“Un fallimento i manganelli contro i ragazzi!” disse chiaramente Sergio Mattarella, il Presidente della Repubblica, che ebbi l’onore ed il piacere di conoscere ed apprezzare personalmente nel 1989/90, come Ministro dell’Istruzione, cioè, come mio Superiore.
Era il suo commento alle manganellate a Pisa e Firenze nell’ultima decade di Febbraio. Ma alludeva al fallimento della Polizia? Ne dubito, altrimenti non sarei d’accordo.
Intanto, i ragazzi erano tutti sopra i 14 anni (e parecchi maggiorenni); molto più svegli e colti di noi novantenni alla loro età, quando bastavano 14 anni per andare legittimamente a lavorare. E ci andavamo.
Ragioniamo. C’era un corteo autorizzato, con un itinerario prestabilito ed accettato (esteriormente, si seppe dopo) dagli organizzatori del corteo. C’era – per motivi di sicurezza – il divieto di frequentare una certa via e la Polizia doveva far rispettare la disposizione. Visto che, a parole, non solo non obbedivano, ma insultavano ed ingiuriavano gli agenti, fu giocoforza far rispettare con la forza le norme e l’impegno preso. Lasciamo stare il modo e chiediamoci: chi ha fallito al proprio dovere? La Polizia? I Carabinieri? Gli studenti (ma erano davvero tutti studenti)?
No. Guardiamoci in faccia: il fallimento è dei genitori, in primis. Poi anche un po’ della Giustizia e del Legislatore. Ci rendiamo conto che i genitori di oggi non si curano più dell’onestà morale dei figli, ma solo della loro preparazione al guadagno. A quando una legge che riconosca eguale responsabilità penale (non solo economica) ai genitori dei minorenni colpevoli di reati, per piccoli che siano? Ma picchiare i poliziotti non è reato piccolo. Guardate quanti poliziotti finiscono all’ospedale…
Si è inculcato (da certe forze critiche) il concetto che libertà significhi fare ciò che ci pare, liberamente. Se io sono lupo e tu agnello ed io ti mangio, vuol dire che avevo ragione io. “Superior stabat lupus”, scrisse Fedro.
Mi sembrano tornati i giorni dell’immediato dopoguerra, quando la propaganda di sinistra staliniana (lo dico senza cattiveria) aveva inculcato in molti il concetto dell’annullamento della proprietà privata. Si diceva che l’aveva detto Marx. Un esempio?
Mio nonno era solo un contadino, con un pezzo di terreno, una mucca ed una pecora. Era zoppo e lavorava come un matto per produrre un po’ di patate, di carciofi, di pomodori, eccetera. Ghitina, una nostra vicina e conoscente, convinta dal figlio marxista (ma nessuno dei due sapeva niente di Marrx), credeva fermamente nell’abolizione della proprietà privata e veniva tranquillamente a raccogliere nell’orto di mio nonno. Un giorno mio nonno si stufò e le urlò:"Piantala di mangiare a mie spese, ladraccia di una ladraccia!". Convinta di essere nel giusto, rispose: io ti denuncio per insulti. E lo fece. Ci fu il processo penale ; il difensore consigliò a mio nonno di dir semplicemente “non ricordo, ma io parolacce non ne dico” e tutto è finito. Allora non ci si poteva esimere dal rispondere al giudice. Ma a mio nonno non piacevano le bugie.
Ferrero Giovanni, eccetera, eccetera, confermate di aver detto alla qui presente Ghitina “ladraccia di una ladraccia?”. E mio nonno, puntando il dito verso il giudice, in langarolo: “E cuss’u vrraulu che i dissa?” E che cosa voleva che le dicessi?. Fu assolto solo perché esisteva ancora l’insufficienza di prove.
Modificare le leggi per proteggere la verità è un conto. Ma bisogna non incorrere in forme dispotiche o dittatoriali o tiranniche o semplicemente malvagie. Al mondo esiste il bene e il male; è un peccato originale.I genitori siano i primi ad inculcare tale distinzione ai figli. E la Giustizia faccia rispettare le leggi, da tutti.
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