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ACCADEVA 100 ANNI FA... (Aprile 2020)

      Da LA STAMPA del 1° Aprile 1920

“L’assoluzione di Villain

      Villain assolto; Cottin condannato a morte. Due sentenze contradittorie, a poca distanza l’una dall’altra, nella stessa città, per lo stesso reato. Il sentimento che ha armato la mano di Villain contro Jaurès ha mosso il braccio di Cottin contro Clemenceau. Il nazionalista vedeva nel deputato che ha soppresso la causa della distruzione della patria; l’anarchico scorgeva nel ministro che ha tentato di uccidere la rovina imminente della Francia e dell’umanità. Il deputato con la sua politica umanitaria aveva indebolito il paese e l’aveva aperto all’assalto della Germania, aveva cioè preparata la guerra; il ministro con la sua politica imperialistica preparava fatalmente il nuovo assalto al paese, cioè, la guerra. Lo spavento della guerra ed il danno della Francia sovrastano dominatori di tutti e due gli assassini e li hanno determinati all’azione. Uguaglianza, dunque, di sentimento, di scopo, di atto. La diversità è solo negli effetti: l’uno ha ucciso, l’altro ferito.”

      Nota – Raoul Villain, nel 1914, uccise il deputato socialista francese Jean Jaurès, contrario alla guerra. Villain era fortemente contrario alla politica pacifista di Jaurès.
      Louis Cottin, operaio anarchico, nel mese di maggio 1918, ha visto le guardie municipali aprire il fuoco contro i lavoratori in sciopero in una fabbrica di aviazione. Clemenceau fu spesso accusato di rompere gli scioperi e Cottin, ligio ai suoi principi anarhici, decise di ucciderlo. Ma lo ferì solamente, anche se abbastanza gravemente.
      La pena gli fu commutata in dieci anni di reclusione.

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      Da LA STAMPA del 4 Aprile 1920

“Il terrorismo nelle città della Ruhr

      Oggi a mezzogiorno è scaduto il termine fissato dal Governo per la consegna delle armi, ma da una parte gli operai non hanno adempiuto all’accordo e dall’altra anche le truppe vi avrebbero trasgredito. Certo si è che l’esercito rosso non intende deporre le armi. I comunisti hanno fatto appello alla popolazione per rafforzare le truppe rosse. In parecchie località le bande saccheggiatrici spargono il terrore. A Hamborn la cassa della città venne svaligiata. A Duisburg parecchi negozi vennero vuotati. Non si tratterebbe quindi più di un movimento politico nella Ruhr, ma di bande di terroristi sulle quali gli stessi capi comunisti avrebbero perduto ogni potere.”

      Nota – La guerra è finita da un anno e mezzo; la Germania ha perso (come l’Italia nel 1945); l’economia è distrutta e il pensiero di Marx fa progressi anche in Germania. I partigiani rossi – cioè, quelli contro il debole governo legittimo – procedono alle loro vendette. Mi pare di leggere “Il sangue dei vinti”, di Giampaolo Pansa, che parla dell’immediato dopoguerra 1945/46 in Italia. E’ un libro, di facile lettura, che consiglio a tutti.

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      Da LA STAMPA del 5 Aprile 1920

“Tragico conflitto fra carabinieri e popolazione.

      Oggi, verso le 17, a Decima di Persiceto (BO), paesello di popolazione completamente rossa, è avvenuto un gravissimo conflitto tra carabinieri e popolazione.
      Nelle scuole comunali si teneva un affollato comizio socialista nel quale si discuteva dell’occupazione delle terre. Aveva parlato l’organizzatore Comastri, dalla vecchia Camera del lavoro di Bologna, che per la violenza del suo linguaggio era stato più volte interrotto dal vice-commissario dottor De Carolis, che dirigeva il servizio d’ordine. Aveva quindi preso la parola un altro organizzatore rosso, Gaetano Castagnoli, pure della vecchia Camera del lavoro di Bologna, che per la violenza di linguaggio aveva superato il precedente oratore, tanto che il commissario De Carolis credette di togliergli la parola. Questo intervento esasperò la folla, che cominciò ad inveire contro il commissario ed i carabinieri che erano ai suoi ordini. Contro di essi furono lanciati sassi. Poi, una bottiglia od un sifone di selz, che colpì violentemente alla testa il commissario, ferendolo.
      La vista del sangue sembrò eccitare maggiormente la folla, che continuò ad inveire contro i carabinieri. Questi, vistisi a mal partito, fecero fuoco in aria, per intimorire. La folla, allora, li strinse dappresso. I carabinieri, per non essere sopraffatti, fecero fuoco contro di essa. Spararono una quarantina di colpi.
      E’ facile immaginare quello che successe. I dimostranti fuggirono disordinatamente, urlando ed imprecando. Ma sul luogo, a terra, giacevano cinque morti, fra cui l’ultimo oratore, cinque moribondi e numerosi altri feriti.
      Non è bene accertato il numero dei feriti, perché questi si sono subito sparsi nei cascinali dei dintorni, preferendo farsi medicare nella propria casa.
      Si prevede che domani sarà proclamato lo sciopero generale a Bologna.”

