L'alternanza è una bella invenzione, ma solo per quei tipi di scuola per cui si appalesa veramente utile; in pratica, per gli istituti professionali di tutti i tipi e per pochi altri indirizzi specialistici.
Gli studenti la bocciano, perché non sono pagati. Credono sia un gioco, a cui, se partecipi, vinci. Invece, è una frequenza obbligatoria, come una normale lezione.
Però, manca lo scopo e non giova per niente a certi tipi di scuola. Prendo l’esempio eclatante di un mio nipote, che frequenta il Classico. Nel vorticoso divenire del mondo del lavoro, non ha e non può avere (se non è figlio di papà industriale o professionista) alcuna idea sul lavoro che gli toccherà fare, dal magistrato al cerusico, dall’amministratore condominiale all’insegnante, dal piazzista al progettista, dal commesso al bancario. Sia l’anno scorso sia quest’anno fece un’”alternanza”: l’anno scorso come guida in piccolo museo; quest’anno come barista. L’anno scorso ci volle un pomeriggio per infarinarsi dei cimeli esposti; quest’anno bastò un quarto d’ora per imparare a preparare un espresso e qualche cocktail. Poi, in entrambe le esperienze, tutto filò liscio come un gioco. Appunto.
Di qui, la difficoltà di selezionare il lavoro in modo che sia produttivo di maturità, congruo col tipo di scuola che si frequenta, generatore di esperienza col datore di lavoro e con l’eventuale pubblico. Non si può andare a casaccio.
So che cosa sia scuola-lavoro o, meglio, scuola e lavoro. Al mio paese non c'erano scuole e, per frequentare il Classico, in 2^ e 3^ fui in convitto in città. Ma il convitto costava ed io frequentai quei due anni con un regolare contratto di lavoro che prevedeva sempre sveglia alle 5,30 (acqua fredda) e turni di notte. Maturai a 40 e qualche chilo, ma non mi arresi. E non ne sono pentito. Ma torniamo a noi.
Per il corpo docente, trovare il lavoro adatto al singolo studente è e sarà un travaglio non da poco; che cosa ne ricavano? Che gli studenti protestano, perché non ne hanno capito né lo scopo né l’importanza; vogliono soldi per i loro vizietti.
Ma, poi, serve cercare un lavoro adatto? Mio nipote, pur di non oziare, farebbe qualunque lavoro, pur di fare (poiein, diceva Aristotele). Ma la maggior parte non ne ha voglia. Allora (ma non sia una provocazione), non sarebbe il caso di reintrodurre la leva obbligatoria, sotto forma di servizio civile (utile) di sei mesi, con un salario simbolico ed un controllo vero? Quasi quasi...
Al momento, purtroppo, si dimostra che la Scuola (C maiuscola) non riesce ad educarli all’onestà e alla correttezza, non ce la fa a condurli alla riflessione, allo sviluppo di una capacità raziocinante che non conoscono, di cui non capiscono l’utilità, che non vogliono. Deve badare ai genitori che tutto sanno e tutto vogliono (diploma compreso); alla Giustizia che se Caio caccia una biro in un occhio a Tizio è colpa dell’insegnante che lascia usare le biro; che se in gita Bruto butta Cassio dalla finestra è colpa dell'insegnante che non conduce sempre Bruto per mano, il quale, poverino, ha dei momenti di eccitazione, eccetera.
In tale situazione, comprendiamo la frustrazione di tanti insegnanti, che si sacrificano (non tutti) nella convinzione di plasmare i giovani; che si sforzano di crearne dei cittadini nel vero senso della parola; che, di nascosto, a volte piangono nell’essere poco considerati dall’opinione pubblica e dalla maggior parte del mondo politico.
La frustrazione è segno nobilissimo di coscienza che soffre per non poter fare l’impossibile.
Cerchiamo tutti assieme, semplici uomini della strada e potenti governanti (o aspiranti tali) di considerare con più attenzione il mondo della Scuola, che è il mondo dei nostri figli e dei nostri nipoti.