VIVA LA SCUOLA (Aprile 2007)

      Caro Beato Angelo Carletti, compatrono della Città di Cuneo,

      Si avvicinano le elezioni, perciò, caro Beato, lasciamo stare il sindaco nominale, il sindaco vero (detto anche il "sindaco rosso"), gli assessori ciclisti e parliamo d'altro.
      Hai visto il nuovo corso in una scuola della città? Un professore, vincitore - fra l'altro - di concorso ordinario (e ripeto ordinario), è stato intervistato da un giornalista di un grande quotidiano. Avrai notato che il giornalista ha costruito lui l'articolo, omettendo alcune cose, virgolettandone altre a capocchia, ma, tutto sommato, nulla dicendo di Cuneo. Infatti, avrai letto che il professore precisò di essere in quella scuola da pochi mesi, di aver maturato esperienza per una dozzina di anni in una decina di scuole non cuneesi, di riferire episodi frutto della sua esperienza (che a Cuneo non ha). Avrai notato che, nella foto, esibiva il libro da cui traeva i ricordi, libro già pubblicato due anni fa.
      Ma Tu devi compatirci: noi siamo cuneesi.
      Fatto sta che, in omaggio al nuovo corso, sono apparsi striscioni contro il professore, lettere a un quotidiano, volantini rigorosamente anonimi, email del capo della scuola al giornalista perché ha osato pubblicare una parola praticabile ma non pronunciabile, eccetera.
      Tu non pensare subito che, per agire così, qualcuno abbia la coda di paglia. Il desiderio di coprire situazioni scolastiche d'altri non ti faccia pensare che si voglia allontanare ogni dubbio sull'efficienza di quella scuola, che si voglia coprire tutto, inducendo così a credere che ci sia qualcosa da coprire in quella scuola, dove non c'è nulla da nascondere. Mi viene in mente il mio gatto, che va a far la cacca nell'orto (possibilmente del vicino) e poi la ricopre, ma non si preoccupa mai di coprire la cacca altrui. Tu sai, però, che il mio gatto non è un intellettuale.
      Tu, come me, sei sicuro che il capo di quella scuola ha agito nel modo più corretto; che ciò che voleva dire lo ha detto direttamente - in primis - all'interessato; che è intervenuto a difesa di un insegnante che, amando la scuola in generale, come istituzione, ne denuncia anche le eventuali incongruenze; che ha sùbito fatto rimuovere le lenzuolate sessantottine (io sono vecchio e ignoro la nuova legge sui manifesti, ma, visto che certe cose si possono fare, vuol dire che i responsabili ritengono che sia cosa buona); che ha sùbito pubblicamente stigmatizzato l'uso dell'anonimato (ignoro anche la nuova legge sul volantinaggio, ma, visto che ora si possono diffondere scritti anonimi, senza che si aprano indagini, si vede che i capi la ritengono cosa buona); che ha sùbito (e ripeto ancora una volta: sùbito) fatto indagare sulla fotocopiatura e distribuzione di un quotidiano (ai miei tempi, era materia penale; ora, se si può, vuol dire che è cosa buona); che ha - al massimo - discretamente sentito i ragazzi di quel professore e i professori di quelle classi; non altri ragazzi o altri professori che magari vedono di malocchio un vincitore di concorso ordinario, affermato anche come scrittore, ricercato per interviste e perciò invidiato. Ma certamente avrà fatto così.
      Però, Tu, come me, aspetti che qualcuno ce lo confermi.
      Tu sai che un dirigente, se è veramente dirigente e non soltanto capo, difende sempre in pubblico i suoi collaboratori. Lo facevo anch'io, usando le unghie e i denti, fedele al motto "right or wrong, my country (giusto o sbagliato, è la mia patria, cioè, il mio ufficio)". Poi, in camera caritatis, era un'altra cosa. Ma per essere dirigente, e non solo capo, occorre avere quelle cose che Tu non puoi nominare. E il capo di cui parliamo penso ne sia fornito. Tu lo conosci; io, purtroppo, no; so solo che ha un nome che, cinquant'anni fa, era sinonimo di correttezza ed equilibrio di giudizio. Non penso che il cambio generazionale abbia modificato le cose.
