SOSTENERE I DIRIGENTI "EFFICACI ED EFFICIENTI" - (Aprile 2019)

      Ho l’impressione che, in questi ultimi tempi, i dirigenti scolastici siano lasciati un po’ a se stessi, al motto di: ognuno si dia da fare per mandare avanti la propria scuola.
      Può darsi che sia un bene, ma non è detto; tanto dipende – oltre che dai finanziamenti – dalla capacità del singolo. Tutti conosciamo dirigenti che fanno funzionare il proprio istituto in modo ottimale, profondendovi non solo energia, ma soprattutto capacità. Ma c’è il punto un po’ debole: sono tanti, non tutti.
      Come vengono scelti? Premetto che mi riferisco ai dirigenti scolastici, ma lo stesso vale per i dirigenti amministrativi (come ero io). C’è un concorso, si dirà, come per i docenti. Ma dopo? Siamo sicuri che il dirigente, tale perché ha superato il concorso, abbia poi le specificità per svolgere la sua missione con “efficacia ed efficienza”, come ripeteva sempre un ministro?
      Come è delicato il controllo del dirigente scolastico per valutare la vera idoneità del docente, così è ancor più delicato il controllo del superiore per valutare la capacità didattico-organizzativa del dirigente scolastico.
      Il guaio è che il controllo sulla capacità sale di grado in grado, sino al vertice, sino al Ministro. E oltre.
      Mi soffermo solo su un aspetto che può falsare la valutazione di un dirigente: la politica.
      Fino ad un certo periodo, noi funzionari ministeriali (anche se in periferia) non ci siamo mai preoccupati del colore del ministro, perché non vi era alcuna ricaduta politica sul nostro comportamento. Il ministro poteva essere bravo o meno bravo, ma non utilizzava mai la politica in modo spicciolo; seguiva la sua teoria com’era logico e noi mettevamo in pratica le direttive, condividendole o meno. Poi, mi pare con Craxi (rectius: col partito di Craxi) le cose cominciarono a cambiare leggermente, ma continuamente. Narro un fatto, accadutomi negli ultimi anni novanta, quando ero sull’orlo della pensione.
      Ci fu una delle tante riforme dell’esame di maturità, con uno dei tanti (e soliti) movimenti di protesta contro l’operato. Il Ministro, che doveva venire in Piemonte, ma non nel mio ufficio, seppe che era programmata una contestazione studentesca al suo arrivo e pensò bene di mutare improvvisamente sede, capitando col suo seguito nel mio ufficio, avvisandomi con due ore di anticipo.
      Fu ricevuto, con i suoi quattro segretari al seguito, e s’informò della situazione piemontese in riferimento al nuovo esame di maturità. Gli chiesi se gradiva qualcosa per dissetarsi e, al suo assenso immediato, mandai due impiegati al vicino negozio, dove si caricarono di birre, aranciate, salatini, involtini e qualcos’altro; il tutto – per non fare brutta figura – al consumo. Si pensava di restituire parecchia roba, invece, in due ore, spolverarono tutto. Al Ministro non venne nemmeno il dubbio che, non avendo il mio ufficio fondi per spese di rappresentanza, qualcuno di tasca avrebbe pagato. Ma i ministri sono superiori a queste cose venali.
      La sorpresa venne quando chiese come andava l’avvio di quel nuovo sistema di esame di maturità. Gli fu risposto – ed era la verità – che non c’erano problemi, anche se un paio di presidi, pur applicando tutto fedelmente e tempestivamente, avevano manifestato la loro poca convinzione nella validità del nuovo sistema. Mi pareva cosa ovvia; anche le mie circolari non erano sempre condivise, ma non per questo i dirigenti scolastici non facevano il loro dovere.
      Invece, per il Ministro, era cosa grave, perché non bastava obbedire, ma bisognava pensarla come lui. Chiese subito i nomi dicendo ad un suo segretario: "prenda nota, li trasferiremo altrove, senza motivazione, la legge lo permette". Gli fu osservato che aveva troppa fretta; i dirigenti amministrativi potevano essere trasferiti in qualunque momento senza motivazione, ma i presidi sarebbero diventati dirigenti solo pochi mesi dopo, all’inizio del nuovo anno scolastico. Non lo erano ancora e i nomi non gli furono forniti.
      Mi fece paura l’uso dell’ideologia politica nella pratica dell’amministrazione statale. Eppure, era un barone universitario, che aveva sempre in bocca tre punti:
      1) - I dirigenti possono essere trasferiti senza motivazione (e lo so bene, perché, senza mai sapere ufficialmente il perché, fui trasferito senza motivazione da Cuneo a Torino);
      2) - Ciò che non è vietato è permesso (superando la differenza tra divieto scritto e divieto interpretativo);
      3) - L’attività amministrativa deve rispondere a criteri di efficacia ed efficienza (conoscendo certamente la distinzione dei due termini).
      Può sembrare un aneddoto, ma dimostra la difficoltà nella valutazione delle persone; era uno dei punti che mi faceva venire più scrupoli, perché mi costringeva sempre a dover prescindere dalle mie convinzioni. Lo so che è difficile, ma è possibile, se si ha capacità e coscienza.
      Faccio notare ancora che parlo di eventuali errori di valutazione compiuti in buona fede, per troppo attaccamento alle idee (soprattutto politiche) personali. Non mi riferisco ad eventuali valutazioni di lassismo (quieta non movere...), oppure prese per merito del “compare attivo”, come si diceva di certe promozioni.
      Concludo: la valutazione dei dirigenti scolastici (al di là del concorso) deve essere atto delicatissimo, fatto con tanta conoscenza, tanta onestà, tanta competenza.
       E, qualunque ne sia l’esito, nell’interesse della Scuola, non deve restare sulla carta (nel fascicolo, come si dice).

Indietro
lettera successiva
torna all'indice
Torna a BUSSETTI