"INSEGNARE E' UNA MISSIONE" - Prima parte - (Maggio 2018)

      Trovai, nell’opuscolo stampato nel 1993 per il 25° dell’istituzione del Liceo Scientifico Luigi Cremona di Milano, il pezzo scritto dall’ingegner Gabriele Del Bene, il quale non ebbe mai rapporti organici con la Scuola, ma era il “semplice” marito di una insegnante di matematica. La sua attività, del tutto estranea al mondo scolastico, lo portò a vedere la Scuola da esterno, con occhio distaccato. La sua eterogenea formazione culturale gli suggerì il pezzo, dove, in modo accattivante e semiserio, fece 25 anni fa un ritratto profondo, serio e realistico della Scuola. In 25 anni, che cosa è cambiato?

      """INSEGNARE E' UNA MISSIONE. L'ho sentito dire tante di quelle volte che ho cominciato a pensare che nell'affermazione ci dovesse essere qualcosa di vero.
      Certo, quando la frase viene pronunciata da un insegnante al termine di un sofferto rinnovo contrattuale, generalmente il tono è leggermente sarcastico e ambiguo: in questi casi temo ci si voglia infatti limitare a sottolineare che, come per i missionari, i riconoscimenti ricevuti dagli insegnanti sono di natura esclusivamente spirituale.
      Ma a parte le occasionali ironie, l'enunciato ha ormai assunto la granitica solidità di un luogo comune condiviso da tutti, a tal punto da far pensare che esso esprima solo un frammento, o comunque una piccola parte, di una verità ben più ampia.
      Se infatti l'opera di un insegnante può essere assimilata a quella di un missionario, ci deve essere necessariamente una analogia anche fra il suo ambiente di lavoro (la scuola) e l'ambiente di lavoro del missionario, che è, di norma, una giungla o una savana abitata da tribù non ancora civilizzate.
      L'ipotesi si presenta subito molto pregnante: l'accostamento fra una scuola e una tribù primitiva che vive nella giungla rivela immediatamente sorprendenti affinità:
- come per la tribù è l'ambiente, spesso difficile ed inospitale, a modellare e condizionare la vita della comunità scolastica;
- ci sono infatti pochi o addirittura nessun collegamento fra la scuola e l'ambiente esterno;
- all'interno della scuola, come all'interno della tribù, vigono regole, usi e costumi assolutamente autoctoni, originati cioè dalla tradizione e dalla cultura locale;
- l'evoluzione è scarsa, e con andamento a sbalzi. Si ripetono per generazioni gli stessi rituali, di cui ormai si sono perse le ragioni; - le strutture gerarchiche sono elementari, talvolta incerte e di tipo più formale che sostanziale. E' frequente il matriarcato;
- la vita della scuola, come quella della tribù, si svolge attorno agli eventi collettivi, che hanno ricorrenze rigorosamente stagionali (festa del raccolto al momento degli scrutini, cerimonie di iniziazione alla maturità, feste orgiastiche primaverili durante le gite, riti assembleari, eccetera).

      Ma è facile riscontrare una ancora più vasta area di coincidenze solo se si riflette sulla varietà di personaggi che frequentano le tribù della giungla, e che non comprendono solo il tradizionale missionario.
      Le figure che esercitano un preciso ruolo nei confronti degli indigeni sono infatti anche altre: lo sciamano, l'esploratore, non di rado anche il turista capitato nei paraggi, fino a terminare col totem del villaggio che assiste immobile al frenetico agitarsi della comunità.
      Dire quindi che l'insegnante fa la parte del missionario significa semplificare molto il quadro: come esiste l'insegnante-missionario deve esistere anche l'insegnante-sciamano, l'insegnante-esploratore, l'insegnante-turista e così via.

      L'INSEGNANTE-SCIAMANO, ad esempio, è quello che meglio si mimetizza con gli indigeni, sentendosi sostanzialmente uno di loro, essendosi però eletto al ruolo di leader e esercitando il ruolo di guida con i metodi e la mentalità da essi accettati.
      Il suo rapporto con gli studenti è basato sul carisma, che egli deve alimentare con un attivismo sfrenato, in modo da mantenere continuamente agganciato a sé il gruppo, non lasciando spazio per altre iniziative che possano distrarre e disunire il gregge.
      E' generalmente intollerante verso tutte le possibili influenze di culture esterne, e riesce con questo a mantenere la coesione del gruppo, rischiando però di bloccarne nel contempo qualsiasi sviluppo critico ed evoluzione culturale.
      Caratteristica dell'insegnante-sciamano è anche quella di individuare e ricercare la solidarietà e la complicità degli altri sciamani allo scopo di tessere una efficace rete difensiva della cultura tribale di fronte all'avanzare delle culture "civilizzate".

      L'INSEGNANTE-MISSIONARIO è invece chiaramente e visibilmente (nei modi, nel comportamento, nell'aspetto) proveniente dall'esterno. E' animato dalle migliori intenzioni e cerca di capire la mentalità degli indigeni, ma considera suo dovere, oltre che opera altamente meritoria, trasmettere ad essi la sua visione del mondo, la sua filosofia, o meglio, la filosofia del mondo da cui proviene, circa la superiorità del quale è assolutamente convinto.
      Fa inevitabilmente parte del suo schema mentale quello di dividere gli alunni in due categorie: i convertiti, a cui riserva le migliori attenzioni e i pervicaci "infedeli" che, una volta esauriti i vari tentativi di metterli sulla retta via, devono essere allontanati dal gruppo in modo da evitare pericolosi contagi.
      La sua superiore dialettica e capacità di espressione fa si che solo raramente egli venga apertamente rifiutato dagli indigeni; capiterà piuttosto che si formi contro di lui una resistenza passiva e sotterranea, che esplode in aperta rivolta e in un ritorno al buon clima selvaggio di un tempo non appena viene meno la sua presenza."""

      (Seconda e ultima parte al prossimo numero).

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