(sonoro) bella 187

ACCADDE... 100 ANNI FA (Giugno 2023)

      Ho spulciato alcini brani di notizie del Giugno di cent'anni fa, il che mi ha aiutato a chiarire il sottofondo di certi avvenimenti del tempo e di confrontarli cogli attuali. Sono certo che questo è anche il lavoro dei molti docenti di filosofia e storia, accurati educatori dei loro discenti.

      La Stampa – 1° Giugno 1923 - Il nuovo inscritto.
      Stamane il segretario generale del p. F. Comm. Bianchi Michele, il fiduciario dei fasci del Lazio avv. Vaselli e il segretario amministrativo di questi fasci avv. Segreti, si sono recati dal ministro della Pubblica Istruzione per consegnare al ministro Gentile la tessera ed il distintivo del partito nazionale fascista. L'on. Gentile aveva in questi giorni fatto domanda di iscrizione al partito, domanda che era stata subito accolta fra il più vivo compiacimento dei dirigenti del partito stesso, compreso l'on. Mussolini.
      L'on. Gentile, nel ricevere la tessera ed il distintivo, ha ringraziato pubblicamente affermando di aver sempre seguito con la maggiore fede e sincerità le idee del partito del quale oggi è lieto di far parte. Inoltre, il filosofo on. Gentile ha indirizzato al presidente del Consiglio la lettera seguente:
      """Caro presidente, dando oggi la mia formale adesione al partito fascista la prego consentirmi una breve dichiarazione per dirle che con questa adesione ho creduto compiere un atto doveroso di sincerità ed onestà politica. Liberale per profonda e salda convinzione, in questi mesi dacché ho l'onore di collaborare all'alta sua opera di Governo, assistendo così da vicino allo sviluppo dei princìpi che informano la sua politica, mi sono dovuto persuadere che il liberalismo, come lo l'intendo o come l'intendevano gli uomini della gloriosa destra che guidò l'Italia al risorgimento, il liberalismo della libertà nella legge e perciò nello Stato forte e nello Stato concepito come una realtà etica, non è oggi rappresentato in Italia dai liberali, che sono più o meno apertamente contro di lei, ma per l'appunto da lei. E perciò mi sono pure persuaso che tra i liberali di oggi ed i fascisti che conoscono il pensiero del suo fascismo, un liberale autentico, che sdegna gli equìvoci e ama stare al suo posto, deve schierarsi al fianco di lei. Cordialmente suo: Gentile."""
      Commento – In parole povere, i liberali (cioè, l’allora centro) si sono squagliati e chi vuole agire per l’Italia deve scegliere tra bolscevichi e fascisti. E Gentile, pur di lavorare per l’Italia, scelse.

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      La Stampa – 2 Giugno 1923 - Discorso di Mussolini a Padova (parla agli studenti universitari).
      L'on. Mussolini, ripetutamente acclamato dalla folla sottostante ha dovuto affacci arsi al verone per ringraziare ed è passato a parlare, salutato da ovazioni, Ecco il suo discorso ufficiale: «Eccellentissimo Rettore, signori professori, miei giovani amici, non sono io che onoro il vostro Studio, è il vostro Studio che mi onora e vi confesso che pur essendo da tempo, a causa del faticoso commercio degli uomini, un po' restio alle emozioni, oggi mi sento tra di voi profondamente commosso, tutto pervaso da una sottile emozione. Noi ci conosciamo da un pezzo. Ci conosciamo fin dal 1915, dalle giornate del maggio radioso sempre. Ricordo che gli studenti di Padova impiccarono sulla porta dell'università un grosso fantoccio, che raffigurava un uomo politico sul quale in questo momento non voglio esprimere giudizio alcuno ; ma quel gesto voleva dire che la gioventù universitaria di Padova non voleva sentire parlare di ignobili mercati diplomatici (applausi), non voleva vendere la sua splendida primogenitura ideale per un piatto di più o meno miserabili lenticchie. L'Università di Padova, la gioventù studiosa, non discendente degenere da quegli studenti toscani che andarono a morire a Curtatone ed a Montanara, volle allora essere all'avanguardia, prendere il suo posto di combattimento, trascinare i riluttanti, fustigare i pusillanimi, rovesciare un Governo e andare a combattere verso il sacrificio, verso la morte, ma anche verso la grandezza e la gloria (applausi).
      Da allora io so che fra di voi vi sono dei fedeli gregari; da allora io so che questa Università fra tutte le altre è veramente un focolare di fede e dì passione italica. Se io, par un momento, immergo il mio spirito nel fluire infinito del secoli, io vedo questo vostro Studio come una grande fonte alla quale si sono dissetati uomini a migliaia ed a migliaia, di tutti i paesi, di tutte le generazioni, di tutte le stirpi.
      Il Governo che ho l'onore di rappresentale, essendo un Governo che ripudia, almeno nella persona del capo, la dottrina del materialismo o le dottrine che pretendono dt spiegare la storia complessissima delle società umane soltanto dal punto di vista unicamente materiale, un fenomeno della storia, non tutta la storia, un incidente non una dottrina, ebbene questo Governo, che tiene in alto pregio i valori individuali e spirituali e volontaristici, ha in sommo apprezzamento le Università. Io non esito ad affermare che se la Germania ha potuto resistere alla suggestione del bolscevismo, ciò è dovuto soprattutto alla forte tradizione universitaria di quel popolo».
      Nota - Il discorso continua per un bel po’, ma la parte citata basta per capire la mentalità di Mussolini, innamorato di Hitler prima ancora che Hitler politicamente esistesse.

