(sonoro) bella 170

ACCADEVA 100 ANNI FA (Novembre 2021)

      Da La Stampa del 1° Novembre 1921

“””Il nuovo prezzo del pane – I proprietari forno non accettano le proposte dell’Annona”””

      Tralascio l’articolo, molto tecnico e particolareggiato. Basta il titolo per capire le difficoltà del momento. La guerra è finita da tre anni, ma ci sono continue agitazioni, sparatorie, cadaveri, battaglie tra bolscevichi (così erano chiamati i comunisti) e fascisti. Il tutto a scapito del lavoro, con conseguenza di impoverimento della popolazione, a cui i sindaci tentano di porre rimedio continuando a mantenere i prezzi calmierati. Ma, ovviamente, i produttori non ce la fanno più, producono di meno e anch'essi protestano.

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      Da La Stampa del 2 Novembre 1921

      “Orrendo assassinio sul diretto Roma-Mirano presso Arezzo.

      La vittima, un commerciante pistoiese, che resiste al cloroformio, si dibatte ed è ferito di pugnale; insegue l'aggressore nel corridoio del vagone ed è ucciso a rivoltellate .L'assassino si getta dal treno in corsa, e lungo il binario vien poi raccolto uno studente romano, con una gamba sfracellata. - L'amputazione e le dichiarazioni del presunto assassino - Un altro studente arrestato sul treno come complice - Una valigetta contenente un arsenale chirurgico-ladresco.

      Il negoziante Egidio Tommasi, da Pistoia, è stato trucidato a scopo di furto da un giovanotto, dichiaratosi studente, certo Nestore Turzi, da Cosenza, con la complicità — a quel che sembra — del ventenne Carlo Andreoni da Roma, anche lui dichiaratosi studente e figlio di un commendatore. Il Turzi, che sarebbe l'assassino, gettatosi dal treno, è stato poi ritrovato sul binario con una gamba sfracellata: portato all'Ospedale, ha subìto l'amputazione dell'arto e ora verserebbe in gravi condizioni. L'Andreoni venne arrestato sullo stesso treno del delitto.”

      Riassumo l’articolo, che si dilunga per più colonne. Si trattava di un treno internazionale, con una carrozza tedesca Roma-Praga, illuminata a gas. Molti Viaggiatori, quasi tutti stranieri,dopo aver protestato col personale di servizio, furono costretti a spegnere i fanali a gas. Così, quasi tutti si addormentarono, meno un giovane ed affabile italiano dichiaratosi studente. Poi, tutti furono svegliati da fracasso di vetri infranti e da frenata e fermata brusca, in mezzo ad un grande odore di cloroformio. Videro il Tommasi che inseguiva lo studente che lo aveva derubato.
      Il malvivente, nella penombra, aveva estratto dalla valigia il suo armamentario: ovatta e cloroformio. Ma non agì bene, perché il “paziente” si svegliò dando origine alla lotta. Il Turzi, vistosi scoperto, brandì un pugnale e vibrò un colpo alla testa del disgraziato. Il poveretto, urlando, benché ferito, si lanciò dietro il giovane, che, con la borsa rubata, aveva rapidamente raggiunto la porta. Qui, senza pensarci due volte, estrasse una rivoltella, prese la mira e sparò tre colpi al Tommasi, aprì la porta e si buttò nella scarpata.
      Per concludere, il Tommasi morì quasi subito e i due presunti studenti (assassini reali) furono arrestati.

      Nota – Oggi ci lamentiamo di scippi e furti sui treni. Facciamo bene a pretendere più controlli, ma pensiamo al 1921, quando tutte le forze governative erano impegnate a dividere i “neri” dai “rossi”, a soffocare le rivolte armate di entrambi, a mantenere l’Italia nell’ordine; il che avvenne soltanto pochi anni dopo, quando l’”ordine” fu imposto con un’obbedienza “cieca, pronta, assoluta”. Purtroppo.

