LE FOTO DA 916 A 920 (Aprile 2022)

      Tutti conosciamo l'immane tragedia dell'Ucraina, anche i reazionari di destra che sotto sotto, amando Hitler e Stalin, ora amano Putin. Ma non tutti conoscono le altrettanto crudeli tragedie di Kiev (e Ucraina) nel passato. Fra tutte ne cito una: Babe Jar.

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      916 - L’Ucraina è ora tormentata da una guerra crudele e ingiusta, che fa seguito a secoli di distruzioni e sofferenze del popolo ucraino. Da sempre soffocata dalle pretese dell’ingombrante sorella Russia, è legata alla Germania da un altalenante rapporto di odio-amore che ne segna quotidianamente le relazioni diplomatiche e commerciali.
      Nella parte nord di Kiev, si trova il luogo simbolo del terribile passato che lega le tre nazioni (Ucraina, Russia, Germania): Babij Jar, la più grande fossa comune d’Europa. Babij Jar: il suo nome in molti lo vogliono dimenticare: il 29 e 30 settembre 1941 circa 35.000 ebrei rastrellati a Kiev vi furono condotti e fucilati, i loro corpi accatastati nelle sue gole naturali; fino al 1943 furono oltre 100.000 le vittime totali, donne, bambini e vecchi, ebrei, preti e rom, disabili e prigionieri di guerra.
      Sepolto dai nazisti in fretta e furia nelle fosse comuni e per anni cancellato dal ricordo dai sovietici, quel nome tornò a risuonare nel 1961 grazie a Evgenij Evtušenko che gli dedicò la poesia “Non c’è nessun monumento a Babij Jar”, messa in musica da Dmitri Shostakovich nella “Sinfonia n.13”, ma poesia e sinfonia furono censurate da Russia e Germania. Un breve e condensato racconto di quei fatti aiuta a capire le ragioni della sua condanna all’oblio: impedirne il ricordo permise ad assassini e loro complici l’impunità. Sappiamo che i primi si rifecero una vita più che dignitosa nelle due Germanie e che a Kiev in molti fecero carriera nella nomenclatura sovietica, mentre le strade in città venivano rattoppate con le lapidi di antichi cimiteri ebraici profanati a suggello di quella sparizione.
      Quando il direttore del comitato di costruzione del Memoriale oggi esistente, ha dichiarato l’anno scorso che “Babij Jar è il luogo che più d’ogni altro simboleggia lo sforzo sovietico di cancellare l’identità ebraica”, la reazione in Est Europa non è stata delle migliori: ma come, noi russi e compagni non siamo tutti amici degli ebrei? Quel baratro con centomila cadaveri che, indecentemente solo 80 anni dopo, si va aprendo alla conoscenza del mondo a Babij Jar ci fa vedere come la politica - ieri come oggi - manipola o nasconde la verità, ridotta a semplice strumento di propaganda ideologica o politica di parte. La Shoah (che non è solo contro gli ebrei) è ovunque abusata per accusare il partito antagonista di turno o il nemico storico. E ci riferiamo ancora una volta ai due stati: Germania e Russia (e suoi accoliti). Ed ora, riepiloghiamone la storia.
      Nella foto, uno dei monumenti a Dante, simbolo dell'amore per la cultura italiana.

