ALLEVARE ROBOT? (Marzo 2018)

 

      Il dottor Vola, presidente della Confindustria di Cuneo, scrisse una lettera aperta a tutti i Cuneesi, trattando di scuola e lavoro. Lessi la risposta del dottor Rosa, cacciatore di teste.
      Entrambi dicono cose giuste; entrambi mi lasciano perplesso per non avere accennato al comportamento che dovrebbe tenere la Scuola.
       Vola è stato parecchio frainteso. Persone con tanto di diploma applaudirono, perché aveva scritto al sindaco (ma sanno leggere?) pregandolo di divulgare la sua lettera nelle scuole e, soprattutto, pregandolo di invitare i giovani ad iscriversi all’Istituto Professionale. Vola era corretto; si limitava ad esporre la situazione delle nostra Provincia per quanto riguarda l’offerta l’attuale (ripeto attuale) di posti di lavoro di categoria media-bassa. Ed è la verità; alla Confindustria non interessano i dotti, ma i pratici; non interessano le aperture mentali, ma le capacità tecnico-professionali; non interessa nemmeno il comportamento civico del singolo (la correttezza, avrebbe detto mio nonno), ma la prontezza nell’attuare le legittime direttive del padrone (non è un brutto termine, è la verità).
      Insomma, era lo specchio attuale del mondo locale e ben venga un’analisi del genere. Ma sia presa per quello che è e soprattutto per quello a cui mira: la crescita degli industriali, di qualunque ramo. Che per far ciò occorra più personale è secondario: non si assume per beneficenza, ma per ricavarne un utile.
      Il Rosa, da un altro punto di vista, saggiamente, fa un’esatta descrizione di ciò che potrà essere il futuro del lavoro nei prossimi anni e, sempre saggiamente, conclude arrendendosi: non si può suggerire una strada solo perché oggi è quella più richiesta. Fa un piccolo accenno all’aspetto che ritengo più importante: la necessità dell’apertura mentale nei giovani.
      Ma che cos’è l’apertura mentale? E' sufficiente dire che è la capacità di adattarsi a qualsiasi tipo di lavoro? E’ vero, ma non basta. Io provenivo da un Liceo Classico Statale, frequentato – come dissi la volta scorsa – con orario normale lavorando. Ma all’Università non potei seguire una materia scientifica (la mia passione), perché avevo bisogno che non ci fosse l’obbligo della frequenza o, per lo meno, non fosse necessaria con una certa assiduità. Ripiegai sul giuridico e non ebbi difficoltà, anche se lo interruppi parecchie volte per necessità di lavoro. Però, la scuola mi aveva formato, a cominciare dalle elementari. Nelle secondarie di 1° e soprattutto di 2° grado ebbi una visione globale del mondo, soprattutto con lo studio dei classici, della filosofia e della storia. Parlo di materie che, per mia fortuna, mi furono insegnate senza preconcetti né pregiudizi da parte di ottimi insegnanti, dove per ottimi intendo correttamente dediti ad insegnare la verità, la verità relativa a ciò che si conosce del mondo, non la loro verità personale e solo quella.
      Mettendo assieme le note del Vola e del Rosa, c’è da augurarsi che la scuola torni ad essere, per quanto possibile, la sostituta della famiglia, specie dove la famiglia non c’è, non perché manchi fisicamente, ma perché non educa alla civiltà (sempre mio nonno, avrebbe detto all’onestà).
      Abbiamo la maggioranza dei docenti che ce la mettono tutta, che amano i loro alunni ed allievi, che a volte si sacrificano, ma sono poco supportati dall’alto. Non basta che un ministro si occupi soprattutto della loro assunzione purchessia e del loro trattamento economico; bisogna che ne valuti la correttezza, la competenza, l’esempio che danno e, soprattutto, bisogna che politici e magistrati mettano i docenti in condizione di non dover sprecare almeno un terzo del tempo e delle loro energie per mantenere un minimo di disciplina, per non finire tutti i momenti nel registro degli indagati se l'alunno Paolo ha dato un calcio all'alunno Pietro. In questo campo, c’è parecchio da cambiare nella scuola, ed io ne soffro.
      Che il prossimo ministro si consulti con chi veramente sa, non solo con chi fa, qualunque cosa faccia; si ricordi che in passato, come ora in tanti Stati, il ministro è tale per l’educazione, non solo per l’istruzione.

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