(sonoro)

TAIPEI, NATALE 1998

Natale, andiamo, è tempo di regali.

Piccoli segni di affetto per imitare il regalo di Dio.

Perché il più grande è sempre lui, e quanto ne abbiamo bisogno!

Il mondo non è un posto facile per starci da soli, senza di Lui. Per questo si è "fatto uomo". Per condividere il nostro viaggio terreno e provarne gioie e speranze, dolori e pene.

So che è vicino Gesù, e forse ride, quando alla sera, passeggiando nel cortile della parrocchia, sento il nostro pappagallo ripetere ciò che ha imparato: in comunità siamo solo in sei, ma di tre nazioni diverse. La nostra Messa domenicale è arrivata ad avere fedeli da 19 paesi diversi. E' la globalizzazione o, come si dice in greco, la cattolicità. Ognuno passa davanti alla gabbia del pappagallo, e gli insegna una frase nella propria lingua. La povera bestia, combattuta tra la tentazione di un biscotto e il rischio dell’esaurimento, prova sulla propria pelle - come me quando studio cinese - la maledizione di Babele.

E' vicino Gesù, e sorride, quando un ragazzino cristiano, e Cinese fino al midollo, mi chiede ingenuamente se la mentalità competitiva che fa ricca Taiwan si può applicare ai precetti della Chiesa: "Padre, se invece di venire a Messa ogni domenica per un mese - più o meno 4 ore - vengo a confessarmi ogni mese che non sono andato a Messa - dieci minuti - non è un bel risparmio di tempo?".

Gesù è vicino, molto vicino, quando una mamma mi viene a chiedere di andare a benedire la salma della figlia - 27 anni - e non vuole dirmi come è morta, perché teme che le rifiuti anche un piccolo segno della misericordia di Dio. Il suicidio giovanile è una piaga in questo paese, un gesto incosciente che affascina le menti più deboli. So che Gesù è vicino alla figlia in quell’attimo di infinita solitudine.

Gesù è certo vicino a quella nostra parrocchiana filipppina, che si è sposata la settimana prima di tornare a casa alla fine del contratto. Ha scelto la nostra chiesa, perché in questi anni di fatica all’estero era diventata anche la sua. La cerimonia è stata al mattino. Alla sera, alle sei, il novello sposo doveva rientrare nel dormitorio della fabbrica, perché la produzione non può rallentare solo perché due giovani si vogliono bene. Lei sarebbe partita al venerdì successivo. Il contratto dello sposo sarebbe finito un mese dopo. Quel pomeriggio, gli ha detto: "Ti aspetto nelle Filippine" e la voce esprimeva la gioia, la speranza e il sogno. Ma tre settimane dopo Joseph è morto di attacco cardiaco, nel grande dormitorio della fabbrica, chiamato invano dai compagni per andare alla produzione, che per una volta aspetterà.

Invano, come la novella sposa.

C’è bisogno del regalo che è Gesù, che venga ancora, che ci stia vicino, per ridere e per piangere. Per camminare insieme.

Buon Natale!

Don Michele

La foto: Dai, figlio mio, la gente ti guarda: stai composto!

Avanti
torna all'indice