No, non è il famoso valzer, è la mia sconsolata decisione.
Cari lettori, questa è l’ultima volta che, aggiornando il sito, aggiorno anche la pagina sulla Scuola. Da anni, non vedo la Scuola migliorare, come speravo, e ritengo inutile continuare a scrivere su un’istituzione che è lasciata in balia della deriva.
Chiudo, dopo aver letto L’AULA VUOTA, di Galli Della Loggia, del cui libro mi permetto di trascrivere quanto in retrocopertina e nel risvolto.
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Nel risvolto (in corsivo):
“Grazie non poco alla sua scuola — in particolare grazie alle sue maestre che per prime affrontarono l`ignoranza nazionale — l’Italia del Novecento, partita da condizioni miserabili, arrivò a essere tra le principali economie del mondo. Ma oggi quella stessa scuola è lo specchio del declino del paese. Abbandonata dalla politica con la scusa dell’autonomia, essa appare sempre più dominata dal conformismo intellettuale, da un’inconcludente smania di novità e da un burocratismo soffocante che ne stanno decretando la definitiva irrilevanza sociale. Ernesto Galli della Loggia cerca di comprenderne le ragioni sullo sfondo della nostra storia indagando le origini e l’impatto, deludente quando non distruttivo, che hanno avuto le riforme succedutesi negli ultimi decenni e smontando le interpretazioni più convenzionali su cosa fecero o dissero veramente personaggi chiave come Giovanni Gentile e don Lorenzo Milani.
Chi l’ha detto che cambiare sia sempre meglio di conservare? E che la prima cosa sia necessariamente di sinistra e la seconda di destra? Il libro mette sotto accusa i miti culturali responsabili della crisi attuale: l’immagine a tutti i costi negativa dell’autorità, l’obbligo assegnato alla scuola di adeguarsi a ciò che piace e vuole la società (dal digitale al disprezzo per il passato), la preferenza del «saper fare» sul sapere in quanto tale, la didattica «attiva» e di gruppo.
Altrettanti ideologismi che sono serviti a oscurare il ruolo dell`insegnante, la misteriosa capacità che dovrebbe essere la sua di trasmettere la conoscenza e con essa di assicurare un futuro al nostro passato.”
Nel retro di copertina (in corsivo): «Per anni non ci siamo accorti di quanto stava accadendo sotto i nostri occhi. Non ci siamo accorti di come, pezzo dopo pezzo, venivano smontate e gettate via parti decisive di quella scuola dove la maggior parte di noi è cresciuta e si è formata. Parti che venivano sostituite con materiali fasulli, conditi di propositi tanto altisonanti quanto in sostanza vuoti, che ogni volta lasciavano le cose un po’ peggio di prima»,
“Interrogarsi sulla scuola, da sempre una creazione della politica, è forse l'unico modo per raccontare la modernità del nostro paese e il suo declino.
Da uno dei maggiori storici italiani un’analisi non convenzionale sul ruolo della triade Scuola-istruzione-cultura dall’Unità a oggi”.
Suggestionato dalla recensione (una pagina…) sul Corriere del citato libro, lo comprai ed in breve ne terminai la lettura. E’ ideale per combattere l’insonnia, ma è interessantissimo.
Illustra analiticamente la situazione della nostra scuola, da cent’anni in qua, partendo dalla distinzione fondamentale fra istruzione ed educazione. Concordo con quasi tutte le affermazioni dell’autore, malgrado i suoi contorsionismi letterari. Ho perplessità quando combatte l’autonomia; sembra che combatta l’autonomia in generale, mentre si riferisce a quella di cui gode ogni singola scuola. A quella regionale sono favorevolissimo, se si tratta di una vera autonomia, tipo lander tedeschi o stati U.S.A.
Tornando al libro, è uno specchio fedele della scuola italiana (e non solo) e penso che dovrebbe essere meditato da tutti gli insegnanti e dai politici di ogni grado. Ma ho dei dubbi che ciò avverrà. Mi piacerebbe sapere, fra un anno, quale sarà stata la sua diffusione.
Mi aspetto recensioni feroci, come quella di un affermato professore di Liceo che, come fiore all'occhiello, ha la frase "Be’, si sa, la predella sotto la cattedra altro che di destra, è praticamente l’anticamera del Terzo Reich." Vale a dire: se non la pensi come me, sei fascista. In tal modo, convalida la tesi di Galli della Loggia. Eppoi, lo stesso contestatore fa le pulci ad ogni frase e non dice la sua opinione concreta su un progetto scolastico che distingua conoscere da educare. Insomma, mi pare uno di quei laureandi che fanno consistere l'essenza della tesi nella ponderosa bibliografia, spesso indice di mancanza di un pensiero proprio da esprimere.
Peccato, però, che il Galli Della Loggia, strenuo difensore – fra l’altro – della lingua, come il dottor Mieli (due delle tre penne che leggo sempre con assiduità), scriva “roboante”. Ma, ormai, anche alcuni dizionari moderni lo accettano, come è accettato il te soggetto nel titolo di una trasmissione televisiva di successo (io e te). E’ la legge del banchiere Thomas Gresham, teorizzata nel XVI secolo, che prova che la moneta cattiva scaccia quella buona. Similmente, la parola errata scaccia la corretta, la scuola cattiva scaccia la buona.
Per tirarmi su il morale, chiudo con una insignificante (forse) piccolezza: io rimango fedele a Pippo Franco che, nella sua poesia comica “Hai stata tu”, non ha nemmeno pensato di scrivere “Hai stata te”, come farebbero oggi molti cantautori e molte persone che si occupano di Scuola.
Addio, amati lettori della mia pagina sulla Scuola!