Caro Beato Angelo Carletti, compatrono della Città di Cuneo,
“Qui comincia l’avventura del Signor Bonaventura”, così iniziava il raccontino illustrato sul Corriere dei Piccoli, che leggevo nell’infanzia. E l’avventura terminava sempre con un una grande soddisfazione per l’avventurato.
Ora, caro Beato, ti devo raccontare una recente avventura che mi fece andare in bestia (ma non sino a bestemmiare, stai tranquillo!). “La quercia caduta”, disse il Pascoli; "L’aeroporto caduto", parafraso io. Si tratta del nostro amato Levaldigi (CUF).
Come sai, fino ad una trentina di anni fa (quando ero in servizio) utilizzavo spesso la linea Cuneo-Roma (A/R), non solo per la vicinanza dell’aeroporto, ma anche per la sbrigatività delle pratiche di partenza e di arrivo. Pochi minuti e via.
Ora, il 25 Aprile scorso, dovetti andare a Casablanca ed utilizzai, per comodità (credevo) la linea Cuneo-Casablanca e ritorno. Meno male che mi presentai con oltre due ore di anticipo, perché ci fu una coda al check-in di un’ora e 26 minuti, in piedi, naturalmente (e al novantesimo anno di età). I passeggeri erano 180.
Caro Beato, i benpensanti pensarono ad intoppi per l’arrivo del mio ex Capo, ma non credo, perché noi partimmo prima del Suo atterraggio (eppoi, al nostro rientro – di cui Ti dirò sotto - non c’erano scuse…).
Le pratiche di uscita a Casablanca (città di 4 milioni di abitanti) durarono si e no un quarto d’ora. Al ritorno, lo stesso: 5 minuti per il check-in e dieci minuti per l’imbarco. E i passeggeri erano sempre 180.
Caro Beato, tutto bene, dirai. Ma ci fu anche l’arrivo, sabato 29 Aprile scorso. Dato il casuale posto in aereo, fui tra gli ultimi a scendere e tra gli ultimi a mettermi in coda per l’uscita (con altri quattro italiani).
Quanti minuti in piedi? Dirai. Pochi, perché si tratta solo di uscire e sei italiano residente a Cuneo. Nemmeno per idea. Ci vollero 65 minuti cronometrati.
C’erano due canali; uno riservato a cittadini della Comunità Europea, della Unione Europea e della Svizzera; noi cinque italiani ci mettemmo in coda, stupiti di vedere anche di fronte a noi lunga coda di facce non europee. Pensammo che li avrebbero fatti deviare allo sportello apposito per i non cittadini dei Paesi rientranti nell’indicazione del cartello. Invece? I due o tre addetti, in divisa di Polizia di Frontiera o Doganale che fosse o qualcosa del genere (non ricordo), accettarono di controllare chiunque si fosse presentato. Non solo, ma, di fronte a due sportelli, c’erano due file confluenti, di cui non si capiva bene il punto conclusivo, per cui ognuno tentava di passare sull’altro. Calmi e perbene, rimanemmo noi cinque o sei italiani ed io mi misi dietro ad un italiano conoscente. Allontanatosi quello dallo sportello, feci un passo avanti e mi presentai. Ben due Agenti mi urlarono (capisco il fascino della divisa) che dovevo andare a sinistra e, quando dissi che ero esattamente al posto del precedente, discussero fra di loro, per non perdere tempo. E mi ammisero.
Caro Beato, io mi adombrai e dissi loro che il cartello era inesatto: doveva precisare “Gli italiani per ultimi, in qualunque fila”. Invece, poverino, diceva: "UE (Unione Europea) SSE (Spazio Economico Europeo) e CH (Svizzera)". La coda era lunga, era bella, fa piacere raccontarla (così cantilenava la favola di mia nonna), ma moi italiani eravamo meno di dieci.
Caro Beato, ho avuto l'impressione che il personale addetto ai servizi - tutto - facesse del suo meglio, se non di più, per snellire le code, ma la carenza fosse nell'organizzazione, nell'essere tirchi sul numero del personale, quasi ci fosse un incombente pericolo di fallimento. Mah!
Caro Beato, capirai perché mi terrò sempre lontano da tale aeroporto, organizzato in quel modo e decaduto nei servizi in modo tale da farmi male al cuore. Ma, tanto, mi consolo: a novant’anni non prenderò più tanti aerei...
Con devozione, il Tuo fedelissimo
Lettera precedente
lettera successiva
torna all'indice
Torna a LETTERE AL BEATO ANGELO