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      Dal Corriere Biellese dell’8 Novembre 1921

      Come tutti sappiamo, Sacco e Vanzetti furono ingiustamente condannati a morte nel 1921 e giustiziati (io direi assassinati) nel 1927. Non sto a ripetere la loro triste storia, che tutti conosciamo. Ritengo utile, però, divulgare la parte finale della lettera che scrissero il 18 Ottobre del 1921 e che il Corriere Biellese pubblicò l’8 Novembre di quell’anno.

“””””(omissis) Non occorre qui ripetere la storia del nostro processo e della nostra condanna. Una rete diabolica di menzogne fu costruita in nostro danno ed alcuni nostri innocenti atti furono ad arte falsati dalla mentalità insidiosa di coloro che negli esponenti del lavoro vedono solamente dei nemici del popolo.
      Il capitalismo americano non arriva a comprendere che un lavoratore può essere un impavido lottatore contro lo sfruttamento e nello stesso tempo avere una mente ed un cuore cui ripugnano i reati di violenza. Il “complotto„ ebbe l’ultimo tocco quando fu messa in evidenza la nostra credenza che ai lavoratori appartengano i prodotti del loro lavoro. Questa fu una ragione sufficiente per farci condannare. Se andremo alla sedia elettrica vi andremo non perché siamo stati “provati„ colpevoli del delitto ma per i nostri ideali. E vi andremo rimanendo leali ai nostri principii, i quali se oggi sono avversati e combattuti domani domineranno la vita. Se morremo, morremo con la consapevolezza che gli uomini di avanguardiadevono sempre morire. Noi chiediamo solamente che la nostra morte non sia inutile e che voi o lavoratori, che rendete possibile la vita della società moderna, farete il nostro sacrificio più eloquente che noi non facemmo le nostre vite.Noi non vogliamo morire inutilmente. Fate che la nostra morte — se dobbiamo morire — annunzi un mondo senza classi dominanti che soffochino le aspirazioni di libertà.
      Carcere di Dedham, 18 Ottobre 1921.
      Nicola Sacco Bartolomeo Vanzetti
”””””

      Nota - Le frasi in corsivo sono originali del Corriere Biellese.
      E’ difficile aggiungere commenti ai tanti già esistenti su quell’assassinio. Erano agitatori sindacali? Sì. Di sinistra, diremmo oggi? Certo. Ma lo facevano come missione, non per arricchirsi. Basti pensare che persino Mussolini si era inutilmente adoprato perché non fossero assassinati.

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      Dal IL POPOLO di Tortona del 13 Novembre 1921

      In questo giornale di cent’anni fa, trovai una poesia, che non brilla per struttura, non brilla per compostezza, non brilla per perfezione lessicale, non brilla per il nome dell’autore; brilla per una forza occulta che ci costringe a meditare su noi stessi.

“””””LACRIMAE RERUM

In loco, ch’io non so, v'è un cimitero,
che viandante alcuno non avverte,
cinto d’un muro d’ombra e di mistero.
Alto è il silenzio e le piagge deserte…
— In loco, ch’io non so, v’è un cimitero. —
Ed ogni giorno in esso entra una bara
e l'accompagna muto il mio dolore.
Lieve è la salma lacrimata e cara,
Oh più lieve d’un petalo di fiore…
— Ed ogni giorno in esso entra una bara.
— Di me vi seppellii ahi quanta parte !…
O spemi, o dolci inganni, o sensi, o larve!
O sete di bellezza, o sogni d’arte!…
Ahi di me quanto, qui sepolto, sparve!…
— Di me vi seppellii ahi quanta parte!
— Ma sopravvive ciò che morrà mai:
un’Idea di bontà, che i dì m’allieta
un’idea di bontà, che sempre amai
quasi degli anni miei ragione e mèta.
— Ma sopravvive ciò che morrà mai. —

27-10-1921. G. Sacco”””””

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