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      La Stampa – 8 Giugno 1923 - Gli aspetti della reazione in Germania
      “””””Adolfo Hitler è un tappezziere e un verniciatore di Braunau nell'Austria superiore. Il male è, si dice, che adesso vuole riverniciar a nuovo la Germania. Odia i fotografi e ne rifugge, bisogna accontentarsi di una descrizione come ce la fanno coloro che l'hanno veduto nel cerchio dei suoi volontari, dopo le parate domenicali : un omarino stento, con un naso un po' di traverso, biondiccio, grandi occhi stupefatti, onde è chiamato l'estatico; capelli da vittima più che da profeta, aspetto di cavillatore più che di rivoluzionario, Robespierre più ohe Danton. Ha fatto la guerra, l'ha fatta da bravo soldato. Non ha un grande bagaglio di cognizioni: sgobba adesso attivamente su fogli di politica e di economia per riprendere il tempo perduto. Ma ha delle intuizioni talvolta geniali, dei bruschi attacchi d'isterismo utopico, brandelli di demagogismo antico e moderno. E sopratutto è oratore. Lo descrivono nel mezzo d'un circo, fra le centurie d'assalto dei suoi ligi, arringante con sillabe numerose, con impetuosità, con verbosità, ma con freschezza; è esperto nel variare metro e lingua, e passare dal dialetto bavarese alla lingua colta, o alternare l'onda lutulenta delle ingiurie e delle diffamazioni con l'aneddoto contro gli ebrei che fa ridere la gente.
      Non per nulla Hitler è austriaco: c'è sempre come il sospetto d'una strizzatura d'occhi dopo la più sanguinosa delle offese, in questi latinizzati. Quei signori di Berlino sono delle canaglie ma anche degli idioti: e idiota suona quasi comico in tedesco, e al pubblico vien voglia di ridere sulla madornale idiozia di quei prussiani lassù. Gli ebrei bisogna impiccarli a tutti i lampioni cittadini; e se siete in dubbio sul loro vero essere, calategli i calzoni. Risate: il giorno dopo, manco a dirlo, il consiglio è seguito alla lettera... Ma poi assurge d'un tratto a parole quasi mistiche sulla fortuna della patria, sui sacrifici da compiere per essa, sulla morte da morire più volte per la libertà. E allora appare quello che è realmente: un profeta in buona fede; un mistico dal vocabolario e dai gesti plebei; un invasato di fuoco sacro che ha la temerarietà della frase ma assai meno quella del gesto, e che si accascia talvolta spaurito dall'enormità della missione che si è assunta. Questo l'uomo forte, il nuovo Bismarck, il salvatore della Patria?
      E' ben vero che lo stile è violento e intollerante; è ben vero che ai comizii nazionalsocialisti si parla su questo metro: «I mascalzoni che vendettero nei giorni di novembre la patria debbono essere tutti macellati, il loro sangue deve scorrere a fiumi, nuoteremo nel sangue degli ebrei»; è ben vero che esistono liste di proscrizione sulla scorta delle quali la Germania deve essere effettivamente «ripulita», e che le parole Dittatura e Terrore stanno in testa ad ogni manifestazione. Ma non bisogna badare ai gesti. E nemmeno allo definizioni. Nazionalsocialista vorrebbe essere questo movimento, in cui antisemitismo e nazionalismo dovrebbero dare la mano a una specie di democrazia socialista; per cui si mette in programma, in un guazzetto, abolizione dei diritti civili agli israeliti, vendetta contro i francesi e i traditori novembrini, statizzazione del capitale bancario e di borsa (mentre al contrario il capitale lavorante, quello dell'industria, sarà rispettato).”””””
      Commento – E’ un lungo articolo, che trascrivo in parte, ma che dà l’idea di come – già nel 1923 - fosse giudicato Hitler dai giornalisti normali in Italia. Purtroppo, dopo poco tempo, in Italia venne la proibizione (in pratica, anche se non scritta) di parlar male di Hitler.