      Nota – Da che parte è la ragione? Da che parte il torto? La constatazione è che le rivoluzioni condotte da facinorosi generano sangue. Sempre, indipendentemente da chi abbia ragione.
      Inoltre, i giudici avranno valutato se bastava sparare 39 colpi anziché 40? Oppure se i carabinieri assaliti dovevano fare una riunione fra di loro e votare se conveniva farsi picchiare un poco, ma poco? Quel tanto da evitare un processo?

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      Da LA STAMPA del 14 Aprile 1920

”Lo sciopero generale in Irlanda - I «Sinn Feiners» imprigionati si lasciano morire d’inedia – Attorno alle carceri di Dublino ventimila persone recitano il rosario per i moribondi – Il Governo inglese non cede.

      Sino a quando durerà questa storia? Bisogna sapere che non tanto si tratta di un pretesto generico contro il trattamento dei sinn feiners incarcerati, quanto di un pretesto specifico contro il fatto che le autorità ricusano di rilasciare 137 sinn feiners, i quali sono stati incarcerati per misura precauzionale e imprigionati a Dublino. Ora sembra che molti di essi si trovino in tale stato di debilitazione da essere più vicini alla morte che alla vita. Le popolazioni chiedono che i prigionieri siano rilasciati, per scongiurare i lenti suicidi che si prospettano. Le autorità oppongono un rifiuto inesorabile, motivandolo colla necessità di fare rispettare la legge.”

      Nota – L’Irlanda era tutta sotto la Gran Bretagna e gli irlandesi volevano l’indipendenza. La Gran Bretagna, però, a torto o a ragione, le leggi che ha le fa rispettare, cosa impensabile in Italia.
      Lo sciopero della fame fino alle estreme conseguenze fa parte della tradizione celtica irlandese. Ma quello condotto con estrema determinazione dai prigionieri degli H Block, più che un esplicito richiamo al diritto tradizionale gaelico e alle leggi druidiche, rappresentava un atto prettamente politico all’interno di un processo collettivo di liberazione.
      Sono oltre una ventina i detenuti politici irlandesi morti nel secolo scorso in sciopero della fame.
      Il primo di questa lista è Thomas Ashe, uno dei protagonisti della “Pasqua di Sangue” dublinese del 1916, morto nel 1917 dopo essere stato costretto a ingerire cibo per forza. Nel 1920 moriva Terence McSweeney, sindaco di Cork detenuto nel carcere di Brixton (Londra), dopo 74 giorni di sciopero della fame.
      Nel 1922, l’Irlanda cattolica divenne indipendente, col nome di Eire e con capitale Dublino. All’Inghilterra rimase l’Irlanda del Nord, con capitale Belfast.

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      Da LA STAMPA del 23 Aprile 1920

“Condanna per violenza privata durante lo sciopero

      a Torino, l’altra notte venivano tratti in arresto i tornitori P… Antonio e B… Antonio e il segatore Andrea B..., perché – secondo l’accusa – con sassi e pugni percossero in via Cibrario alcuni operai che stavano attaccando manifesti. Gli attacchini aggrediti invocarono aiuto e sopraggiunti agenti di polizia gli aggressori che erano una frotta di dieci o dodici persone si diedero alla fuga. Le guardie si incontrarono pochi istanti dopo con i tre sopraddetti, che riconobbero – esse dicono – tra quelli che avevano compiuta la teppistica impresa. Furono per direttissima tradotti a giudizio sotto l’imputazione di violenza privata commessa da più persone col raggiungimento dello scopo che colla violenza queste si erano proposto. Tale reato porta una penalità non inferiore ai tre anni di reclusione. Il P. M. domandò il minimo. Il Tribunale, trattandosi di impregiudicati, pur non volendo credere alle loro proteste di innocenza per essersi trovati casualmente sul posto, senza aver partecipato al fatto, ometteva la qualifica del reato per addivenire ad una riduzione di pena. Nondimeno condannò l'Antonio B… e l'Andrea B... a due anni di reclusione e l'Antonio P… ad un anno e 8 mesi.”

      Nota – Quando la Giustizia era veloce ed applicava la legge com’era scritta, senza cavillose interpretazioni! Però, poverini, niente condizionale.

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