      917) - Babyn Jar è un fossato nei pressi di Kiev. Il luogo è tristemente noto per essere stato, durante la Seconda guerra mondiale, un sito di massacri ad opera dei nazisti ai danni della popolazione locale. Particolarmente documentato e noto fra tali massacri, fu quello compiuto tra il 29 e il 30 settembre 1941, in cui trovarono la morte 33.771 ebrei di Kiev, secondo l'elenco redatto dalle autorità tedesche. La decisione fu presa dal governatore militare, dal comandante della polizia del Gruppo d'armate Sud e da altri due comandanti truppe specializzate, coll'aiuto determinante di battaglioni delle SS e, purtroppo, con l'appoggio della polizia ausiliaria ucraina. Fu uno dei tre più grandi massacri della storia dell'Olocausto, superato solo dal massacro della Operazione Erntefest in Polonia, nel 1943, con più di 42.000 vittime e dal Massacro d'Odessa (sempre Ucraina) con più di 50.000 ebrei nel 1941. La Shoah denomina l'eccidio come «massacro della gola di Babi Yar».
      Prima del massacro, il 28 settembre 1941 i tedeschi emettono un manifesto in tre lingue (russo, ucraino e tedesco) con cui si ordina a tutti gli ebrei di Kiev di radunarsi alle ore 8 del 29 settembre 1941 nel luogo designato nella città di Kiev.
      A quel tempo, nella città risiedevano solo più 60.000 ebrei, perché 100.000 erano fuggiti quando a giugno dello stesso anno i tedeschi invasero l'Unione Sovietica. I manifesti affissi per la città recavano la dicitura seguente:
      «Tutti gli ebrei che vivono a Kiev e nei dintorni sono convocati alle ore 8 di lunedì 29 settembre 1941, all'angolo fra le vie Melnikovskij e Dochturov (vicino al cimitero). Dovranno portare i propri documenti, danaro, valori, vestiti pesanti, biancheria ecc. Tutti gli ebrei non ottemperanti a queste istruzioni e quelli trovati altrove saranno fucilati. Qualsiasi civile che entri negli appartamenti sgomberati per rubare sarà fucilato.»
      Molti dei 60.000 ebrei della comunità ebraica di Kiev consistente in anziani, malati, bambini e donne, ovvero tutti coloro che non erano riusciti a fuggire prima dell'arrivo dei nazisti, pensarono che sarebbero stati deportati. Già il 26 settembre invece, in una riunione fra i comandanti tedeschi sopra indicati si era deciso di ucciderli come rappresaglia a certi attentati del 24 settembre, ai quali gli ebrei erano peraltro estranei.
      Nella foto, mia moglie (nonni ebrei e zii fumati ad Auschwitz) di fronte alla Menorah.

-      918 - Il massacro.
      Le modalità di esecuzione del massacro di Babij Jar sono simili a quelle messe in atto in quegli anni dai reparti speciali nazisti e collaborazionisti locali anche in altre località dell'est europeo, come Ponary in Lituania, Liepaja e Rumbula in Lettonia, Bronna Góra in Bielorussia, o Gurka Polonka in Ucraina.
      Gli ebrei di Kiev si radunarono presso il cimitero, aspettando di essere caricati sui treni. La folla era tale che molti degli uomini, donne e bambini non capivano cosa stesse accadendo e quando udirono il rumore delle mitragliatrici era troppo tardi per fuggire. Vennero condotti in gruppi di dieci attraverso un corridoio di soldati, come descrisse un testimone:
      «Non c'era modo di schivare o sfuggire ai colpi brutali e cruenti che cadevano sulle loro teste, schiene e spalle da destra e sinistra. I soldati continuavano a gridare: "Schnell, schnell!" (In fretta! in fretta!) ridendo allegramente, come se stessero guardando un numero da circo; trovavano anche modi di colpire ancora più forte nei punti più vulnerabili: le costole, lo stomaco e l'inguine.» (A. Kuznetsov)
      Gli ebrei furono obbligati a spogliarsi, picchiati se resistevano, infine uccisi con armi da fuoco sull'orlo del fossato. Almeno 33.771 ebrei da Kiev e dintorni vennero trucidati a Babij Jar fra il 29 e il 30 settembre 1941: abbattuti sistematicamente coi fucili automatici "Schmeisser", e le mitragliatrici "Schwartzlose". La partecipazione - ancorché limitata - di collaborazionisti a questi eventi, oggi documentata e provata, è tema di un pubblico e doloroso dibattito in Ucraina.
      Gli altri massacri - Si stima che almeno 100.000 persone trovarono la morte nella gola di Babij Jar. Fra i massacrati ci furono oltre che ebrei di Kiev, anche rom fra cui molte donne, bambini, anziani, comunisti, non pochi sacerdoti cristiani, prigionieri di guerra russi, tra cui marinai della flotta del Mar Nero catturati durante la Conquista di Sebastopoli. Un militare della Schutzpolizei testimoniò:
      «Ogni prigioniero fu ammanettato su entrambe le gambe con una catena lunga 2-4 metri... Le pile di cadaveri non venivano bruciate a intervalli regolari, ma non appena una o due pile erano pronte, erano coperte con legno e inzuppate con petrolio e benzina e quindi incendiate.»
      La Croce, memoria dei molti sacerdoti cristiani assassinati cogli ebrei.

