Caro Beato Angelo Carletti, compatrono della Città di Cuneo,
oggi, ci lamentiamo perché noi cristiani (e cattolici in particolare) in Italia - e nel mondo - siamo diventati netta minoranza. Ma è proprio un male? Non è che siamo più credenti e soprattutto più seguaci del Vangelo e di quanto Cristo ci insegnò?
Mi sembra siano passati i tempi in cui un verace proverbio diceva: "Vuoi star bene un giorno? Sposati! (dando per scontato l'ottimo pranzo e gli immediati litigi); vuoi star bene una settimana? Ammazza il maiale (per parecchi giorni avrai da mangiare); vuoi star bene sempre? Fatti prete! (sottinteso, avrai beni e soddisfazioni materiali in esuberanza).
Ora, la maggior parte dei preti cattolici nel mondo fa vita di sacrificio e di preghiera e noi, come cristiani credenti, li ringraziamo.
Ma nel passato non era proprio così. Caro Beato, vuoi qualche nota? Eccone una.
Da "I miei ricordi" di Massimo d'Azeglio (1825 circa):
"""Ho presente d'un certo prelato, il quale raccontava ridendo certi aneddoti matrimoniali ch'io neppure capivo bene allora. I prelati e preti che incontravo in compagnie non tanto ortodosse, tutti navigavano od avean navigato sul dolce fleuve du tendre (tradotto: fiume delle avventure galanti). Incontrai un canonico legato ad una dama; incontrai un giovane prelatino disperato alla ricerca del bel sesso."""
Eccone una seconda (del 1890):
Monsignor Majolo, Arciprete di Novello, nella sua monografia di Novello del 1890, non fa cenno dei possedimenti della Parrocchia se non per dire quelli che furono espropriati. Dice: "Il beneficio aveva una pingue dote, consistente in 40 o più giornate di terreno, tutto coltivo, e l'investito era tenuto a celebrare o far celebrare, nella Chiesa di esso beneficio, 2 Messe in ciascuna settimana, oltre una Messa in ogni festa di precetto della Madonna. Ora tutto è perduto; il beneficio fu soppresso dal Governo."
Il beneficio di cui parla era probabilmente un convento, la cui chiusura fece passare i beni alla Parrocchia e, colle leggi sulle guarentigie, al governo. Ripeto: erano quaranta giornate, un latifondo enorme per chi coltiva viti. E pensare che mio nonno contadino allevò ed educò bene la famiglia con sole sei giornate di terreno.....
E adesso, ecco la terza, recente, che dimostra i cambiamenti.
Sul Bollettino Parrocchiale del mio paese vignaiolo, don Graneris (Parroco ammirevole) scriveva nel 1956:
"""Avviso importante - La cascina del Beneficio Parrocchiale di Novello sarà libera per il prossimo S. Martino1956. Sono circa 26-28 giornate di coltivo redditizio e fertile (vigneto - bosco - seminativo - frutteto - erbai) con stalla moderna - fabbricato nuovo - silos - ampio portico - trattore - macchine - attrezzi agricoli. Si cede a mezzadria o affitto tutta o parte a condizioni favorevolissime. Occorrendo si affittano appezzamenti isolati.
Riconoscenza e compenso alle buone persone che aiuteranno a risolvere il grave problema della buona conservazione del Beneficio che interessa la Parrocchia e che ormai reca troppe preoccupazioni al Parroco non più giovane"""
Caro Beato, eppure, questo parroco, don Graneris, era guardato di malocchio, perché pensava sempre a radunare soldi. Ma non erano per lui; finivano tutti in opere parrocchiali. Era brusco, scontroso, ma si occupava di tutti e di tutto ciò che potesse servire ai suoi fedeli, con fatiche enormi. Lo credevano ricco, ma visse sempre povero (era Terziario Francescano, ma nessuno lo sapeva). Fu cappellano militare nella prima guerra mondiale, dove confessò centinaia di moribondi e ne curò quanti potè, ma non volle mai parlare di quel periodo. Non aveva mezzi di trasporto - nemmeno la bicicletta - e visitava tutte le cascine del Comune, con camminate chilometriche, che lo sfiancarono. Ad oltre 80 anni, fu ricoverato in una casa di riposo comune. Aveva una nipote, Giovannina zitella, che si sacrificò tutta la vita per lui e finì anche lei in una casa di riposo economica.
Caro Beato, non piangiamoci addosso, ma prendiamo atto che la Chiesa (il Papato), dopo secoli di comportamenti puramente terreni (fatta eccezione per i numerosi Santi - come Te - che si sacrificarono anche con la vita), abbia ricominciato ad avere Pontefici convinti di ciò che devono fare. Purché lo sappiano fare.
Caro Beato, ricordo il 1963, quando, in attesa della nomina del Papa, chiesi ad un mio collega d'ufficio con quale caratteristica lo avrebbe voluto. Mi rispose: "Mi auguro solo che abbia fede, il resto è un di più". Mi sorprese, perch<è non ci avevo mai pensato.
Con devozione, il Tuo fedelissimo
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