(Febbraio 2010)
VOGLIO POSSO COMANDO

Chi comanda in Italia?
       A suo tempo, Montesquieu codificò i detentori del potere in tre settori: legislativo, esecutivo, giudiziario. Il primo fa le leggi, il secondo le propone e le attua, il terzo giudica se i primi due (e tutti i cittadini) si sono comportati bene.
       E' evidente la sproporzione, perché, alla fin fine, è il potere giudiziario che governa; legittimamente, s'intende, secondo l'interpretazione della nostra Costituzione. Ma chi la interpreta? Il potere giudiziario, sempre naturalmente.
       Ad esempio, se il potere legislativo emana una legge che non piace al potere giudiziario, questo (Corte Costituzionale) la cancella e non c'è niente da fare. Se il potere esecutivo emette un decreto con cui prevede, ad esempio, che ci si possa iscrivere in graduatorie di sole due o tre Province e il decreto non piace al potere giudiziario (TAR), lo cancella e dispone l'esecuzione forzata secondo il suo volere. Il tutto in buona fede, naturalmente, ma con disparità enorme.
       Quando, la volta scorsa, scrissi su questo argomento, non pensavo che avrei trovato un valido aiuto in un grande giornalista del Corriere della Sera che, il 30 Dicembre scorso, trattò il problema.
        L'articolista del Corriere, parlando di conflitti d'interesse, pudicamente definiti contiguità, sostiene che la contiguità fra giudice e procuratore (stessa carriera, stessi sindacati, intercambiabilità) può influire sulle sentenze.
       Così, quando il potere giudiziario tuona contro il conflitto d'interessi berlusconiano, si fa beccare dal Corriere, che scrive: "Quando Silvio Berlusconi dice che la proprietà di molte aziende non condiziona la sua azione di presidente del Consiglio, io ho il diritto-dovere di non credergli. Perché dovrei estendere alla magistratura una fiducia che non riservo a un presidente del Consiglio?".
       La conclusione del dottor Romano, sul Corriere, pare la mia del mese scorso: "Se i magistrati rinunciassero a un'opposizione preconcetta e facessero proposte concrete, sarebbero certo ascoltati". Povero illuso!
       Su un punto, dissento dal Corriere: laddove parla dei magistrati come di "una comune famiglia ideologica". Può darsi che sia così, ma non credo; i guai dipendono dall'essere detentori di un potere incontrollato perché costituzionalmente incontrollabile. L'abitudine al voglio posso comando li porta a prevaricare sempre sulle volontà altrui, legittimamente, ma sempre. Ciò che dice il potere giudiziario è legge; il potere legislativo è in pratica declassato ad organo che propone le leggi ed il potere esecutivo ad applicarle secondo l'interpretazione dei TAR.
       Il mio maestro unico, in terza elementare, ci fece leggere "Cuore"; mi ricordo del "Piccolo scrivano fiorentino", che si limitava a copiare. Come si pretende e si ottiene che faccia il potere esecutivo.

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