Parlo malvolentieri della scuola, perché il mio è un inutile discorso stucchevole.
Ho letto tutto sui concorsi; belli, tutti belli; utili, tutti utili; ma cose già viste. Le domande, le crocette, i quiz in pratica: si saggia più l’erudizione che la conoscenza, più la memoria che la cultura. Purtroppo, non si può fare molto di diverso.
A ciò si aggiunga la valutazione dei titoli, che guardo sempre con diffidenza, dal momento che, in decenni di navigazione in tale materia, ne conosco il diverso peso, anche regionale. Inoltre, ho qualche diffidenza per le riserve dovute ad inabilità, quando si applicano a posti d’insegnamento di una certa levatura.
In molti, tanti posti di lavoro, non è richiesta una preparazione scientifico-culturale elevata, per cui ben vengano le riserve per invalidità. Ma, se penso ad un docente che insegna filosofia in un Liceo, ad un docente che insegna economia in un Istituto Tecnico o ad un docente che insegna violino in un Conservatorio , faccio difficoltà a credere che un docente riservista svolga la sua funzione meglio di un docente che, agli esami, abbia ottenuto una valutazione migliore del riservista, ma che sia stato da quest’ultimo superato in graduatoria in virtù della riserva.
Diciamo la verità, la riserva fa molto servizio sociale e cambia poco la situazione scolastica (leggere “L’Aula Vuota” di Galli della Loggia); perciò il problema è minimo.
Dove, invece, trovo una carenza non da poco, è nei programmi. Nella girandola di continue modificazioni (progetti a non finire, piani, eccetera), sono di una staticità preoccupante. Mi riferisco soprattutto alla Secondarie: tendono ad educare, termine che la Costituzione (anche se non è la più bella del mondo, con buona pace del fu don Gallo) saggiamente evitò di perpetuare, mutandolo in istruzione.
Visitai scuole in cui docenti, con diligenza e capacità, insegnavano gli articoli della Costituzione: ottima erudizione senz’altro, ma come tradurla in coscienza civica, in continua onestà personale?
Come convincere (ripeto convincere) i giovani che l’IVA va pagata sempre, come il bollo auto, come la RAI, come i diecimila balzelli che ci sono, tutti maggiorati affinché quelli che pagano siano forzati a pagare anche per quelli che non pagano?
In questo campo, nell’ultimo ventennio non mi pare che la Scuola abbia fatto passi avanti.
E mi taccio.
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