(sonoro) bella 175

ACCADEVA 100 ANNI FA (Aprile 2022)

      Da La Stampa del 6 Aprile 1922

      Un'orrenda tragedia a Napoli: innamorato che diventa brutale assassino

      La notte scorsa nel vicino parco Grifeo avveniva una raccapricciante tragedia. Lo studente in ingegneria G. Melis, d'anni 27, congiunto del senatore Carlo Padda, io un impeto d'ira per vedere respinte le sue profferte d'amore, uccideva la cugina signorina Cornelia Urano e feriva mortalmente la madre di lei, che era accorsa in aiuto della figlia.
      Da circa sei mesi il Melis era venuto a Napoli da Cagliari a scopo di studio ed aveva trovato alloggio presso la famiglia dei cugini Orano. Ben presto il Melis fu preso da forte passione per la cugina, che respinse decisamente le sue proposte, tanto più che sapeva che lo studente era fidanzato con un'altra signorina in Sardegna. Ma il Melis non. si dette pace ed insistette nelle sue proposte ed in modi cosi vivaci, che lo pregarono di trovarsi un altro alloggio. Il Melis parve accondiscendere e, prima di andarsene, chiese un convegno in giardino alla signorina Cornelia per domandarle scusa delle noie che le aveva arrecate.
      Quello che sia avvenuto all’incontro non si sa di preciso, ma ad un tratto si udirono le invocazioni di soccorso da parte della signorina che, inseguita dal Melis, armato di un trincetto, cercava di rifugiarsi in casa. Venne raggiunta e crivellata di colpi. Alle grida della disgraziata accorse la madre, ma il Melis rivolse l'arma contro quest'ultima inferendole parecchi colpi, sinché accorsero altre persone che lo disarmarono. Venne avvertita la polizia. La signorina Cornelia era già morta e la madre si trovava in fin di vita. Essa si trova ora ricoverata all'ospedale dove si dispera di salvarla. Mentre gli agenti stavano traducendo in carcere il Melis, sopraggiungeva il tenente Orano (cugino di Cornelia), informato della tragedia. Egli alla vista dello scempio che era stato compiuto sui suoi cari, estrasse la rivoltella e tentò di sparare contro il Melis, ma venne però trattenuto e disarmato.

      Commento – Sangue caldo non mente, in borghese o in divisa.

°°°°°O°°°°°

Da La Stampa del 1° Aprile 1922

II processo dei contadini ad Alessandria - L'interrogatorio degli imputati

      Compiute le formalità preliminari sono incominciati gli interrogatori degli imputati per l'uccisione di Scarsi Giovanni di anni 18, studente all'Istituto Nautico, e pel ferimento dei fratelli Alberto e Domenico. Gli accusati erario otto, ma tre sono tuttora latitanti: gli altri cinque sono giovani imberbi che all'epoca dei delitti contavano dai quindici ai ventuno anni. Non sembrano né impressionati né. consapevoli delle gravi accuse di cui sono chiamali a rispondere. Il primo ad essere interrogato è il C. M.: dichiara di non aver preso parte al fatto per quanto aiutasse i compagni a vendemmiare: tra questi ricorda d'aver visto Olivieri, Calcagno e Barisone Luigi. Ad un tratto sentì grida di alterco: accorse e vide che si era accesa una contesa coi fratelli Scarsi. Coloro che contendevano cogli Scarsi erano armati: Barisone Angelo col fucile, C. M. colla rivoltella e Scarsi Giovanni, quegli che fu poi ucciso, pure con rivoltella di cui fece uso. Si spararono numerosi colpi tinché il Giovanni fu visto cadere a terra morente.
      Il secondo imputato, L. Armando, racconta ch'era a vendemmiare nelle terre tenute dalla propria fidanzata Mansione a mezzadria: sopraggiunsero gli attuali imputati e poco dopo anche i fratelli Scarsi: si accese una contesa non volendo i proprietari che si procedesse nella vendemmia. A domanda dell'avvocato, Sardi precisa che dei presenti non erano armati che il Bisio di rivoltella e il Barisone Angelo di fucile: ma poiché in istruttoria aveva detto che armato era anche Godo, il quale avrebbe sparato contro lo Scarsi Giovanni, nasce una vivace contestazione.
      L’imputato Calcagno Camillo ammette la sua presenza, nella vigna, ma nega recisamente di avere sparato e di essere stato armato.
      Il quarto imputato Olivieri Giovanni, uno dei mezzadri della famiglia Scarsi, vide in quel triste giorno il figlio Giovanni armato di rivoltella sparare un colpo: allora furono sparati vari colpi dai mezzadri e da quelli che vendemmiavano; impaurito egli fuggì.
      L’ultimo imputato é Barisone Luigi: vendemmiava anch’egli in qualità di mezzadro: vide sopraggiungere i fratelli Scarsi; dice che degli odierni imputati erano armati il Barisone Angelo di fucile e il Bisio Giacomo di rivoltella. Com'è noto, questi due imputati sono ora latitanti. Sentì sparare vari colpi, ma non sa precisare da chi fossero esplosi. Dichiara che non era armato e che non prese parte alla rissa.
      Sono poi udite lo parti lese, i fratelli Scarsi. Essi raccontano di essersi recati nella vigna per rendersi conto di quanto accadeva. Escludono di essere stati armati. Al loro apparire furono accolti a colpi di fucile e di rivoltella. Il Giovanni cadde a terra agonizzante: l'Umberto ed il Domenico, benché feriti, riuscirono a fuggire, inseguiti da altri proiettili. Riconoscono negli attuali imputati e nei tre latitanti gli sparatori del fratello. La madre dell'ucciso fa una straziante ricostruzione della tragica scena. Appena corse nella vigna per portare soccorso al figlio Giovanni, fu ingiuriata e spintonata dal padre di uno degli imputati: nessuno ebbe un palpito di pietà per il figlio moribondo; Leo, una giovane forestiera, porse un po' d'acqua.