      Perciò, caro Beato, se mai Ti giungessero voci, non credere a chi parla di malafede, a chi sussurra che l'intervista al professore (l'articolo non è suo, come è stato insinuato, e nemmeno il titolo, che egli non conosceva nemmeno) è stata volutamente distorta da qualche collega interessato o semplicemente invidioso o semplicemente "timido", che siamo in clima elettorale e qualche collega candidato o sostenitore o parente di candidato ha bisogno di visibilità, anche a spese del povero capo di quella scuola. No, caro Beato; sarebbero tutte falsità. Noi cuneesi non siamo così cattivi e nemmeno così machiavellici.
      Nella Tua bontà non puoi nemmeno pensare che il can-can possa essere il frutto di qualche psiche disturbata. Certo, il non aver capito l'articolo potrebbe far pensare a lacune lessicali profonde o, nel migliore dei casi, ad una eccessiva "timidezza". Ma non è mai stato così in quell'ambiente. Ricordi anche Tu il prestigio conquistato dai suoi ottimi dirigenti, quali Damonte Beltrand, Dotta e Pellegrino. E continuato ai giorni nostri. Tu avanzi l'ipotesi che non si sia voluto capire?
      Non c'entrerà niente, ma, pensando all'intelligenza, non Ti viene in mente don Abbondio, quando dice: "uno il coraggio non se lo può dare"?
      Il tutto rimane per me incomprensibile; me lo spiegherai Tu, quando, fra poco, anch'io sarò beato.
      Come sai, la conclusione è che un valente professore ( a detta di tutte - TUTTE - le scuole in cui ha insegnato), un professore che ha sempre portato gli allievi a livelli di preparazione d'eccellenza, che ama Cuneo, la scuola e quella scuola in particolare, farà il possibile per lasciare la città. Che, forse, è ciò che l'anonimo vuole.
      Caro Beato, se così fosse, a noi Cuneesi rimane sempre la consolazione di tenerci il capo di quella scuola: è tanto un brav'uomo.
      Un consiglio, però, a noi Cuneesi Tu puoi darlo: quello di continuare a mandare sempre più numerosi i nostri ragazzi a quella scuola, affinchè siano sempre aggiornati sulle nuove leggi, affinchè imparino come ci si comporta in gita a Venezia, affinché imparino ad interpretare i giornali in un certo modo, affinché imparino a scrivere anonimi, affinché imparino a vivere nel regime (che termine odioso, per me ultrasettantenne, ma non ho trovato vocabolo più appropriato) che più si confà all'intelligenza di alcune persone, affinché imparino a risparmiare non comperando il quotidiano ma fotocopiandolo, a proprie spese, naturalmente. Insomma, "il faut bien vivre", direbbero i nostri cugini d'Oltralpe.
      Noi Cuneesi siamo anche orgogliosi; non vogliamo che si dica di noi ciò che Stendhal disse di tutti gli italiani: "nulla ostacola lo sviluppo rigoglioso dell'italiano sciocco".
      Ai responsabili di quella scuola, invece, consiglia la richiesta d'intervento di qualche ispettore ministeriale, affinché sia edotto delle "magnifiche sorti e progressive" (non cito l'autore, ben noto agli intellettuali) di quella scuola, affinché quel loro nuovo metodo educativo sia divulgato su scala nazionale. E se, per pura umiltà, il capo non lo fa, non potresti pensarci tu?
      Caro Beato, aiutaci a sostenere quella scuola, tesa ad uno "sviluppo rigoglioso", a fare in modo che il suo capo accresca sempre più il numero delle sezioni, a Cuneo come a Limone.

Con devozione, il Tuo fedelissimo

Giovannino del Maestro

Le foto.
      In alto: 2007 - la gloriosa scuola nel giorno più gradito agli studenti di tutto il mondo (vacanza).
      In basso: 1990 - Il grandissimoa preside Dotta, appassionato giudice sportivo.

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