(sonoro)
Da La Stampa del 1° Marzo 1922
"""A Campagnano Romano circa 800 contadini fecero una dimostrazione per la concessione delle terre agli ex-combattenti. I dimostranti percorsero le vie del paese urlando e fischiando. Per fare cessare la dimostrazione intervenne il tenente del carabinieri, che comanda la tenenza di Campagnano, e invitò i dimostranti a sciogliersi. Poiché questi non cedevano, il temente ordinò il fermo del presidente della Associazione degli ex-combattenti facendolo condurre in caserma. I dimostranti iniziarono una fitta sassaiola contro la caserma e contro il tenente e i militi che erano nuovamente usciti per fronteggiarli.
Esplosero anche parecchi colpi di rivoltella, uno dei quali feriva gravemente nella regione epigastrica il tenente, il quale, ricevute le prime cure sul posto, fu trasportato a Roma in automobile e ricoverato all'ospedale di San Giacomo."""
Nota – Si può capire lo stato d’animo dei reduci (pochi, perché in tre anni di guerra feroce i soldati morti furono quasi 600.000), ai quali era stata promessa terra o lavoro e si trovarono allo sbando in uno Stato vincitore, ma impoverito come spesso succede anche a chi vince, e senza soldi per mantenere le promesse. Ciò non giustifica il passaggio alla violenza ideologizzata (a destra e a sinistra), che si prestò agli agitatori professionisti per sparare ed ammazzare ad ogni piè sospinto.
Da La Stampa del 3 Marzo 1922
"""La situazione a Fiume si è di nuovo improvvisamente aggravata per l’uccisione del giovane fascista A. F. Di anni 22. L’uccisione è avvenuta in seguito al vivo contrasto che esiste fra il corpo delle guardie di stato e i fascisti, i quali non permettono che i questurini compiano servizio in città. I questurini di guarnigione, che armati sino ai denti custodivano il palazzo del governo, hanno abbandonato il palazzo, nonostante le esortazioni dei capi, e sono fuggiti disperdendosi alla spicciolata verso le strade dei sottocomuni. I reali carabinieri, l’intervento dei quali è stato subito richiesto dal sottocapo del Governo provvisorio, occupavano il palazzo, per non lasciarlo indifeso.
Alle 5 la città fu svegliata dal fragore delle bombe che scoppiavano: era cominciato il bombardamento del palazzo del Governo. Squadre di fascisti assaltavano il palazzo di residenza dell’on. Zanella, lanciandovi contro un centinaio di bombe a mano. Il palazzo è ora guardato dai carabinieri, che hanno bloccato le vie e gli accessi.
Tutte le forze italiane che presidiano la città sono uscite. L’on. Zanella è fuggito dal suo palazzo. Le scuole sono chiuse e la città presenta un aspetto di squallore. La situazione è gravissima e si temono dolorose complicazioni.
I questurini fuggiti non vollero più rientrare per non esporsi al dileggio e alle persecuzioni dei compagni austro-croati, pieni di odio contro tutto ciò che è italiano.
Nota – Forse chi legge queste notizie di cent’anni fa può capire la tragedia delle foibe di una trentina di anni dopo: stati ex austro-ungarici che ora sono entrati nell’Unione Europea, per farsi dare soldi da Bruxelles e magari ammazzare gli italiani di Trieste in un prossimo futuro. Viva la Comunità Europea; un po’ meno l’Unione Europea.
Da La Stampa del 4 Marzo 1922
Fiume presa dai fascisti al comando dell’on. Giunta Nota - Del lungo articolo, propongo in grassetto solo i titoli, che rendono l'idea della situazione.
L’on. Zanella fu un convinto assertore della libertà di Fiume come città italiana aperta. Fu dichiaratamente contrario a D’Annunzio, il quale, durante la Reggenza dallo stesso istituita, perseguitava i croati. Ciò era contrario al principio di Zanella, che vedeva Fiume come città italiana aperta a tutte le nazionalità, senza discriminazioni né politiche né religiose. Una volta esaurita l'avventura dannunziana della Reggenza italiana del Carnaro, Zanella presiedette lo Stato libero di Fiume dal 5 ottobre 1921 fino al colpo di Stato nazionalista del 3 marzo 1922, di cui parlo poco sopra.