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      10 Giugno 1923 – 11° Giro d’Italia
      Il Giro d'Italia 1923, undicesima edizione della "Corsa Rosa", si svolse in dieci tappe dal 23 maggio al 10 giugno 1923, per una percorso totale di 3202,7 km. Il percorso medio di ogni tappa fu, perciò, di 320 km. Si correva, praticamente, un giorno si ed uno no. Fu vinto dal Piemontese Costante Girardengo. Su 97 partenti, al traguardo finale ne arrivarono solo 38.
      La corsa vide la sfida tra Costante Girardengo e Giovanni Brunero, il primo deciso a tornare alla vittoria dopo due anni e il secondo a vincere il Giro per la terza volta consecutiva. Al termine della terza tappa, con arrivo a Firenze e vinta dallo stesso Girardengo, la giuria fu costretta ad assegnare la vittoria ex aequo tra il piemontese e il fiorentino Pietro Linari in seguito alle forti minacce dei concittadini di quest'ultimo, che lo volevano vincitore. Due giorni dopo, però, lasciata ormai la Toscana, la giuria confermò la vittoria al solo Girardengo.
      Quest'edizione del Giro fu anche l'unica a cui partecipò Ottavio Bottecchia, al debutto in un grande giro, che concluse al quinto posto assoluto e primo degli isolati (i corridori senza squadra). Venne notato da un altro corridore di quel Giro d’Italia, il francese Henri Pélissier. che lo invitò al Tour de France. Lo stesso anno 1923, al Tour, Bottecchia arrivò secondo proprio dietro Pélissier, e lo vinse poi nel 1924 e nel 1925.

      Commento – Bottecchia morì il 15 Giugno del 1927. Fu trovato morto nella strada con la testa fracassata e la morte fu attribuita ad un malore. Un giornalista dei tempi più recenti scoprì un'aggressione fascista avvenuta a Comino, citando l'allora parroco di Peonis, don Dante Nigris, che nel 1973, in punto di morte, aveva rivelato al suo successore di come Bottecchia avesse avuto la peggio in una rissa scoppiata «per i suoi ideali antifascisti». Il che pare vero, dal momento che tutti i gandi corridori italiani di quel periodo non parteciparono ai funerali (forse, per intimidazione governativa).

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      La Stampa del 12 Giugno 192 aveva questo breve articolo:
      (sic) francesi e cinque borghesi tedeschi uccisi a Dortmund.
      Parigi, 11. mattino. Un telegramma da Duesseldorf annunzia che due sottufficiali francesi sono stati uccisi ieri nelle strade di Dortmund. Le vittime sono due aiutanti del 149 fanteria. Il fatto avvenne alle 22,30. Tre borghesi tedeschi, venuti a questione coi due militari francesi, spararono sugli avversari, uccidendone uno all'istante e ferendo mortalmente l'altro, che poco dopo spirava. La duplice uccisione sarebbe la conseguenza di una rissa scoppiata tra soldati francesi e borghesi tedeschi.”””

