Giustamente, il problema interessa studenti, genitori, insegnanti, amministratori e contribuenti, ma bisognerebbe esaminare le cose con più freddezza.
Prendo lo spunto dalla notizia che il 2 dicembre scorso un gruppo di genitori e cittadini si è riunito nella Sala conferenze della Scuola Elementare Luigi Einaudi di Cuneo per dare vita a un comitato a difesa del diritto all’istruzione dei ragazzi e la tutela delle condizioni necessarie al suo adempimento.
L'iniziativa è lodevole, partendo però dal presupposto di una forte competenza didattica di chi la maneggia. Ho avuto l'impressione che i motivi principali addotti a sostegno della settimana corta siano "tutti i disagi che ciò comporterebbe a famiglie e studenti, e le maggiori spese a cui sia andrebbe incontro" nonché il "taglio “selvaggio” delle linee di trasporto pubblico senza valutarne la ricaduta sul territorio". Ci vedo poco di ragionamento didattico; l'impatto didattico- educativo viene liquidato con un apodittico "a discapito della qualità didattica".
Ora, se ci occupiamo della scuola, occorre che miriamo soprattutto alla qualità della scuola; gli strumenti materiali necessari saranno curati dalle amministrazioni locali, con tutti i limiti di disponibilità che conosciamo.
Io ringrazio sempre il Ministero che, per migliorare continuamente la mia formazione, mi fece soggiornare periodicamente in alcune scuole europee: Francia, Spagna, Lussemburgo, Olanda e mi fece avere lunghi contatti con Austriaci, Danesi e Giapponesi.
Mi limito a parlare delle secondarie di 2^ grado, perché sono quelle che più conobbi. Ho notato che quasi ovunque la settimana è strutturata su cinque giorni, cosa che, per ora, in Italia non può essere generalizzata.
Infatti, dove si va a scuola alle 8,30 e si esce alle 16,30 non si è mai abbandonati. Ci sono le ore di lezione, c'è la ricreazione, c'è il pranzo per tutti (a modico pagamento, ma, per evitare ineguaglianze sociali, nessuno può portarsi il panino) e c'è, soprattutto, sempre la vigilanza. Le ore di lezione, saggiamente, non sono uguali per tutti i tipi di scuola, ma l'ora di entrata e di uscita è uguale per tutti. Ciò comporta una facilità nei trasporti, ma un terribile aggravio di spesa per il personale scolastico.
Al momento, in Italia non si può fare altro che lasciare l'iniziativa alle singole scuole. Non essendoci la possibilità di una cura pedagogica continuata dalle 8,30 alle 16,30, si verifica, da noi, che le secondarie potrebbero avere orari di uscita diversi. Sarebbe bene che solo il carico orario di lezioni fosse ancora più diversificato, com'era in passato, e mi spiego. Come già dissi in altro articolo, è facile notare dalle statistiche che chi proviene dal Liceo Classico riesce meglio all'Università, anche nelle materie scientifiche, Politecnico compreso. Non è che siano più intelligenti, semplicemente sono stati allenati a studiare.
Il sogno di tanti genitori (ma non è colpa loro se non sono esperti di didattica o se, essendo al lavoro, non possono lasciare i figli soli a casa) è che il ragazzo stia tante ore a scuola, ma che a casa non abbia più compiti pesanti da fare o lunghe lezioni su cui dover meditare. Ancora pochi giorni fa, sentii un dibattito radiofonico, in cui uno psicologo, un sociologo e un pedagogo chiedevano a gran voce l'inserimento di non so quante materie nuove: educazione sessuale, educazione multimediale, educazione ecologica, educazione alla salute, eccetera, insomma: il ragazzo come testa vuota da riempire. Ho sempre pensato ai miei figli come teste grezze a cui insegnare a ragionare; perciò, accuratamente scelsi sempre le classi con meno ore (ad esempio, nelle medie, fra tempo normale, tempo differenziato, tempo pieno, attività complementari, eccetera).
Il Classico, quando fu concepito, fu previsto come propedeutico all'Università ed ebbe come scopo la formazione culturale del pensiero stimolata dall'autostima: il ragazzo deve imparare a imporsi di studiare. All'inizio farà fatica, poi si allenerà e si abituerà a studiare quattro ore al giorno da solo. Gli verrà spontaneo e naturale e continuerà all'Università.
Adesso, è andato tutto per aria; i genitori vogliono un'ora in più di questo, un'ora in più di quello, scimiottando gli altri tipi di scuola, magari a scapito di materie fondamentali ritenute poco utili, perché non produttive di immediatezza di lavoro (basti pensare alla regina del Classico, la filosofia, mutilata e stravolta).
Perciò, mettiamoci l'animo in pace: nelle condizioni attuali, la settimana corta non potrà essere generalizzata (sporadicamente, sì), perché mancano i quattrini per creare veri e propri campus; il risparmio degli autobus non basterebbe, Se si adottasse, bisognerebbe strutturarla bene, allora altro che risparmio!
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