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COSI' DICEVA LA STAMPA CUNEESE 70 ANNI FA (Gennaio 2014)

Continuando la lettura di IL PIEMONTE REPUBBLICANO, trisettimanale della Repubblica Sociale pubblicato a Cuneo e fattomi conoscere dal dott. Roberto Martelli della Biblioteca Civica di Cuneo, stralcio tre notizie (fra le tante) che rendono l'idea di ciò che pubblicava la stampa di regime in quel periodo e anche di com'era difficile e triste la vita.

"""""LE TABELLE ALLE PORTE DI CASA (Il Piemonte Repubblicano - 4 gennaio 1944)

La Podesteria notifica che entro il 10 gennaio p.v. dovrà essere adempiuto, da parte dei capifamiglia, al disposto del Commissario Prefettizio, relativo all’obbligo di affiggere all’ingresso di ogni alloggio una tabella-scheda nella quale sia indicato il numero degli inquilini, con la precisazione per ciascuna persona delle generalità, luogo di nascita e professione.
      Dopo il 10 gennaio verranno effettuati opportuni controlli e contro gli inadempienti si procederà a norma di legge."""""

Questo mi richiama alla memoria l'estate del 1944. Io ero dai nonni a Monforte d'Alba, dove mia nonna Ginotta vendeva un po' di latte (aveva una sola mucca...). Maria, una vicina di casa sui 25 anni, venne a prendere un quartino di latte e, in quel momento, irruppero in casa due soldati tedeschi a controllare le tabelle coi nomi degli inquilini. La Maria nell'elenco non c'era, ma, mostrando la bottiglietta col latte, fece capire il motivo della sua presenza. La cosa era più complicata per la mia presenza (avevo 10 anni); cercavano il padre e si facevano capire, ma parlavano solo in tedesco. Mio padre, ovviamente, era a Novello dove insegnava, ma come spiegare la situazione in italiano a chi non capiva l'italiano? Essi credevano che fossi figlio della Maria e insistevano per sapere del marito. Maria continuava a dire che non ero suo figlio e, per far vedere che non era nemmeno sposata, mostrò l'anulare sinistro senza anello. Quelli equivocarono e cominciarono a far risate e battute grasse fra di loro come per dire: hai fatto l'uovo fuori dal nido! Mia nonna insisteva a spiegare che non era così, ma Maria, con la praticità tipica dei langaroli, la interruppe dicendo: "No, Ginotta, lascia che credano quello che vogliono, basta che se ne vadano!". E se andarono. Bisogna dire che erano corretti, della Wermacht (l'esercito regolare), non delle SS nè della terribile brigata repubblicana "Muti"..

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Per denigrare chiunque si opponesse al regime fascista, la stampa governativa spacciava per partigiani tutti i banditi e malfattori comuni. Eccone un nutrito esempio.

"""""LE PRODEZZE DEI "RIBELLI" (da Il Piemonte Repubblicano - 8 gennaio 1944)

Furti, grassazioni e violenze a Peveragno, Castelletto Stura, Borgo S. Dalmazzo e Robilante
      Le ribalderie, gli atti di violenza ele terroristiche spoliazioni che caratterizzano la criminosa attività dei fuori-legge annidati su!le pendici della zona montana, hanno avuto una nuova manifestazione a Peveragno il 30 dello scorso mese di di¬cembre.
      Alla periferia di quel comune rurale un gruppo di «ribell » in grigio-verde, armati fino ai denti, giungeva in camion a sera inoltrata presentandosi con perentorio atteggiamento di intimidazione ai contadini Grosso Giuseppe, Dalmasso Mario, Pellegrino Giuseppe e Toselli Giovanni, che abitano con le loro famiglie in attigue case coloniche. Tenendo i disgraziati sotto la minaccia delle armi, i malviventi ingiungevano loro la pronta consegna di 104 quintali di grano e di un suino dal peso di 145 chilogrammi; quindi, fatto il carico del bottino razziato del quale rilasciavano ai derubati una ricevuta, si allontanavano verso ignota destinazione.
      — A Castelletto Stura altri ribelli la sera del 30 hanno costretto il magazziniere Bongiovanni Vincenzo a consegnar loro 18 sacchi di grano, 4 di meliga prelevati dall'ammasso locale ed un suino.
      —- A Borgo San Dalmazzo, entrati nel magazzino deli'Opificio, hanno asportato cuoio per molte lire.
      — A Robilante essi hanno affrontato il messo comunale Giordanengo, sotto l'accusa di essere fascista, e sottratte 5000 lire in una sua custodia da versare alla cassa comunale; una pistola con cinturone; obbligato a distruggere la foto del figlio in uniforme dell'Opera Balilla.
      — A Bonvicino un gruppo di ribelli ha aggredito a mano armata, — nella sua abitazione — il settantenne Maglio Lorenzo fu Giuseppe il quale è stato costretto con minacce a consegnar loro 1250 lire e rifornirli di provviste alimentari.
      La cronaca nera deve ancora registrare nuovi atti di banditi perpetrati daì cosiddetti ribelli che dietro una maschera dì patriottismo vorrebbero nascondere la loro natura di volgari c comuni delinquenti.
      E' ormai chiaro ad ognuno nessuno che sia animato da nobile ideale, da passione e amor patrio può asservire (illeggibile) criminosi.
      E' di ieri l’appello al patriottismo e alla ragione lanciato dal Capo della Provincia, che ha stigmatizzato l'azione di questi sbandati e il male che essa fa alla Patria già tanto martoriata. Noi vogliamo sperare che esso abbia una giusta eco nel cuore di tutti coloro ai quali ancora preme la salvezza della Patria, che trovi una rispondenza nella mente non oscurata degli onesti, degli uomini in buona fede, e che siano appunto questi a sentire tutta la vergogna di appartenere ad una fazione che fa del reato comune un sistema di vita. Se vi sono fra gì sbandati politici e morali, dei veri soldati, amanti della Patria, e fieri delle tradizioni del nostro popolo, del nostro Esercito, essi non potranno non riconoscere la carità di Patria che ispira, in piena lealtà, l'appello lanciato dal Capo della Provincia, e non potranno che deplorare questi crimini di cui è vittima, sempre e soltanto, il popolo italiano.
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Qui si tratta di un conflitto a fuoco fra partigiani e forze dell'ordine del regime. I partigiani uccisero un carabiniere, ma uno di essi fu arrestato e, naturalmente, spacciato per ladro di cavalli (come nel Far-West!).

"""""Una condanna a morte per atti di banditismo (da Il Piemonte Repubblicano - 15 gennaio 1944)

Il Comandante Militare Germanico comunica che il giorno 9 gennaio 1944 è stato condannato a morte per detenzione abusiva di armi Ballario Giovanni, nato il 9-12-1918, celibe operaio in Vottignasco. La condanna è stata eseguita mediante fucilazione il giorno stesso.
      Il Ballario, armato di pistola, capeggiando un piccolo gruppo di ribelli, s’introdusse nella cascina di un contadino italiano per asportare con la forza 2 cavalli con relativi finimenti e carri. Sorpreso sul fatto dai Carabinieri i ribelli aprirono il fuoco ferendo mortalmente un Carabiniere."""""

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