      Commento – Nei due dopoguerra, il bolscevismo animò tante persone, convinte che la proprietà privata fosse un furto, come disse qualcuno che si spacciò per filosofo (Proudhon). Anche i mezzadri si eccitavano alla vista dei proprietari e andavano a lavorare con tanto di pistola in tasca. Mi fa pensare a ciò che successe a mio nonno, nel dopoguerra (1946). Era zoppo ed aveva un piccolo orto ad un chilometro di distanza. Veniva sempre depredato degli ortaggi. Un giorno, sorprese una compaesana (accesa comunista) che si riempiva la borsa e che, invece di spaventarsi, urlava: voi padroni farete una brutta fine! Mio nonno non seppe fare altro che gridarle: “ Ladraccia di una ladraccia, ti meriti l’inferno!”. La “ladraccia” si sentì offesa e, con tanto di avvocato, lo denunciò per ingiurie. Ci fu un processo e, quando il pretore chiese a mio nonno se avesse veramente pronunciato quelle parole, egli – disobbedendo al suo avvocato che gli aveva consigliato di dire “non ricordo” – rispose al pretore, in dialetto “E cus u vruavlu che i disa!” (e che cosa voleva che le dicessi!). Per fortuna, c’era ancora l’insufficienza di prove e così fu.

°°°°°O°°°°°

Da La Stampa dell’11 Aprile 1922

La condanna di 3 fascisti - Tribunale Penale di Torino

      S'è svolto ieri alla 5.a Sezione del Tribunale Penale, il processo in appello a carico di tre fascisti. Appellante dalla sentenza del Pretore urbano, che ne aveva assolti due, fu il Pubblico Ministero. I tre erano stati sorpresi in automobile in corso Massimo d'Azeglio da un camion di regie guardie mentre correvano a prestare aiuto ad alcuni altri fascisti impegnati in un parapiglia tra fascisti ed operai nei pressi della Fiat. Indosso a uno dei tre, il tenente Cesare Revello che si trovava in divisa d'ufficiale avendo partecipato nel mattino ad una rivista militare, furono trovate tre rivoltelle e un pugnale. Troppo armamento per una persona sola! Gli altri due, il legionario fiumano pure in divisa Bruno Francesco, e Vittorio Ingaramo, entrambi studenti, risultarono senz'armi. Troppo poco per gente che accorreva in difesa di altra gente! In un primo interrogatorio i tre giovani non negarono che lo armi appartenessero a loro; ma poi affermarono ch'esse erano state abbandonate da alcuni altri compagni che erano sull'automobile e che avevano potuto eclissarsi alla comparsa delle guardie. Avendo abbandonato lo armi, il Revello - che era in divisa — aveva pensato di diventarne il depositario. Ma il Pretore Urbano aveva condannato il tenente a L. 100 di multa per favoreggiamento, mandando assolti gli altri due per non provata reità. Appellò come abbiamo detto il P. M. e ieri mattina la causa è stata discussa davanti ai giudici. Il Tribunale condannò l'Ingaramo a 3 mesi e 15 giorni di reclusione, il Bruno a 1 mese e 5 giorni e confermò la sentenza del Pretore nei riguardi del Revello. Concesse il beneficio della condizionale e della non iscrizione sul cartellino penale ai tre imputati che il Presidente congedò con alcuno parole di ammonizione.
      Assisteva un pubblico numeroso, ma silenzioso, di amici e simpatizzanti dei tre imputati.

