bella 164

L'ELOGIO DELLA STUPIDITA' (Marzo 2021)

      L’Italia è bella, ma questa è una divagazione, che c’entra poco con “Bella Italia”; serve a prender fiato.
      Al Liceo, in filosofia, studiai anche Erasmo da Rotterdam, ma non lessi mai il suo “Elogio della Follia”, traduzione politicamente corretta, che io userò nel suo significato vero, cioè, Stoltezza o, per essere più chiari, Stupidità. Il titolo del libro è Moriae encomium, perché lo scrisse in latino; va da sé che, a seconda del traduttore, alcuni termini possono essere diversi.
      Egli vuole dimostrare che gli stolti sono felici, per giungere alla conclusione che i teologi, da veri stolti, perdono il tempo dietro a sottigliezze inventate e, di conseguenza, vivono felici.
      Erasmo immagina la Stupidità che parla in prima persona e dice: “Mio padre fu Pluto lui solo, [il dio della ricchezza], padre degli uomini e degli Dèi. Un suo cenno, ora come sempre, mette sottosopra cielo e terra. Il suo arbitrio decide della guerra e della pace, degli imperi, dei consigli, dei giudizi, dei comizi, dei matrimoni, dei trattati, delle alleanze, delle leggi, delle arti, delle cose scherzose e di quelle serie; da lui dipendono tutti gli affari pubblici e privati degli uomini. Senza l’aiuto del denaro, tutta la folla degli Dèi, dei poeti, e, oserò dire, perfino le stesse divinità maggiori, o non esisterebbero, o vivacchierebbero alla meglio, di briciole. Chi incorre nella sua ira, neppure Pallade potrebbe aiutarlo. Chi, invece, ne gode il favore, potrebbe trarre in catene lo stesso Giove col suo fulmine. Di tale padre io mi glorio.”
      Usa questo sistema letterario per illustrare, nella seconda parte del suo libello, la sua teoria sui problemi religiosi nell’ambito del cristianesimo, di cui è seguace. Ma, per far, ciò, parte dal principio che gli stolti siano più felici dei saggi. Sono gli esempi che fa che mi lasciano perplesso. Continua dicendo:
      “Dal momento che sto chiacchierando con voi, io, la Stupidità, posso essere più esplicita, secondo il mio costume? È forse con la testa, col volto, col cuore, con la mano, con l'orecchio (parti considerate tutte oneste) che si generano gli uomini? No davvero! propagatrice del genere umano è quella parte così assurda e ridicola che non si può neppure nominare senza ridere. Quello è il sacro fonte a cui tutto attinge la vita, quello e non la scienza pitagorica. E, ditemi, quale uomo vorrebbe porgere il collo al capestro del matrimonio se prima, secondo la consuetudine di codesti saggi, ne considerasse gli svantaggi? Quale donna accosterebbe un uomo, se conoscesse e avesse in mente i pericolosi travagli del parto, e i fastidi di allevare i figli? Perciò se dovete la vita al matrimonio, comprenderete quello che dovete a me, la Stupidità. Perciò è da quella nostra ebbrezza giocosa che sono nati i filosofi severi, a cui ora sono subentrati quelli che il volgo chiama monaci, e i re ammantati di porpora, i pii sacerdoti, i pontefici, tre volte santissimi. Sarebbe poca cosa se non vi dimostrassi che quanto vi è di buono nella vita è anch'esso un mio dono. E che cos'è poi questa vita? e se le togli il piacere, si può ancora chiamarla vita? Ditemi, per Giove, quale momento della vita non sarebbe triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso, senza il piacere, e cioè senza un pizzico di follia? E di questo è degno testimone il non mai abbastanza lodato Sofocle con quelle sue splendide parole di elogio per me: «Dolcissima è la vita nella completa assenza di senno»".
      E continua: “Chi non sa che la prima età dell'uomo è per tutti di gran lunga la più lieta e gradevole? ma che cosa hanno i bambini per indurci a baciarli, ad abbracciarli, a vezzeggiarli tanto, sì che persino il nemico presta loro soccorso? Che cosa, se non la grazia che viene dalla mancanza di senno, cioè, da me Stupidità? E l'adolescenza che segue l'infanzia, quanto piace a tutti, quale sincero trasporto suscita, quali amorevoli cure riceve, con quanta bontà tutti le tendono una mano!
      Ma di dove, di grazia, questa benevolenza per la gioventù? di dove, se non da me? È per merito mio che i giovani sono così privi di senno; è per questo che sono sempre di buon umore. Ma, col tempo, si allontanano da me, finché non sopraggiunge la gravosa vecchiaia, la molesta vecchiaia, odiosa non solo agli altri, ma anche a se stessa. Nessuno dei mortali riuscirebbe a sopportarla se, ancora una volta, impietosita da tanto soffrire non venissi in aiuto io Stupidità, e non riportassi all'infanzia quanti sono prossimi alla tomba, onde il volgo, non senza fondamento, usa chiamarli rimbambiti.
      Vediamo che i vecchi delirano, non ragionano più! Certo. È proprio questo che significa tornare fanciulli. Forse che essere fanciulli non significa delirare e non avere senno? e non è proprio questo, il non aver senno, che più piace di quella età?
       Così, per mio dono, i vecchi delirano. E quanto più invecchiano, tanto più somigliano ai bambini, finché, come bambini, senza il tedio della vita, senza il senso della morte, felici, abbandonano la vita.”

      Per la verità, il verbo italiano rimbambire parrebbe dargli ragione; infatti, significa tornare bambo, vecchio termine per tonto, da cui anche la parola bambino (piccolo sciocco).
      Mah! Sarà così, ma il ragionamento del grande filosofo mi lascia perplesso.

      Per non annoiare il lettore, per oggi finisco qui, ma riprenderò il discorso prossimamente, con parti del suo libro in cui parla della beata Stoltezza di determinate categorie di persone.

Indietro
Lettera successiva
Torna all'indice
Torna a BELLA ITALIA