bella 88

COSI' DICE LA STAMPA (Ottobre 2013)

Settant'anni fa, l'armistizio di Badoglio aveva un mese di vita e, nel Nord dell'Italia, dilagavano le truppe tedesche. Purtroppo, ad Est, si verificavano fenomeni di pulizia etnica contro gli italiani.
      Il quotidiano torinese LA STAMPA, coll'enfasi del caso e tenendo conto della censura, il 21 ottobre 1943 pubblicava il seguente articolo:

"""""Inaudite barbarie delle bande nel Friuli e nella Venezia Giulia

Infauste conseguenze della capitolazione di Badoglio - Intere famiglie massacrate - Sevizie, soprusi e violenze - Triste connubio tra banditi e comunisti. Una corrispondenza da Gorizia al Giornale Radio così descrive le dolorose giornate vissute dalle popolazioni del Goriziano e della Venezia Giulia dopo il tradimento di Badoglio. La leggenda diffusa e artificiosamente gonfiata dalla propaganda anglo-americana che i banditi slavo-comunisti, più comunemente fatti passare per patrioti jugoslavi, fossero della brava gente, sensibile alle più umane espressioni dello spirito e della pacifica convivenza dei popoli, è stata definitivamente, irrimediabilmente sfatata ad opera di quegli stessi elementi che, gloriandosi di appartenere alle suddette bande irregolari, si sono macchiati a usura di infamie e di crimini che il tempo difficilmente potrà cancellare. La provincia di Gorizia, in particolare le zone del Carso triestino e dell'Istria, hanno avuto in quest'ultimo scorcio di tempo abbondante dimostrazione della barbarie di cui si sono dimostrati capaci i banditi jugoslavi.

Violenze e massacri
      Da questo osservatorio goriziano dove, più che altrove, le popolazioni italiane hanno subìto l'oltraggio della ciurmaglia comunista e dove le molte vittime mietute dalla sete di rappresaglie e di vendetta testimonieranno anche nel tempo la criminalità e brutalità di figuri che le radio nemiche facevano passare per gente per bene; da questo osservatorio è possibile fare oggi, dopo il ristabilimento dell'ordine operato dalle truppe di occupazione tedesche, un sereno e sommario esame delle drammatiche vicissitudini della prima quindicina del settembre scorso. Neutralizzati, per la viltà di alcuni comandanti badogliani, quasi tutti i poteri dell'ordine, la città di Gorizia ebbe la mortificazione di vedere percorse le sue strade da figuri di ogni risma che menavano gran vanto di ostentare nei loro cortei ampi drappi riproducenti i colori della Jugoslavia, contrassegnati da marcate stelle rosse, dimostrazione palese del connubio ormai deliberatamente rivelato esistente tra i cosi detti patrioti jugoslavi e il comunismo. Le carceri furono aperte e torme di uomini abituati al saccheggio e alla profanazione invasero la città portandosi quindi, quasi senza che vi fosse opposizione alcuna da parte del militari rimasti ancora in servizio d'ordine, in Piazza del Duomo dove, appostate a semicerchio alcune mitragliatrici, fecero esporre dalla finestra centrale della sede della Questura la bandiera jugoslava. L'italianissima popolazione di Gorizia, ferita nel proprio patriottismo, insorse contro tale brutale provocazione e immediatamente un corteo, formato anche da numerosi studenti e donne, organizzò una contro dimostrazione invadendo la piazza con migliaia e migliaia di bandierine tricolori e riuscendo a issare sul balcone della Questura, in luogo dei drappi esposti dai partigiani, la bandiera d'Italia. Intanto da altri posti di blocco della periferia migliaia e migliaia di banditi, che avevano fatto saltare alcuni ponti e interrotto lunghi tratti di binario, si organizzavano per entrare in città e porla sotto il loro controllo. Cominciarono i saccheggi dei magazzini e si compiva ogni atto di violenza e di vendetta contro elementi italiani. A Sottovolta un'intera famiglia, composta di nove persone, venne massacrata con le armi per essersi opposta alla spogliazione dei suoi beni. Il barbaro delitto venne consumato sotto gli occhi di una giovinetta, che per otto giorni visse accanto ai cadaveri dei propri cari trucidati. A Prevacina veniva passata per le armi la famiglia del possidente Giovanni Brio, la cui figlia inutilmente chiedeva pietà ai sicari che lai spingevano verso un bosco con i fucili mitragliatori spianati.
       Dopo ogni sorta di soprusi e di violenze compiute contro quella popolazione, i banditi catturavano, portandoli poi via come ostaggi, il direttore delle miniere di mercurio, ing. Ricci, il podestà, dottor Basile, il segretario comunale e altri cittadini, sulla sorte dei quali si nutrono oggi ancora legittime apprensioni. A Boccavizza certa Raffaella Ursic in Gallai, di 35 anni, è stata fucilata sulla piazza per avere negato dei viveri ai banditi. Non meno pietosa è l'odissea di un ufficiale a riposo, il quale, catturato dai ribelli durante una gita sul Colilo, è stato legato con grosse funi a un albero e sottoposto a ogni sorta di sevizie. Potè salvarsi unicamente perchè i due ceffi posti a guardia della sua persona, ubriacatisi nel corso della notte, si erano addormentati. L'ufficiale, che era stato abbandonato ai piedi di un albero con le mani e i piedi legati, dovette fare carponi attraverso il bosco oltre due chilometri di strada prima di raggiungere una frazione abitata e liberarsi dal groviglio delle funi. Quando ritrovò la libertà di movimenti il suo corpo era completamente piagato e segnato da escoriazioni dalle quali uscivano rivoli di sangue.

Saccheggi e distruzioni
       Nel quadro delle infamie non mancano le fucilazioni e impiccagioni di elementi che altra colpa non avevano se non quella di avere apertamente provata la loro italianità Quanto alle violenze e ai soprusi, i banditi incrudelirono in ogni forma contro le popolazioni del Carso triestino; di Pinguente, di Capodistria, di Pisino e di altre località, che dovettero sopportare 25 giorni della brigantesca occupazione. Essi issarono bandiere con la stella rosea sul municipio e sul campanile del duomo, che mai avevano dato al vento altro vessillo che non fosse il tricolore Italiano. Otto persone, ritenute per nobiltà di sentimenti e fermezza di propositi, capaci di compromettere la nuova situazione creata dalle orde dei ribelli, furono dapprima imprigionate e quindi affidate al plotone di esecuzione.
      Questo, a brevi tratti, è il penoso travaglio che la Venezia.Giulia e parte del Friuli hanno vissuto nei giorni dolorosi del settembre scorso, quando, favorita dal tradimento di Badoglio, la marea dei banditi, dietro alla quale agivano i tentacoli del comunismo, si protendeva come una minaccia incombente verso le pacifiche popolazioni italiane, nell' illusoria speranza di poter stabilire la sua dominazione in terre che, per rivendicare la loro italianità, costarono alla Nazione tanto sangue generoso e offrirono i più luminosi olocausti. Ma i valorosi soldati tedeschi, affiancati dalla parte sana dell'esercito che ha immediatamente reagito all’infame tradimento di Badoglio schierandosi dalla parte dei cavallereschi alleati, sono giunti in tempo a salvare l’italianità di queste terre e a difendere con le armi contro chicchessia le tenaci e laboriose popolazioni, che hanno ripreso la loro vita nel segno di una Patria decisa a risollevarsi dall’onta patita per il tradimento di un re e di un generale che vollero portare l’Italia verso la rovina."""""

Indietro
Lettera successiva
Torna all'indice
Torna a BELLA ITALIA