      C’era una discordanza tra il titolo ed il testo, ma venne chiarita con abbondanza il giorno dopo, come segue:
      “””La feroce rappresaglia francese a Dortmund. Pattuglie che aprono il fuoco contro ogni finestra illuminata. Sono accertati 8 morti e 60 feriti.
      Un giorno ed una notte la città di Dortmund e stata sotto il regime del terrore francese. Pattuglie di truppe di occupazione hanno percorso notte e giorno la città, sparando a casaccio contro i passanti, contro le finestre illuminate, arrestando, sequestrando, devastando. Se anche nei resoconti dei giornali tedeschi vi può essere dell'esagerazione nel colore, i fatti vengono confermati anche da fonte francese: nonostante l'ufficiosa Agenzia Havas abbia cercato subilo di falsare la verità, scrivendo nel suo primo comunicato che fra le pattuglie francesi e borghesi tedeschi «furono scambiati» alcuni colpi di fucile», la Frankfurter Zeitung scrive che non furono scambiati, ma semplicemente sparati dai Francesi sopra inermi cittadini tedeschi.
      Questi conflitti sono una nuova prova della politica di vendetta dei mandatari di Poincaré, il quale, anche dopo il delitto di Bauer, di alcune settimane or sono, non parlò di punizione dei colpevoli, ma bensì della «necessaria vendetta». Come si è esplicata la "necessaria vendetta„? Come è avvenuto a Dortmund, dopo la uccisione dei due sottufficiali francesi, sulla quale non è ancora stata fatta la luce, ma che sembra sia avvenuta in seguito ad un vivace scambio di reciproche insolenze tra Francesi ed alcuni elementi teppistici della città. Prima ancora che le autorità proclamassero lo stato d'assedio, i soldati francesi si abbandonarono ad atti di inumana rappresaglia contro cittadini inermi. Cosi ad esempio un poliziotto tedesco che si trovava nella propria abitazione è stato invitato sulla strada da una pattuglia francese, che, dinanzi agli occhi della di lui famiglia, lo fucilò senza ragione, sommariamente. Lo stesso à avvenuto altrove. Per dare una impressione della terribilità delle feroci rappresaglie francesi, basti segnalare che nel solo ospedale di Dortmund furono medicati ben 60 cittadini tedeschi, che, perquisiti da appositi incaricati delle autorità tedesche, furono trovati privi di armi. Non bastando le uccisioni ed i ferimenti per rappresaglia, gli arresti, la presa di ostaggi e le devastazioni, i Francesi hanno anche approfittato dell'occasione per compiere un colpo di mano in piena regola sulla cassa municipale di Dortmund, impadronendosi di 42 milioni di marchi."""
      Commento - La guerra era finita da quasi 5 anni, ma i francesi ancora erano sul suolo tedesco, sempre nel tentativo di giungere ad un trattato di pace che permettesse il passaggio di regioni confinanti da tedesche a francesi. Il che avviene sempre; lo notammo anche noi. Quanto durò la tragedia di Trieste (che si salvò) e dell'Istria, che dovette passare alla Jugoslavia? Più di sette anni.

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      La Stampa – 16 Giugno 1923
      Da un articolo della Stampa prendo lo spunto per sintetizzare la storia di Stambolijski.
      Aleksandar Stoimenov Stambolijski, nato nel 1879, è stato un politico bulgaro e primo ministro del regno di Bulgaria dal 14 ottobre 1919 alla morte del 14 Ottobre 1923. Era membro di un movimento popolare che si era opposto alla partecipazione del proprio paese alla prima guerra mondiale. Perciò fu processato da una corte marziale e condannato all'ergastolo nel 1915.
      Nel 1918, dopo la sconfitta della Bulgaria nella guerra, lo zar Ferdinando abdicò in favore del figlio Boris III che rilasciò Stambolijski di prigione, che venne nominato primo ministro nel 1919. Il 20 marzo 1920 l'Unione agraria popolare vinse le elezioni nazionali e Stambolijski fu confermato primo ministro.
      Fu molto popolare tra i contadini, ma ciò lo invise al ceto medio e ai militari. Molti lo consideravano un dittatore virtuale e, nel corso del suo mandato, Stambolijski si fece moltissimi nemici sia all'interno della Bulgaria sia all'esterno: nei confini nazionali, i nemici più grandi furono i proprietari terreni a causa della nuova distribuzione di terre che limitava i possedimenti a 30 ettari. Ma fece la stessa fine dei vecchi governanti romani (fra cui Giulio Cesare) che vorevano ridurre il latifondismo a favore del popolo.
      Dopo simili inimicizie, venne spodestato in un colpo di Stato militare il 9 giugno 1923. Fu catturato da un drappello di nazionalisti macedoni che lo uccisero insieme con il fratello. La mano destra con cui firmò il trattato di Niš venne mozzata e gettata in un lago, mentre la testa di Stambolijski venne tagliata e spedita allo Zar Boris III a Sofia in una grossa scatola di biscotti con un cartellino su cui vi era scritto: "Ci abbiamo pensato noi per voi".
      Commento – La prima guerra mondiale (come la seconda e come tutte le grandi guerre) portò disordini e crudeltà in tutto il mondo, per cui, col senno di poi, ci rendiamo conto come fossero lungimiranti anche quei pochi politici italiani che si opponevano alla prima e alla seconda guerra mondiale. Ma la storia si ripete.

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