      Commento - Il tutto si concluse solo con una piccola iscrizione a casellario, benedetta dall'omelia, non perché il Potere Forte temesse rappresaglie, ma semplicemente perché si trattava di ragazzacci che discutevano con troppo impegno!

°°°°°O°°°°°

Da La Stampa dell’11’Aprile 1922

il Sindaco di Alessandria bastonato

      Un gruppo di fascisti, non ancora identificati, penetrarono, verso le 2 di stanotte, nella casa del delegato e assessore comunale Re Giuseppe, invitandolo a uscire e poiché questi si opponeva all'ingiunzione dei notturni visitatori, furono sparati vari colpi di rivoltella.
      Sembra che nessun ferimento sia avvenuto. Tuttavia in paese vi fu molto panico che si accrebbe allorché furono lanciate altre bombe ed incendiato il portico dell'abitazione del Re. Le fiamme distrussero in breve una automezzo, una trebbiatrice ed il caffè nel sobborgo di Castelferro, ove, come ricorderanno i lettori, erano stati uccisi il 18 agosto dello scorso anno durante una festa da ballo due fascisti del vicino comune di Basaluzzo, l'ex-tenente Giordano e certo Chiappino.
      Il grave fatto accaduto stanotte avrebbe potuto arrecare più serie conseguenze, ma in breve le fiamme furono domate dai pompieri chiamati da Alessandria.
      Anche nel vicino Comune di Fresonara la notte è stata turbata da incidenti. La casa di un comunista, certo Gabaglio, è stata incendiata, avendo il Gabaglio, alcuni giorni prima, colpito un fascista. Il Gabaglio potè a mala pena sottrarsi alla furia delle fiamme fuggendo per i tetti. Oggi poi, verso le oro 12.30, Torre, sindaco di Alessandria e deputato provinciale, è stato affrontato presso lo Stabilimento Borsalino da un gruppo di fascisti che lo percossero. Un fascista, dopo essersi accertato della sua identità, vibrò un colpo di bastone alla testa del sindaco. Nella colluttazione andarono in frantumi bicchieri, bottiglie e vetri, che produssero alcune ferite leggere al Torre. Sembra che il sindaco di Alessandria sia entrato nel Caffè tenendo un periodico fascista in mano. La cosa fu notata da alcuni fascisti, che passarono a vie di fatto. E’ stato arrestato dai carabinieri un giovane fascista, iscritto al Movimento Economico Torinese Lavoratori della Mensa.

      Commento – Ci sarebbe da ringraziare se il dialogo politico avvenisse sempre a bastonate e non a rivoltellate.

°°°°°O°°°°°

Da La Stampa del 18 Aprile 1922

La mala Pasqua d'un pregiudicato - Freddato da un carabiniere mentre si ribella

      Un grave fatto è avvenuto a Zogno. I carabinieri, saputo che era in paese certo Cattaneo Giovanni, contro il quale era stato spiccato mandato di cattura, lo rintracciarono ieri sera in un'osteria mentre stava con alcuni individui schiamazzando. Il Cattaneo, invitato a seguire i carabinieri in caserma, anziché, aderire all'invito, ben sapendo la sorte che lo attendeva, si ribellò invocando con alte grida l'aiuto dei compagni che già stavano dirigendosi verso casa. Costoro accorsero prontamente e cercarono di liberare il Cattaneo. Avvenne tra la comitiva ed i carabinieri una violenta zuffa. I carabinieri stavano per avere la peggio, perché ad un certo punto ebbero l'impressione di essere sopraffatti. Allora un carabiniere, riuscito a liberarsi e imbracciato il moschetto, ne sparava un colpo contro il Cattaneo che cadeva a terra fulminato.

