Da LA STAMPA del 3 Maggio 1919
Il tumultuoso 1° maggio parigino – Il deputato Poncet ferito grave
"I dimostranti invasero la stazione dell’Est, che dovette sostenere un vero assedio. Il corteo dei dimostranti, giunto in piazza della Stazione, si urtò contro un importante servizio d’ordine. La mischia si accese allora feroce. Colpi di rivoltella crepitarono nutriti da ambe le parti. Dato ordine alla Guardia repubblicana a cavallo di caricare, i dimostranti cercarono rifugio nel cortile della Stazione, da cui continuarono a far piovere proiettili d’ogni sorta sugli agenti. Questi scalarono la cancellata e, colla sciabola-baionetta impugnata, si posero ad inseguire i dimostranti che batterono in ritirata.
Un centinaio di feriti furono medicati al posto della Croce Rossa; fra questi c’era il deputato Paolo Poncét, colpito alla testa e alle braccia. Accompagnato dal suo collega Laval, venne poi condotto alla propria abitazione.”
Poncet era dello stesso partito di Laval, fucilato nell’Ottobre del 1945, perché filo-nazista.
E’ interessante notare che la carica della Gendarmeria non faceva distinzioni fra i rivoltosi; anche se erano deputati, se si opponevano ai gendarmi venivano caricati. Difatti, Poncet non si lagnò per le ferite riportate, ma andò a curarsele a casa sua.
Da LA STAMPA del 4 Maggio 1919
“La Polizia di Gap ricercava da circa 6 mesi i famigerati fratelli Baudissat, condannati in Italia ed in Francia per l’assassinio del curato di Argentières. Questi avevano sparso il terrore fra le campagne e nelle valli con numerose rapine a mano armata. Il più giovane era stato arrestato due mesi fa, ma gli altri erano ancora latitanti. La notte scorsa, ad Argentières, mentre stavano operando uno scasso, sono stati sorpresi da un brigadiere forestale e da due cantonieri, i quali tirarono su di essi alcuni colpi di rivoltella uccidendone uno. Sembra che l’altro sia stato ferito.
Ormai un solo bandito è ancora rimasto a piede libero e – come vi ho detto – è, forse, ferito. Le popolazioni della Val Chisone, dei monti di Clavières e delle valli francesi vivranno ora più tranquilli. I tre fratelli erano specialisti nelle rapine e hanno devastato molte ville e cascinali disabitati”.
In Italia oggi non succederebbe; quale poliziotto si permetterebbe di sparare più colpi (ripeto più colpi) contro due ladri che fuggono? Perbacco! E la proporzione fra il danno del derubato e la vita del ladro dove va a finire? La conclusione è una pacchia per i ladri.
Ma dipende dalle leggi? O dipende dal modo di interpretarle da parte dell’unico potere forte d’Italia? Da noi, un cittadino che si veda scassinare la cassaforte deve mettersi a tavolino e fare il calcolo fra la sua perdita pecuniaria e la salute del rapinatore; conviene sempre lasciarsi derubare.
Mi viene sempre in mente la battuta di Mark Twain: “Se un rapinatore vuole rubarmi l’orologio, mi oppongo con tutte le mie forze; se mi dice: dammi il tuo orologio se no di denunzio, glielo do subito, convinto di aver fatto un affare.”
Concetto poco lusinghiero per il potere forte.
Da LA STAMPA del 22 Maggio 1919
Il pane sarà venduto a 73 centesimi al Kg fino a nuove disposizioni del Governo
"Rimane sospeso qualsiasi aumento nel prezzo del pane che in questo periodo sarà venduto ancora a 73 centesimi al Kg e rimarrà pure sospeso l’aumento agli operai. Il presidente dichiara che dopo la comunicazione fatta dalla Commissione, riferendo le parole del Prefetto, non vi è altro da fare che attendere quanto il Governo crederà opportuno stabilire.”
La guerra è finita, ma anche in Italia ci sono enormi difficoltà economiche. I prezzi di tante merci sono stabiliti per legge dal Governo e molte categorie non ce la fanno a mantenersi in vita. Quella dei fornai è una di queste; chiedeva di poter vendere il pane a 80 centesimi al Kg, perché, anche se calmierato, il prezzo del grano era aumentato; inoltre, gli operai dipendenti chiedevano aumenti, che i fornai erano costretti a negare. Quando la gente è malcontenta, aspetta sempre, ieri come oggi, che arrivi un uomo della provvidenza.
