(sonoro) bella 180

ITALIANI PRIGIONIERI (in Italia) (Novembre 2022)

      Parlo delle cose che accadono oggi negli uffici amministrativi italiani.
      Avevamo in passato una persona che ci aiutava per faccende familiari. Ma era marocchina ed aveva suoi familiari (compresi figli) in Marocco. Per suoi gravi problemi sopravvenuti, dovette rientrare in Marocco ed io le promisi che sarei andato a trovarla, anche per confortarla in qualche modo. Poi, venne il covid e tutto fu procrastinato. Ora, avevo deciso di farle una visita di pochi giorni nel novembre prossimo. Allora, per tempo, mi cimentai per il rinnovo del passaporto, che è ancora valido, ma non a sufficienza.
      Cercai su internet l’orario della Questura – che ritengo l’Ufficio competente e capace per il rinnovo - e scopersi che dovevo fare tutto per email, usando una procedura di registrazioni, codici, eccetera da farmi girare la testa. Io, a giorni ottantanovenne, ci provai per due giorni, ma non ero abbastanza bravo. Allora pensai di scrivere ad un indirizzo serio della Questura chiedendo che mi fissassero loro, con loro comodo, un appuntamento, a qualsiasi ora di qualsiasi giorno. La risposta fu: nessuna risposta.
      Rimasi sorpreso, perché, anch’io, per vari decenni, gestii un ufficio statale a livello provinciale, ma fui sempre intransigente nelle risposte: si doveva sempre rispondere, anche solo una riga, magari un no, ma rispondere. E non c’era internet, ma solo la Remington40 o la benemerita Olivetti. La sorpresa mi venne chiarita da un articolo di un ottimo giornale provinciale, di cui mi permetto di trascrivere il punto interessante, tratto dall’articolo PASSAPORTO: MISSION IMPOSSIBILE:

      “””Una volta si andava in Questura, sportello passaporti, si rischiava di passarci anche un intero pomeriggio, ma si riusciva a prendere i moduli, compilarli, portare foto, documenti, bolli e bollettini vari.
      Oggi, invece (omissis) si impiegano dai 3 ai 6 mesi per riuscire a prendere un appuntamento attraverso una piattaforma dedicata a questo specifico servizio: www.passaportonline.poliziadistato.it. (Omissis)
      Dalla Questura ci hanno fatto sapere che, purtroppo, le cose sono esattamente come sembrano. Il sistema di questa piattaforma è nazionale”””.

      E con ciò? Ogni ufficio statale provinciale ha un responsabile che, certamente, farà presente ai suoi superiori – anche politici – l’incongruenza del sistema, per non dire la dannosità dello stesso che priva della libertà di movimento i cittadini italiani. Lo so che devono essere dirigenti che non pensano solo alla carriera, ma la struttura amministrativa italiana – checché se ne dica – è piena di funzionari che pensano prima di tutto al bene dei cittadini. E senza essere politici né arrampicatori.
      Ad esempio, ho presente un dirigente superiore italiano, responsabile nel suo campo di tutta la Provincia e poi promosso a responsabile di tutta la Regione, che più volte prospettò al suo Superiore la modifica di certe procedure, per il bene della cultura, non di certe associazioni. Penso ai tempi tecnici, cioé, i tempi – inventati dai sindacati ed approvati dalle amministrazioni statali - da conteggiare come lavoro per gli impiegati in coda per timbrare il cartellino d’entrata e d’uscita. Per provvedimento ministeriale, fu stabilito in 15 minuti a click, cioè mezz’ora al giorno con una sola entrata; se c’era rientro, diventava un’ora al giorno. Il predetto dirigente controllò più giorni e vide che il tempo impiegato andava dai cinque ai dieci secondi (secondi, non minuti). E il suo Ufficio era fra i più grandi d’Italia, esclusi i capoluogo di Regione. Aveva un analista-programmatore fra i dipendenti, che veramente era un segretario di ragioneria, ma gratuitamente era disponibile e bravissimo nell'inventare programmi per i PC. E lo fece.
      L’Ufficio era composto da una decina di sezioni con ognuna una decina d’impiegati. Con votazione unanime, ne venne fuori un orario continuato dalle 7,30 alle 18,30 dal lunedì al venerdì e dalle 7,30 alle 13,30 il sabato. Ogni dipendente doveva lavorare un minimo di cinque giorni alla settimana, un minimo di tre ore al giorno, con alcune restrizioni: l’essere almeno in tre in ogni sezione con capacità di rispondere sempre al pubblico, nell’avere sempre la capacità di rispondere a chiamate da altra sezione per eventuali pratiche trattate in comune, nell’avere sempre un responsabile anche provvisorio della sezione. Per il resto, poteva scegliere le sue ore tra le 730 e le 18,30. Funzionò a meraviglia nell’interesse soprattutto del personale, ma anche di chi doveva avere contatti coll’Ufficio. Il personale si distribuiva l’orario cercando di farlo combinare con le proprie esigenze personali e il pubblico aveva la possibilità di accedere al servizio per tre ore al giorno, sabato compreso. Ci furono due enormi difficoltà:la prima, che il pubblico affluiva anche da altre province, compreso il capoluogo di Regione; la seconda che non rispettava gli accordi sindacali nazionali né le imposizioni ministeriali, ma mostrava come si potesse lavorare 36 ore nette alla settimana con soddisfazione, invece delle 32/34 utilizzando i tempi tecnici, che non tenevano conto delle esigenze familiari.
      Ciò mandò in bestia i sindacati, che provvidero subito: il suddetto dirigente (sessantacinquenne) fu trasferito, senza motivazione (si comunica alla S. V. che a far data dal… è trasferita come …. alla …...), in altra città in ufficio pari grado e pari stipendio, ma con meno dipendenti, il che impediva un orario come quello ideato. Il malcapitato obbedì, perché era un amante dell cultura e dell'organizzazione; si pagò per due anni un alloggetto in più e prestò serenamente servizio per i due anni con ottimi rapporti col personale e cogli enti locali con cui doveva trattare, finché, al compimento del sessantasettesimo anno, giunse la comunicazione, degna di essere incorniciata: “ Si comunica alla S. V. che col (data) cessa il rapporto di lavoro con questa amministrazione per raggiunti limiti di età, con conseguente collocamento a riposo”. Data e firma, ma non del ministro, bensì di un alto funzionario che, fra noi, semplici dirigenti superiori, era detto “o cammarero”, per gli inchini che negli incontri profondeva a certe alte autorità.
      L'ufficio con competenza regionale dei suoi due anni di permanenza era in attesa della nomina del dirigente generale. Il che avvenne dopo il suo pensionamento.
      Per concludere, non andrò in Marocco e penso che i questori attuali abbiano pensato a far presente alle altissime autorità, anche energicamente e ripetutamente, che la cosiddetta piattaforma non funziona e la Costituzione non s’ha da violare negando praticamente al cittadino italiano di recarsi all’estero, se ne ha diritto.

Indietro
Lettera successiva
Torna all'indice
Torna a BELLA ITALIA