Forse, i politici non si rendono conto - o non sono interessati all'argomento - che la maturità di un cittadino dipende molto dalle conoscenze che lo stesso ha del pensiero umano. Dipende anche dall'esempio quotidiano offerto dal popolo e, in primis, dai politici stessi. Ma limitiamoci alla maturazione culturale. Una statistica recente, ha riscontrato con raccapriccio (almeno, mio; non so se anche di chi comanda) che i giovani, quarant'anni fa, conoscevano almeno 6000 parole; oggi, ne conoscono in media 600 e ne usano meno di 300. Che cosa manca? La lettura, solo la lettura. Ma di libri, non soltanto di fotoromanzi o frasi "social" che non superino 280 caratteri.
E' solo un'eclissi (sostantivo femminile; lo dico per i giovani che conoscono solo 600 parole)? Sarà un fenomeno temporaneo, di 40-50 anni? Mah, mi viene qualche dubbio.
Ci lamentiamo dell'immaturità civica (non dico etica, per non essere tacciato di moralismo), ma facciamo qualcosa per migliorare la situazione? Secondo me, la Scuola dovrebbe avere un ruolo fondamentale, dopo la famiglia, per la maturazione del giovane. Ma occorre che sia una Scuola seria, onesta, preparata, scevra da pregiudizi, coraggiosa; soprattutto coraggiosa.
Coraggiosa, vuol dire che tenga a bada i genitori, spesso invadenti, se non arroganti; che non abbia paura dei T.A.R. e di quello che combinano; che ami il singolo individuo a lei affidato.
Leggo ed analizzo, con perplessità, i provvedimenti governativi di questi ultimi tempi e mi chiedo: servono a far maturare il ragazzo, a ridurre il bullismo, a stroncare l'istinto di distruggere e di sentirsi legittimati ad ogni azione che compiano? Noi stessi siamo stati vittima ed ora causa di un'educazione del genere; cerchiamo di evitare di pagare l'IVA, viaggiamo in doppia fila anche dove c'è il divieto di sorpasso, bariamo su tante piccole transazioni commerciali; insomma, siamo di cattivo esempio.
Mi aspettavo, dal nuovo governo, un impulso a nobilitare la scuola, ad incrementare la formazione mediante la conoscenza del pensiero del mondo, di tutto il mondo, il che vuol dire "storia e filosofia" (lo so che sono noioso). Invece, ho l'impressione che il governo cerchi solo consenso: nei genitori, alleggerendo lo zaino e cose del genere; negli alunni, rendendoli inconsapevoli, legittimati e sempre giustificati in ogni loro comportamento, lasciandoli sfogare comunque, negando la conoscenza dei risultati altrui, in modo che nessuno sappia se sia il primo o l'ultimo della classe; nei docenti, preoccupandosi soprattutto dei loro stipendi (cosa da farsi in silenzio, equiparandoli allo standard medio dei docenti europei), della loro assunzione in ruolo, indipendentemente dalla comprovata preparazione (a quando solo concorsi scritti e orali e basta, niente titoli o anzianità di servizio?).
Sono cose dure, ma indispensabili, se vogliamo una classe docente che faccia maturare. Ad esempio, la presenza di precari (così si chiamano ora i supplenti) non sarà mai eliminabile nella scuola; ci sarà sempre la docente che manca, per maternità o per malattia o per altro, e la classe non va mai lasciata scoperta. Ciò non succede nei settori amministrativi, dove la mancanza di una persona è supplita colla fatica - spesso veramente dura - dei colleghi o col ritardo di certe operazioni seriali. Perciò, quanto sento chi sbraita perché bisogna eliminare i supplenti nella scuola e sostiene di averne il toccasana, mi vengono pensieri cattivi: o è in malafede o non sa niente della Scuola; allora non ne parli e stia lontano da essa.
Si reintroduce lo studio dell'educazione civica? Ben torni. Ma non deve essere l'arido indottrinamento degli articoli della Costituzione; è necessario far meditare sulle piccole e grandi violazioni delle leggi dello Stato che quotidianamente essi, i loro genitori, tutti compiono (anche noi). Se non si smonta il mito della furbizia, si chiacchiera e basta.
Non tutti i ragazzi possono maturare allo stesso livello, ma un conto è la pura maturità scientifico-culturale ed altro conto la maturità civica, che mi ostino a definire etica o morale. Perciò, netta distinzione fra ciò che discende dagli antichi licei e ciò che mira semplicemente ad una seria preparazione al lavoro. In questo secondo caso, l'insegnamento migliore è il comportamente dell'insegnante: coi ragazzi, di ogni età, non si bluffa facilmente.
Nel primo caso, si ritorni alla lettura, tanta, quotidiana, amata; ma si leggano si meditino la storia, il pensiero filosofico, gli scritti (che ora dicono noiosi) di quanti esprimono pensieri, a cominciare dalle tragedie greche (tradotte, ovviamente), ai classici mondiali, ai tanti moderni che non scrivono solo per fare cassetta.
Immagino la montagna di opposizioni che le mie parole provocheranno dai miei dodici lettori, ma le sopporterò pur di dire ciò che ritengo verità.
Per ora, illudiamoci che l'andazzo corrente sia un'eclissi...