      Commento – Meno male che non c’era il Potere Forte attuale; pare non sia stato processato.

°°°°°O°°°°°

Da La Stampa del 19 Aprile 1922

Tragico violento conflitto

      In un tragico, violento conflitto avvenuto a Cogozzo. piccola frazione del Comune di Viadana, si registrano un morto ed un ferito. Verso le 21 di ieri sera, una quindicina di fascisti di Cogozzo, nel percorrere le vie del paese, si imbatterono net comunista S… (illeggibile) e vennero con lui a vivace diverbio per questioni politiche. La disputa, accaloratasi, ben presto trascese, ed i fascisti, estratte le loro armi, spararono all'indirizzo del comunista alcuni colpi di rivoltella, producendogli cinque ferite al fianco e alla coscia sinistra. Colpito mortalmente, il S… stramazzava a terra in una pozza di sangue e cessava di vivere quasi subito. Ai colpi di rivoltella fu un fuggi fuggi generale, e sul terreno, oltre al comunista ucciso, rimaneva pure ferito, non gravemente, il contadino Martelli Costante, pure del luogo. Al rumore delle detonazioni accorrevano i carabinieri di servizio, i quali, dopo aver provveduto a far piantonare il cadavere e a soccorrere il ferito Martelli, si ponevano alla ricerca degli uccisori. Venivano effettuati otto arresti di fascisti del luogo. Un altro fascista, che si ritiene essere stato l'istigatore, è stato pure identificato ed è ricercato, essendosi reso subito dopo il fatto latitante. Immediate perquisizioni operate dai carabinieri nello abitazioni degli arrestati portarono alla scoperta di numerose armi e munizioni, che vennero sequestrate.
      Altri incidenti di minore importanza si sono avuti a Borgo Forte, dove alcuni fascisti, imbattutisi nel socialcomunista Martelletti Francesco, dopo vivace diverbio, lo percuotevano con bastoni, producendogli lesioni leggere. Due fascisti, sospettati, autori del ferimento, vennero identificati ed arrestati. A Ponteterra di Sabbioneta, mentre il fascista Agosta Belforte Antonio transitava per le vie del paese, unitamente ad una comitiva di suoi compagni, veniva affrontato da un gruppo di comunisti e percosso con bastoni, riportando ferite guaribili in dieci giorni. A Commessaggio alcuni fascisti, entrati nell'esercizio d'osteria condotta da Ballili Angelo, e avvicinatisi a Negri Ermenegildo e Ilario Amabile, li bastonavano, producendo al primo lesioni guaribili in quindici giorni ed al secondo lesioni di lieve entità.

      Commento - E' facile che l'ideologia si trasformi in fede e, quando è fede, se non è evangelica di fatto, non a parole - vuole prevalere comunque, violenza compresa.

°°°°°O°°°°°

Da La stampa del 22 Aprile 1922

Attentato contro una cooperativa socialista

      Un attentato, che fortunatamente però non ha avuto tragiche conseguenze, è stato compiuto ieri contro la Cooperativa di consumo socialista ai Mulini Nuovi. Un giovane in bicicletta, rimasto finora sconosciuto, nel passare a gran velocità davanti alla Cooperativa, lanciò con gesto fulmineo una bomba «Sipe», colla miccia accesa, contro il fabbricato, continuando la sua corsa veloce e dileguandosi verso la campagna. Fortunatamente la miccia bruciò consumandosi completamente senza dar fuoco alla bomba, che rimase così inesplosa. Dato l’allarme, sul posto si recarono carabinieri e funzionari, che sequestrarono l'ordigno, iniziando subito le indagini per la scoperta dell'autore del criminoso attentato.

      Commento – Le notizie quotidiane di quegli anni sembrano noiose, ma ringraziamo i nostri insopportabili politicanti che si affrontano solo a parole (e parolacce).

Indietro
Lettera successiva
Torna all'indice
Torna a BELLA ITALIA