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BISOGNI REALI (Settembre 2011)
Dalla Storia dei Borboni di Napoli di Harold Acton s’impara
a conoscere il popolo partenopeo.
Ferdinando IV, detto Re Nasone, era dedito soprattutto alla
caccia e al gioco. Si recava spesso a Persano, per la caccia, ed eccone la
descrizione (pag. 184):
“Siamo qui da otto giorni, e ogni giornata è completamente
ed esclusivamente dedicata a cacciare in diverse parti della foresta... Più di
un migliaio di daini, un centinaio di cinghiali, tre lupi e moltissime volpi
sono già stati uccisi, e, probabilmente, prima che Sua Maestà ritorni a Napoli,
ne verranno uccisi due volte tanto... Nonostante questo grande onore non posso
continuare questa vita di dissipazione e carneficina, piuttosto che di vero
sport, per i ventisei giorni che la
Corte rimarrà qui, e perciò intendo ritornare a Napoli
venerdì prossimo, se riesco ad andarmene con sufficiente correttezza”.
Poi, al Re piaceva fare il macellaio (pag. 184):
“Si vedeva spesso un mucchio di ritagli di carne e di
interiora che gli arrivava fino alla testa e avente una circonferenza di
alcuni metri. Il Re taglia i migliori pezzi e li regala ai suoi cortigiani preferiti,
o li distribuisce fra i suoi servitori. Per far questo lavoro, si spoglia e si
mette un abito di flanella, prende il coltello, e con straordinaria destrezza
seziona l'animale. A Smithfield, nessun macellaio specializzato potrebbe
batterlo in abilità anatomica; ma molto spesso si sporca di sangue dalla testa
ai piedi prima di aver finito, e offre uno spettacolo che è facile immaginare.
La stessa Regina, qualche volta, è obbligata a presenziare a
questa scena, per quanto lo faccia più per compiacere il Re che per sua propria
inclinazione. Il Re è altrettanto infaticabile nel fiocinare pesci e nel
pescarli, specialmente il pesce spada, e non bada al caldo, al freddo, alla
fame o al pericolo. In quelle occasioni è quasi sempre servito da un certo
numero di scelti Liparioti, nativi delle Isole Lipari, che in ogni epoca sono
stati famosi come marinai, tuffatori e pescatori. Il suo modo di vivere non è
certo molto regale e vi sono pochi gentiluomini di campagna, a duemila
sterline l'anno, in Inghilterra, che non si trattino meglio. Ma si diverte ad
andare a caccia, a coltivare le sue terre, e sembra abbastanza felice”.
Aveva un gran Primo Ministro, il Tanucci, di cui è curiosa
l’opinione sulle donne (pag. 185):
“Qui vedo crescer arti, lettere, costumi; parlo dei maschi:
le femmine non si devon calcolare in alcuna nazione: sono tutte o Messaline o
Agrippine, negate ad ogni virtù, e solamente, per paura, ridotte in vecchiaia
alla religione materiale dei frati e dei preti”.
Il Principe Ereditario, il famoso futuro Ferdinando II,
detto Re Bomba, non è che fosse molto più sveglio del padre.
Dice Acton (pag. 618):
“Assomigliava
al padre, e la sua cascina era un modello nel suo genere. La sua più seria
occupazione era quella di mungere le mucche a Boccadifalco, il suo
possedimento, vendere il 'butirro', e tastare le galline, per separare quelle
che avevano le uova. Un giorno le monache di Cancelliere, che non erano di
clausura, passeggiavano nella sua cascina. Incontrandole egli le invitò
cortesemente ad assaggiare il suo 'butirro'. Sorprese da un cosi grande onore
esse rifiutarono rispettosamente, ma egli ripetè l'invito e ordinando al suo
cameriere di servirle le lasciò dicendo: 'Assaggiatelo, è ottimo'. Obbligate
dalla sua insistenza a far colazione, andarono poi a ringraziarlo. 'Non vi
avevo detto che era eccellente?' egli esclamò. Chiamando da parte il suo
cameriere, domandò se era stato pagato, e sentendo che non l'avevano fatto
perché il cameriere credeva che Sua Altezza avesse inteso regalarglielo, disse:
'Alla grazia, faglielo pagare. Costa caro'. Il cameriere arrossì di vergogna
eseguendo questo ordine, e le povere monache, con l'aiuto del loro cappellano,
riuscirono a raccogliere tre onze ».
Un altro suo Primo Ministro, il Medici, toscano, aveva le
idee chiare sui napoletani (pag. 720):
“Lasciateli rubare e poi ne farete quel che volete”.
Necessità reali (pag. 146):
“Quando
il Re ha consumato un lauto pasto e sente il bisogno di ritirarsi, comunica la
sua intenzione ai gentiluomini di servizio presso di lui, e sceglie quegli
individui che per speciale favore possono rimanere con lui. «Ho ben pranzato»,
egli dice, mettendosi la mano sul ventre, «adesso bisogna una buona panciata».
Allora le persone scelte accompagnano Sua Maestà, gli stanno rispettosamente
attorno e lo divertono colla loro conversazione mentre egli attende ai suoi
bisogni»”.
Tale onore toccò anche all’Imperatore d’Austria. Scrive
ancora Acton (pag. 157):
“L’Imperatore (d’Austria,
ospite a Napoli, nota mia) riferisce che, “mentre Maria Carolina cantava al
clavicembalo dopo cena, egli ci pregò di tenergli compagnia mentre stava seduto
sul vaso. Lo trovai sul suo vaso con i calzoni calati, circondato da cinque o
sei valletti, ciambellani ed altri. Facemmo conversazione per più di mezz’ora,
e pensavo che egli sarebbe stato ancora là, quando una terribile puzza ci
convinse che tutto era finito. Non mancò di darci tutti i dettagli, e voleva
anzi perfino mostrarceli, poi senza complimenti, coi calzoni calati e col
puzzolente vaso in mano corse dietro a ue dei suoi gentiluomini, che se la
squagliarono. Io me ne andai”,
Bisogni reali, da perfetto re napoletano. Ovvero,
l’immondizia napoletana è congenita e di nobilissime origini.
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