FIGLI DI NESSUNO? (Aprile 2010)

"Studiate le storie!" esortava un grande del primo novecento. "Studiate le storie!" ripetè il Presidente Ciampi in una famosa cerimonia. E allora studiamole, cominciando da quelle del nostro territorio.
       Cerchiamo la memoria dei nostri avi, ammiriamoli per ciò che fecero per noi e ringraziamoli. Rendiamoci conto che non siamo figli di nessuno e che qualcuno ha gioito, lavorato, patito e sofferto per noi.
       Per far questo, bisogna cercare negli archivi, soprattutto in quelli parrocchiali. C'è un'associazione apposita che, senza fini di lucro, da anni sta mettendo a disposizione, gratuitamente, tutti i dati che i volontari raccolgono.
       Ha tenuto diversi convegni, ad uno dei quali presenziai. Mi colpì il notare come altri Stati europei siano molto più avanti di noi nella costruzione di una banca dati della popolazione passata. Ad esempio, Olanda, Svizzera, Francia (altri non ricordo) sono chilometri innanzi.
       La ricerca nei registri dell'800, del ''700, del '600 e prima può essere fatta soltanto presso i benemeriti Parroci, non essendoci un'anagrafe comunale attendibile a quei tempi. La conoscenza dei nostri avi, oltre che commozione, produce una maturazione specie nei giovani, un desiderio di sapere, di capire, di migliorare: nei Paesi che sono più "avanti" ciò è stato notato ed è incoraggiato.
       Ma in Italia ci sono le Curie (non tutte), depositarie non solo della verità, ma anche dei registri. Il Papa, poveretto, non c'entra; è già alla prese coi De Pedis agli onori delle basiliche e coi preti birichini. Rimangono i Vescovi. Alcuni, comprendendo l'importanza - anche sul piano della crescita morale - dell'iniziativa, permettono la pubblicazione dei dati storici in loro possesso. Sono dati che non sono più soggetti alla legge sulla privacy nè a quella sulla proprietà letteraria; solo la detenzione materiale dei registri è delle Parrocchie.
       Ci sono, invece, alcune Curie, come quella di Alba, che non si capisce se ne facciano una questione di gelosia, di venalità o di semplice quieto vivere. Fatto sta che, col permesso del Parroco detentore dei registri, avevo cominciato la pubblicazione gratuita in questo sito di una banca dati della popolazione dei secoli scorsi del mio paese, iniziando a ritroso dagli anni '800. Ma un brutto giorno la Curia di Alba così mi intimò:
       "Sono don X*** Y*** Direttore dell'Ufficio Diocesano per i Beni culturali della Diocesi di Alba e delegato vescovile per i Beni culturali della Diocesi di Alba. La prego di contattarmi quanto prima in merito alla pubblicazione degli elenchi degli archivi delle Parrocchie di Novello e di Monforte. Penso siano stati gravi abusi, pur senza colpa, nella gestione di tutta questa operazione. La prego altresì di riconsegnare direttamente a me personalmente tutta la eventuale documentazione che lei avesse in suo possesso, appartenente a queste due Parrocchie o a qualunque altra parrocchia della Diocesi di Alba."
       Inoltre:
       "Nessun dato degli archivi ecclesiastici può essere pubblicato senza autorizzazione dell'Ufficio Diocesano per i beni culturali."
       E conclude:
       "La prego vivamente di attenersi alle richieste da me espresse precedentemente."
.        Per farla breve, chiusura totale: i dati storici sono miei e me li gestico io!
       Sono convinto che il Direttore dell'Ufficio Diocesano per i Beni culturali della Diocesi di Alba e delegato vescovile per i Beni culturali della Diocesi di Alba si sia semplicemente attenuto alla lettera di qualche disposizione interna di diritto canonico (anche lui ha i suoi superiori); ma, come già diceva Cicerone, Summum jus, summa iniuria. La lettera uccide lo spirito, mi pare lo abbia detto San Paolo, sia pure in contesto e con significato diversi. E la lettera non l'ha scritta il suddetto reverendo; è solo un diligente esecutore.
       Hanno paura di contenzioso, così mi è stato detto: quale? E' chiaro che tali dati storici non hanno valore legale e non servono a nulla se sono solo pubblicati; è chiaro che la responsabilità è di chi li pubblica; è chiaro che si può sempre sapere chi li ha pubblicati. E allora? Una iniziativa che servirebbe moltissimo all'elevazione culturale e soprattutto morale delle persone (ne trovai molte interessate a meditare sul passato) è ostacolata dal timore di qualche guaio. O semplicemente dal non dichiarato timore di perdere potenza? O dal non produrre quattrini? Mah!
       Il Vaticano non solo apre gli archivi con più di 70 anni, ma li mette direttamente in linea. Ci sono Curie, a quanto pare, più papiste del Papa!
       Non so se qualche Vescovo o amico di Vescovo leggerà questa nota; è difficile, perché i miei lettori sono quattro. Ma se la Provvidenza volesse aiutarmi (ed aiutarsi...), faccia loro leggere il mio appello: fate cosa buona e giusta, anche se può costare qualcosa, e fate vedere che le Curie sono vive e non, come erroneamente si dice fra noi cattolici, solo il posto dove i più furbi studiano da vescovo; aprite e pubblicate gli archivi, aiutate i cristiani a crescere, a conoscere il loro passato,a capire tante cose. Avete superato il periodo in cui ci proibivate la lettura della Bibbia, per paura che fossimo troppo istruiti; superate la paura che sappiamo da chi discendiamo.
       Lessi l'altro giorno (21 Marzo 2010), sul Corriere della Sera, un articolo di Galli Della Loggia, in cui si elencavano gli errori della Chiesa contro se stessa: dall'evento accadutomi, ne aggiungerei altri, che non specifico per carità cristiana.
       Nella migliore delle ipotesi, a volte mi sorge il dubbio che l'intelligenza sia come il coraggio di don Abbondio.

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