Bisogna riconoscere a Renzi il coraggioso passo avanti compiuto con la sua BUONASCUOLA, che ha spiazzato quelle organizzazioni che vivono soltanto sull'arte della protesta, sempre legittima, a volte necessaria, spesso fine a se stessa. Chiedevano qualche posto in più; Renzi gliene ha dati, di sua iniziativa e inaspettati, centomila. Risultato? Protesta.
Tuttavia, questo grande passo in avanti (non discuto della parte economica) potrebbe essere completato senza spesa per l'Erario. Intanto, è ovvio che i posti dell'organico potenziato sono posti in organico e basta; senza se e senza ma, direbbero i politici che si danno arie di essere incisivi. Ne deriva la seconda ovvietà: che tali posti sono disponibili, nella mobilità, per tutti i docenti di ruolo, non solo per gli ultimi arrivati. E, fin qui, è chiaro che non ci piove.
La norma che lascia perplessi è quella che prevede che, per le nuove assunzioni, in molti casi il docente debba rimanere almeno tre anni nella sede assegnatagli. Perché? Si pensa forse di scoraggiare l'aspirante che viene da Regione lontana? Se ha fame, non si scoraggia; se ha pane, rinuncia anche se la sede fosse solo per un anno.
Tale norma, non nuova, nacque parecchi anni fa, su spinta della Lega, che pensava di frenare l'emigrazione Sud-Nord. La Lega aveva un altro modo per limitarla veramente: era in quel momento al Governo e bastava che non avesse approvato il famigerato e disastroso inserimento a pettine. Ma comportava il rischio di far cadere il governo Berlusconi, di cui faceva parte, e fece finta di niente.
Prossimamente, parlerò dei miei dubbi sulla storia dei tre anni.
Ho sempre avuto la convinzione che, quando nulla costa all'Erario, sia bene mettere il docente il più possibile a suo agio. Allora? I trasferimenti siano possibili per tutti (posti disponibili permettendo) e tante, tantissime, famiglie ringrazieranno. Ne guadagnerebbe la scuola, con gente che lavorerebbe contenta e sollevata da problemi familiari.
Bisogna modificare la legge? Ci pensino i politici, prima di considerarla un'idea balzana.
Quando ero in servizio, nel mio piccolo, seguivo la suddetta convinzione. Faccio l'esempio delle assegnazioni provvisorie, che avvenivano sempre ad anno scolastico iniziato (non c'erano i mezzi elettronici di adesso) ed in date diverse in ogni Provincia, a seconda della possibilità del locale Provveditorato.
Succedeva che i Provveditorati virtuosi fossero i primi a compiere l'operazione, ma succedeva - sempre - che, dopo qualche giorno, Provveditorati lontani terminassero il loro lavoro, accogliendo istanze di assegnazione provvisoria da questa ad altra Provincia e liberando, così, posti non assegnati, che sarebbero stati graditi a richiedenti di questa Provincia (esempio: da Saluzzo ad Alba) o da altra a questa Provincia (esempio: da Milano a Cuneo).
Anche se contro le disposizioni vigenti, mi prendevo sempre la responsabilità di ritornare sulle operazioni di assegnazione affettuate e di rifarle, una o più volte, per venire incontro ai docenti richiedenti con domanda non accolta per mancanza di posto. L'Erario non spendeva una lira, i docenti erano a proprio agio e più allegri nel lavoro (anche l'allegria del cuore conta).
Purtroppo qualcuno (non solo dall'alto Viale Trastevere, ma anche da protestanti in servizio permanente) mi tirava le orecchie. Ma ho sempre avuto le orecchie d'asino.
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