Da LA STAMPA del 26 Maggio 1919
A documento della incredibile leggerezza con la quale Gabriele d’Annunzio eccitò alla guerra nel maggio del 1915, pubblichiamo il testo del suo nuovo discorso (nota: non pronunciato, per divieto del Governo). La censura ha creduto di dover intervenire imbiancando parecchi passi della mancata… orazione, e questo è un vero peccato, perché noi pensiamo che la conoscenza integrale del nuovo discorso dannunziano in tutta l’estensione della sua violenta verbosità, sarebbe riuscita una prova anche più illuminante della vanità politica e della natura intellettuale e morale del poeta dell’interventismo italiano.”
Il discorso riempirebbe alcune pagine. Si riportano solo le frasi che precedono i tagli della censura.
“Tra il Montello ed il Grappa c’era un cielo di offerte e di sacrifici, di aneliti e di fuoco. E se la parola fa tutto presente, se il verbo si fa carne ed il verbo si fa pietra, i 24 mila morti del Grappa sorgono e sollevano il monte. Io lo vedo, tutti lo vedono, tutti lo vedranno. E’ là senza crolli sull’omero dei fanti. E se il figliuolo dell’uomo (due righe censurate) il Cristo delle nostre battaglie…”
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“Agli italiani l’Italia viva e vera grida oggi, nel senso della prova e della lotta: levatevi e non temete. Siamo tuttora levati (nota: nel senso di chiamati di leva alle armi). I primi come gli ultimi e non temiamo. Non temiamo la luce e non temiamo la verità (mancano 43 righe)”.
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“Erano cinquanta ed una Divisioni italiane, tre britanniche, due francesi, una czeco-slovacca ed un reggimento americano contro 73 Divisioni austro-ungariche. Queste cifre sono ormai incise nel marmo e nel bronzo per tutta l’Italia ed ogni comune italiano oggi inghirlanda di lauro e di quercia le lapidi. (sette righe di censura)”.
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“Tutti in piedi! Evviva l’Italia! Viva l’Esercito! Viva il Re! (180 righe censurate).”
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“E’ necessario distruggere tutte le menzogne che c’ingombrano. Basta. Fu il comando del popolo italiano nel primo maggio della guerra giusta che disse basta: è il comando del popolo italiano che in questo quarto anniversario severo e fiero… (33 righe di censura)”.
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“State in guardia! Tra i non desiderabili candidati alla presidenza del Consiglio italiano è un altro uomo, che qui non si nomina, congiunto al primo, non soltanto dalla rima innocente. E’ costui l’uomo che al di là dell’Atlantico fu già covato dall’alta banca (Quattro righe censurate). Ora si fa covare da una banca paesana, che sostituisce, non senza compiacenza, la prima covatrice.”
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“State sempre in guardia, altrimenti il vostro divino Enrico Toti vi riapparirà con la sua gamba tronca e con le sue ferite aperte e senza motto riscaglierà la sua gruccia contro di voi (due righe di censura).”
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“Il nostro primo soldato (nota: il re) ci sia mallevadore della sincerità necessaria ai nuovi ministri del culto operoso. E lui disse pur ieri: Sono agli ordini del mio popolo. Dove esso è, io vi sono. E quello che vuole, io voglio. Onore a lui! E fede intemerata in lui (Due righe censurate).”
Più che un discorso, è uno sproloquio non sempre comprensibile, di cui mi incuriosì l'ultimo passo, laddone parla di un probabile nuovo Presidente del Consiglio legato a banche americane, facente rima con un precedente Presidente del Consiglio tacciato di combutta con altre banche. Non sono riuscito ad accertare i personaggi. Presumo che quello d'anteguerra fosse Giovanni Giolitti e che il temuto nuovo presidente fosse Francesco Saverio Nitti. Infatti, Nitti fu nominato Presidente del Consiglio un mese dopo il discorso di D'Annunzio.
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