Da La Stampa del 13 Marzo 1922
"""Incidenti a Roma ed a Genova durante le commemorazioni di Mazzini - Conflitti a Roma davanti il caffè Aragno La manifestazione per Mazzini, a Roma, è stata turbata da notevoli incidenti, derivati da conflitti tra arditi del popolo e repubblicani, componenti il corteo, con elementi, fascisti romani. Questi incidenti non sono giunti irnpreveduti, ma la polizia, malgrado le grandi precauzioni prese, non potè impedirli. Già prima della manifestazione si vociferava che incidenti sarebbero avvenuti, poiché i fascisti consideravano la progettata precedenza nel corteo degli arditi del popolo come una provocazione.
Al suono delle musiche ed al canto degli inni patriottici, il corteo sfilò lungo il Corso, ma dopo avere percorso qualche centinaio di metri, un gruppo di fascisti, circa una cinquantina, che si erano già riuniti nella sede del fascio di combattimento, si lanciarono attraverso i cordoni di guardie regie sugli arditi del popolo. Nacquero colluttazioni. Vi fu uno scambio di percosse e bastonate. Intervennero drappelli di guardie regie con numerosi funzionari di P. S. Intervennero anche i repubblicani dirigenti il corteo, tra i quali l'on. Conti. La calma fu ricondotta ed il corteo potè proseguire. Ma quando giunse dinanzi al caffè Aragno avvennero altri incidenti più gravi. Gli arditi del popolo si erano messi in testa al corteo, al canto dell'inno «Bandiera rossa». Ciò parve una provocazione a numerosi fascisti, che si lanciarono, armati di bastoni, contro gli arditi del popolo al grido:«Abbasso i nemici della patria!». Gli arditi del popolo controreplicarono al grido di: «Abbasso il fascismo!». I fascisti ed altri cittadini si lanciarono allora sugli arditi del popolo, gridando: « Viva il Re! Viva la monarchia! Viva l'Italia!».
La forza pubblica si adoperò a separare i contendenti. La calma sembrava dovesse ritornare allorché si manifestò un nuovo incidente. Mentre il corteo si ricomponeva, un ufficiale dei granatieri scorse un soldato che portava una bandiera repubblicana (cioé, una bandiera senza lo stemma dei Savoia) e si slanciò per togliergli la bandiera, ma in sua difesa accorsero numerosi repubblicani che esortarono l'ufficiale a lasciar libero il soldato. Mentre si discuteva, gli animi si accesero, i manifestanti spinsero violentemente l'ufficiale che venne travolto e cadde contuso. Un altro ufficiale intervenne in difesa del suo collega, ma anche lui venne travolto. In quel momento, non si sa da chi, venne lanciata una sedia contro il gruppo degli arditi del popolo e dei repubblicani. La sedia ferì un passante, che cadde sanguinante. Fu quello il segnale di una zuffa dalle due parti. Vennero sparati una ventina dt colpi di rivoltella, in seguito ai quali vi fu una fuga generale. Intervenne la polizia, che operò numerosi arresti. Vennero raccolti alcuni feriti, tra cui l'avv Giovanni Stelli, presidente del Tribunale di Fiume, di passaggio a Roma.
Intanto, quanta gente va ad un corteo con la rivoltella in tasca! Animi sempre più esacerbati; ossessiva volontà di prevalere, di essere in testa, anche in un corteo. Ai due contendenti, rossi e neri diremmo oggi, se ne aggiunge un terzo, il popolo che grida viva l’Italia. Ad oltre tre anni dalla fine della guerra, tutto va economicamente storto, la gente soffre, manda tutti i politicanti (rossi, neri e neutri) al diavolo e in cuor suo vorrebbe ammazzarli tutti.
Guardiamoci allo specchio (Marzo 2022): anche ora, se perdiamo la fiducia nei politici, le cose finiranno male, molto più male di quanto pensi la gente. Ma i politici la fiducia devono guadagnarsela, non facendo blablabla e promettendo mari e monti, ma essendo seri, competenti ed apparentemente anche crudeli, senza gretablablare solo per ottenere voti e cadreghini. Mi fanno pensare, alcuni gradassi, a quel film in cui un candidato in un paesino si lancia in promesse: “Vi faremo la scuola, il teatro, il ponte…” “Ma non abbiamo fiumi”, disse un ascoltatore. “Vi faremo anche il fiume!”.