      919) -       A Babij Jar trovarono la morte anche numerosi nazionalisti ucraini i quali, come oggi, non esitarono a difendere il loro paese, quasi certi di morire.
      All'avvicinarsi dell'Armata Rossa, nell'agosto del 1943, i nazisti cercarono di occultare le prove del massacro. I reparti della Sonderaktion 1005 al comando di Paul Blobel impiegarono 327 prigionieri per esumare e bruciare i corpi. I prigionieri dovettero portare a termine il compito in sei settimane. Dei citati 327, quelli troppo malati o troppo lenti furono fucilati sul posto.
      Nel novembre del 1943 fu sferrata una imponente offensiva dall'Armata Rossa sul fronte orientale con lo scopo di liberare Kiev. L'offensiva ottenne pieno successo grazie all'audace piano adottato dal generale russo comandante del Fronte Ucraino, che sorprese le difese tedesche e permise alle forze corazzate sovietiche di avanzare rapidamente a nord e a nord-ovest di Kiev, sfruttando la piccola testa di ponte di Ljutež. Il 6 novembre del 1943 Kiev era libera.
      Babij Jar, un tentativo di "rimozione" della memoria
      Per molto tempo, dopo la fine della seconda guerra mondiale, la portata dei massacri di Babij Jar fu misconosciuta, anche a causa del «punto di vista interno alla storia dell'Unione Sovietica (che non amava gli ebrei), dove, dall'analisi della letteratura pubblicata nel paese sino alla fine degli anni Ottanta, compare che la Shoah non vi sia mai stata pensata e problematizzata come un evento centrale del XX secolo».
      Babij Jar stessa, nel dopoguerra «divenne il simbolo dell'atteggiamento minimalistico del governo sovietico di fronte alla catastrofe ebraica». La volontà di "censurare" e "rimuovere" la memoria riguardante gli eccidi di Babij Jar, è messa in evidenza dallo studio condotto da parecchi storici di varie nazionalità, da cui risultano provati diversi costanti tentativi di censurare la memoria da parte delle autorità sovietiche ed ucraine (ricordiamo che le autorità erano imposte da Mosca) che per molto tempo non solo ignorarono il luogo fisico di Babij Jar, ma non ricordarono gli eccidi nemmeno con una semplice targa commemorativa. Di Babij Jar non si doveva assolutamente parlare; l luogo non solo non compariva in nessun itinerario di viaggio organizzato dagli enti turistici sovietici, ma le guide si rifiutavano sistematicamente persino di parlare di Babij Jar. La risposta era sempre: "Non vale la pena di fare un viaggio, non c'è nulla da vedere"», a quel tempo infatti, non c'era nessuna targa e nessun monumento, nessun "ricordo" delle 100.000 vittime che trovarono la morte in quel luogo.
      Nella foto, il commovente ricordo dei tanti bambini fucilati.

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      920 - Nel dopoguerra, il poeta russo Evgenij Evtušenko, autore di un poema che iniziava proprio con le parole di denuncia «Non c'è nessun monumento a Babij Jar», e il compositore sovietico Dmitrij Šostakovic, che nella Sinfonia n. 13 aveva messo in musica il poema, subirono forti pressioni dalle autorità del Partito affinché rivedessero i testi e, al rifiuto, furono censurati. Solo a partire dal 1991 - cioè, dal crollo dell'URSS e dall'indipendenza dell'Ucraina, e non senza difficoltà e contraddizioni, sono stati pubblicati in Russia i primi ampi studi sulla Shoah.
      Una commovente testimonianza fu data il 24 gennaio 1946 da Dina Mironovna Pronicheva, sopravvissuta al massacro, testimone al processo di Kiev per crimini di guerra tenutosi contro i quindici responsabili della polizia tedesca durante l'occupazione. Da vera poetessa, declamò in aula:
      «Su Babi Yar storniscono le erbacce;
      Tutto qui urla il silenzio,
      e sento la mia testa nuda impallidire lentamente
      E sono me stessa
      Un immenso grido silenzioso
      Sulle migliaia e migliaia di morti sepolti»

      Per ragioni politiche (la partecipazione di elementi ucraini filorussi all'eccidio) un monumento ufficiale sul sito non fu costruito fino al 1976 e comunque non vi venivano menzionati gli ebrei. Sono occorsi altri 15 anni perché venisse eretto un nuovo monumento rappresentante la menorah.
      Sempre a Babe Jar, la Cappella dove pregano e piangono i cristiani (tutti i cristiani) in visita.

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