Da un giornale che fa le pulci alla preparazione degli insegnanti, trovo le seguenti perle:
; - Mi hanno detto che, se mi risposerei, mi licenziano;
- E adesso uscite i quaderni;
- Passeggiando è più comodo il gelato accono;
- Sciaquone;
- Il sussidiario parla di prova del nove; che cos’è mai? (docente di matematica di ruolo).
E via discorrendo.
Di mio, aggiungo (perché letti per dovere d’ufficio):
- “bibbliotecaria”, scritto cinque volte a mano sulla domanda d’incarico da una laureata in lettere;
- “Con riserva di ogni deteriore azione”, scritto in un ricorso da un ricorrente delle secondarie in servizio;
- “Tiberio, Lucignolo, Claudio, Nerone”, elenco dei quattro imperatori succeduti ad Augusto, dettato ai ragazzi perché facessero ricerche a casa. Al consiglio del dirigente di non proporre Lucignolo (che non è un imperatore, precisò il dirigente) come trabocchetto agli alunni, la risposta fu: <“No? Eppure lo sentii nominare...”.
Da questo tipo di florilegio, un profluvio di contestazioni alla scuola (una insegnante scrisse anche “squola”) per l’evidente incapacità didattica in particolare ed evidente impreparazione culturale in generale. La conclusione del giornale era: è colpa della scuola.
Ma è proprio così?
Intanto, i docenti asini sono pochi, a fronte della maggioranza che ci mette l’animo ed un’elevata preparazione, culturale e morale, nell’impegno quotidiano. Purtroppo, però, i pochi stanno crescendo. Qualcuno è responsabile di tale crescita e dovrebbe vergognarsi, ma non la scuola e nemmeno il docente asino, che offre ciò che gli fu insegnato.
Vediamo le origini.
1) Giustamente, il giornale non riporta i nomi degli insegnanti da cui ricavò le frasi, ma avrebbe potuto almeno citare l’Università che rilasciò la laurea o, quando il caso, l’Istituto secondario che rilasciò il diploma. Questi sono gli organismi che devono vergognarsi.
2) I sindacati sono sempre orgogliosi ogniqualvolta riescono ad ottenere una immissione in servizio ope legis, senza concorso con scritti ed orali, basandosi molto sul servizio precario, comunque ottenuto, spesso casualmente, per necessità urgenti della scuola.
Chi si preoccupa per la scuola si vergognerebbe di cose del genere; i sindacati no.
Porto una nota personale. Prestai servizio di ruolo (allora era così definito) in due ministeri diversi, sempre a seguito di vincita di concorso per soli esami, con tre scritti e conseguenti orali, senza valutazione di titoli, di nessun genere. Quando si farà così anche per la scuola, sarà un gran giorno.
3) Il mondo politico che, pur di non alienarsi i sindacati, s’inchina alle richieste di leggi, necessarie per sopperire stabilmente alla carenza di docenti, ma incuranti di vagliarne appieno la preparazione, la capacità e la correttezza civica. E non si vergogna.
4) Quell’alto organismo giudiziario che praticamente impose, con sentenza, l’inclusione a pettine. Che cos’è? Spieghiamolo. Le graduatorie, le valutazioni dei titoli, financo i concorsi erano a base provinciale. Alla fine, l’inclusione in una graduatoria era valida per quella Provincia e basta, come, ad esempio, il concorso per Tecnico Comunale è valido per quel Comune e basta. Ma le Province hanno commissioni diverse e – soprattutto – criteri di valutazione diversi: c’è chi dà il voto secondo l’accertata preparazione e chi largheggia dando bei voti a tutti “per offrir loro la possibilità di un lavoro”, disse anni fa un certo organismo. Chi era iscritto in una Provincia poteva far domanda anche per altre Province, venendo correttamente aggiunto in coda alla graduatoria. Successe spesso, nei miei plurimi decenni di servizio, che parecchie graduatorie si esaurissero, dando adito all’assunzione degli accodati.
Poi, venne la sentenza: chi è iscritto in una Provincia può trasferirsi, col punteggio ottenuto nella prima Provincia, in qualsiasi altra Provincia. Commissioni lassiste in certe Province valutarono tutto a tutti, concludendo con punteggi stratosferici. Ciò andava bene quando la concorrenza avveniva fra aspiranti valutati collo stesso metro; vedano le persone oneste se va bene quando la concorrenza avviene fra iscritti in Province diverse, con diversi – DIVERSISSIMI – metri di valutazione.
Tripudio dei sindacati e niente vergogna.
Purtroppo, la conclusione è che la scuola regredisce e, se ancora galleggia, è per lo sforzo immane di tanti dirigenti, docenti e personale amministrativo che non si arrendono, convinti di compiere un dovere, orgogliosi di compierlo, pur comprendendo la situazione.
Criticare la scuola – ammesso che siano critiche in buona fede – è come criticare il generale che ha perso la battaglia in cui i nemici avevano il cannone, mentre i suoi soldati dal governo avevano avuto in dotazione la clava.