi sacrificare il bello artistico alla vista degli strazianti dolori fisici, che il Divin Paziente soffrì nella sua morte, mentre la scuola greca pretende nelle scelte forme fisiologiche, doversi evitare un tal disdicevole sacrificio, appoggiata a questa ragione, che il Salvatore, sebbene abbia sofferto per sua volontà i più vivi dolori, tuttavia, nelle forme divine, non cessò di essere Dio, e per conseguenza impassibile alle apparenti sofferenze (art. Com.). Questo Crocifisso, giunto a Novello il 26 aprile 1855, fu deposto dapprima all'altare maggiore, e quindi trasportato dove si trova presentemente.

L'altare della Madonna del Carmine, innalzato appena fu compiuta la fabbrica della Chiesa, fa bellissima simmetria col suo opposto della Madonna del Rosario, cui non resta punto inferiore nè per gli stucchi, nè per le dorature, nè per alcun fregio, ma anzi sovrasta per un magnifico tempietto, ricco di scultura, stato regalato nel 1875 dai Priore emerito della Compagnia, signor Avvocato commendatore Giordano Pietro, e per l'immagine di N.S. del Carmelo, rappresentata nell'ancona: immagine di tanta grazia e venustà ed avente una delicatezza tale di tinte ed una vivezza di colori, che la si tiene meritamente opera di valente pennello, e sembra dipinta di fresco, mentre sta là all’ammirazione di tutti, da più di un secolo. Questa preziosa tela, come si è detto nel cap. prec., è dono del Marchese Bernezzo.

Degna di osservazione è pure una tovaglia di tela di Fiandra con pizzo Richelieu, parimenti regalata a questo altare dalla emerita Priora della Compagnia, signora Giordano Adele sopra lodata.

L'altare della Madonna della Cintura e del Suffragio. Questo, per quanto rifulgente di stucchi e dorature al pari di tutti gli altri, ha nulla di particolare che meriti menzione.

Di sacri arredi preziosi, e lavorati con gusto artistico, oltre i sopramentovati, si custodiscono ancora nella Sacrestia:

a) Un baldacchino di satino bianco, con ricami e lavori di applicazione in seta ed oro, guernito all'intorno con galloni a colonna, frangie, cordoni ed aste dorate d'oro fino e velluto cremisi all’estremità inferiore, con eleganti pennacchi di seta cremisi, uscito dalla celebre Ditta Ruffino e Grigi di Torino l'anno 1885;

b) Una pianeta bianca di crème, ricamata in seta dalla non ancora dodicenne signorina Teresa Giordano, figlia dell'Avvocato Luigi;

c) Un raggio d'argento cesellato, di grande dimensione, lavoro del torinese orefice Balbino, e stato acquistato col danaro ricavatosi dalla sacra rappresentazione che si diede nella Confraternita l'anno 1826.

Però le opere artistiche di maggior rilievo, che adornano questa Chiesa parrocchiale, sono, oltre il Cristo sopra lodato, le pitture e l'organo.

Riguardo alle pitture, gli ornati sono degli svizzeri Rossi, Bittineli e Grippa, le figure sono di Augero Amedeo da Verolengo, che le eseguì coll'aiuto dè suoi allievi Visetti e Bezza, e rappresentano, quelle della vòlta: S. Michele Arcangelo che caccia Lucifero nell'inferno, i quattro Evangelisti, l’Ascensione del Signore, l'Assunzione di Maria Vergine, le quattro Virtù: Fede, Speranza, Carità e Religione; le laterali: la disputa di Gesù nel Tempio, la Maddalena che lava i piedi a Gesù in casa di Simone, ed i quattro massimi Dottori di Santa Chiesa.

L'organo, che fu costrutto nel 1882 per opera dei fratelli Vittino da Centallo, stati premiati con medaglia d'oro all'Esposizione Generale Italiana di Torino nel 1884, si compone di 37 registri, ed ecco il giudizio che ne fece il Prof. Galimberti: "Il ripieno riunisce ad un tempo la forza, la pastosità e la dolcezza. I contrabbassi dànno un effetto più reale che imitativo. Tutti gli strumenti ad ancia ed i registri di concerto, oltre all'avere la voluta densità e robustezza di suono adoperati separatamente, essi si affratellano e si impastano con rara omogeneità anche nell'accoppiarli ed immischianli tra di loro. La dolciana e le viole, tanto basse che soprane, sono di un effetto magico. La meccanica è diligentata ed eseguita colla massima precisione; precisione unica, cui i soli fratelli Vittino ponno giustamente vantarsi di saper ottenere. Il vento è somministrato da un mantice a manubrio, sistema pneumatico, ed ogni movimento riesce silenzioso e conforme alle esigenze degli studi moderni".

All'illustre Galimberti fanno eco nell’encomiare questo organo, quanti già l'ebbero a suonare, e riconoscono un tantino di questo principe dei musicali strumenti a vento, tutti esclamando che l’organo di Novello riuscì degno della sua magnifica Chiesa. E qui io non posso a meno che ringraziare ben di cuore la Provvidenza, la quale fece sì, che, rimasta vacante la piazza di maestro in questo Comune appena costrutto l'organo, si è subito trovato nella persona del nuovo maestro signor Ghigo Michele da Cervere, un abilissimo organista, il quale con l'agile e veramente esperta sua mano, sa trar fuori dall'armonico strumento, melodie tali, che mentre dilettano sommamente l'orecchio, vanno al cuore del credente e lo innalzano a Dio. Che il cielo ci conservi ancora per una lunga serie d'anni il signor Ghigo!

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