CHECKPOINT (Dicembre 2007)

Sono stato, recentemente, per motivi non turistici, in Israele, Palestina e dintorni. E' la quarta volta ed ho maturato la convinzione che i checkpoint siano una cosa seria. I miei autisti, ebrei o arabi, si fermavano davanti al segnale di alt (disco con grossa mano bianca alzata in campo rosso) e spegnevano il motore. Se di notte, abbassavano le luci e si veniva investiti da un potente riflettore.
       Ho chiesto il perché, visto che noi eravamo autorizzati a transitare e che non c'erano stati avvisi sonori (a voce o acustici) nè luminosi. Mi risposero che era la procedura standard, usata in tutti quegli Stati senza eccezioni, per controllare in relativa sicurezza che gli autorizzati fossero veramente tali e non si trattasse di un'autobomba.
       Dopo lo stop, un militare (uno solo, per non rischiare la vita di molti) faceva cenno di avvicinarsi. Riavviato il motore, gli autisti si avvicinavano a passo d'uomo (ripeto: a passo d'uomo) fino al militare, mentre altri militari a qualche metro di distanza ci tenevano sotto tiro. In un amen, riconosciute le persone, si ripartiva.
       Dopo tale esperienza (già ripetuta in anni scorsi), mi sono chiesto più volte che cosa sia successo col povero dottor Calipari.
       Se tutti devono fermarsi, anche solo per dieci secondi, perché quell'auto non lo fece?
       Ho letto del soldato americano non giudicato per incompetenza territoriale. Ma l'autista chi era? E' stato imputato? Era straniero? Ha saltato il segnale di STOP di sua iniziativa? Lo ha fatto perché qualcuno, in macchina o per telefonino, gli ha detto di non fermarsi? Se si, chi?
       Non avrò seguito bene i resoconti dei giornali, ma mi pare di non aver trovato risposte a tali domande. In ogni caso, è certo che l'unico incriminato è stato il soldato americano. Perché?

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