Da La Stampa del 17 Marzo 1922
"""Un efferato delitto a scopo di furto è stato scoperto l’altra notte a tarda ora a Moncalieri. Una povera vecchia è stata sorpresa ed assassinata in casa e quindi derubata dei propri risparmi. L’episodio di sangue ha sollevato enorme impressione nei dintorni, anche perché, fino ad ora almeno, esso rimane avvolto nel mistero. Nonostante le pronte indagini della locale stazione dei carabinieri, coadiuvata da funzionari ed agenti della nostra Questura, nessun reale e positivo elemento si è raccolto sull’assassino o sugli assassini."""
Nota – Si veda la notizia seguente.
Da La Stampa del 19 Marzo 1922
(p> Abbiamo narrato due giorni fa in quali circostanze fu trovata uccisa sulla soglia della sua abitazione la contadina Chiara Basilica vedova Bovero, mezzadra del signor Cosa in fraziono Castelvecchio di Moncalieri. Era stato il figlio dell'assassinata, Alfredo Bovero, di 24 anni, a fare la lugubre scoperta ed a dare l'allarme. Durante il sapralluogo i carabinieri di Moncalieri ed i funzionari, inviati dalla Questura a compiere le indagini, avevano constatato che l'assassino sì era impadronito di dodicimila lire che la donna teneva nascoste tra la biancheria in un armadio: ma stupì sopratutto la circostanza che il feroce delinquente non avesse dovuto cercare il denaro, bensì se ne fosse impadronito senza bisogno di frugare a lungo nei mobili. Questo filo era precisamente rappresentato dal sospetto, subito sorto, che la povera contadina fosse stata assassinata dal figlio. Purtroppo le circostanze emerse nel corso dell'indagine dimostrarono che il sospetto era fondato ed il giovane Bovero, stretto nella morsa di implacabili e severi interrogatori, fini per confessare che proprio lui aveva ucciso a colpi di rivoltella la madre per derubarla di tutti i suoi risparmi.
Di più, risultò che pochi giorni prima del delitto egli aveva chiesto in prestito mille lire ad un vicino. Aveva dunque bisogno di soldi, e probabilmente la madre si era già rifiutata di darglieli. L'imminenza delle nozze doveva poi acuirgli il desiderio del denaro, giustificato forse in parte dalla necessità. Si aggiunga il rancore che egli doveva presumibilmente nutrire contro la madre, poiché costei cercava di osteggiare il matrimonio. Il rifiuto a dargli denaro era anzi probabilmente una delle tangibili forme dell'antipatia della donna verso quell'unione. C'erano dunque non pochi né lievi elementi a carico del giovane contadino. Ed alla fine egli confessò. Disse che il giorno stesso, nel pomeriggio aveva avuto una grave questione con la madre, sul solito argomento degli sponsali e del denaro occorrente per la cerimonia. Il giovane uscì di casa con l'animo esasperato, maturando un terribile pensiero di vendetta. Alla sera si recò come di consueto dalla fidanzata a Testona. Ne tornò alla solita ora, più che mai deciso. Voleva finirla una buona volta. Alla fidanzata aveva fatto delle promesse, ed ora, con l'ostinata avversione della madre, si vedeva costretto al punto di non poter mantenere la sua parola. Si avvicinò alla camera a pianterreno dove dormiva la madre. Vide la vecchia sull'uscio. Entrò. Senza profferire parola estrasse la rivoltella e sparò all'impazzata contro la madre che, colpita alla schiena ed al capo, stramazzò senza vita! Poi, fattosi sulla strada, chiamò al soccorso...
Il giovane, se ha confessato il delitto, non ha però ammesso di avere preso il denaro. Le dodici mila lire non furono trovate. Dove le abbia nascoste, finora non si sa. Ma nessun dubbio che agli se ne sia impossessato, perché furono quel denari lo scopo primo del mostruoso delitto. La rivoltella è stata rinvenuta in un prato poco distante dalla tragica casetta."""
Nota - Nessun commento, perché, purtroppo, sono casi che capitano anche oggi, il che vuol dire che lo spirito umano migliora troppo lentamente. Se migliora.
Indietro
Lettera successiva
Torna all'indice
Torna a BELLA ITALIA