CAPACITA', ONESTA', GENEROSITA' (Maggio 2016)

      Nella scuola stanno sempre più accadendo fenomeni che, fino a qualche decennio fa, sarebbero stati impensabili nel mondo studentesco. Prendo quattro esempi.
      1) Genitori che manifestano perché i Carabinieri entrano nella scuola per arrestare gli spacciatori (anche studenti).
      2) Studenti che rubano parti metalliche da magazzini, per rivenderle a peso.
      3) Studenti che impediscono al docente di presentare i fatti storici in modo a loro non gradito.
      4) Studenti che si lamentano dello zaino troppo grande o dei troppi compiti.
      E guai se la scuola dice qualcosa in contrario!

      E' recente un convegno di nobilissimi esperti di pedagogia in cui si trattò di una nuova scuola, più moderna, più vivace, più intelligente.
      Si cominciò col definire il modello di scuola attuale "statico, nozionistico, autoritario" (parole volutamente e doverosamente virgolettate), per continuare con l'esaltazione della libertà di apprendimento, con lo studio ludico, con lo spazio alla fantasia, eccetera. Mah!
      Ci fu, anche (a Roma), la protesta dei genitori - e ovviamente degli studenti in prima fila - contro il preside che si permise di chiamare i Carabinieri per interrompere il commercio di droga all'interno dell'istituto. Pongo l'accento sulla partecipazione dei genitori, perché è indice del tipo di educazione familiare (ma si può ancora definire così?) di tanti genitori o tutori.
      Non giriamo troppo attorno al problema, che è quello di una scuola che agisce in un ambiente umano dove si cerca il godere immediato (studio leggero, permissivismo sfrenato, droga, soldi, culto dell'ego, eccetera) senza rispetto per gli altri, senza scrupoli di coscienza, senza alcuna intenzione di far finta almeno di rispettare le leggi.
      Ho sentito prendere in giro quella maestra dei miei tempi, i cui bambini al lunedì recalcitravano nell'andare a scuola. La verità è che, a quei tempi, non c'era l'intervallo e a chi chiedeva di andare al gabinetto raramente lo concedeva, rimproverando: "Avete avuto tutta la Domenica di tempo!". Famosa ed esagerata, certo, ma uscivano alunni (e ne ho trovati ottantenni, con la sola quinta elementare) orgogliosi di dirmi: "So ancora fare la radice quadrata, so fare il volume del bidone, so come si usano le virgole e i pronomi tu e te, so l'epatta e non ho bisogno di guardare il calendario per sapere se la luna è buona per seminare la meliga o per imbottigliare!". Nozioni, certo, nozioni, come le poesie a memoria (che anch'io ricordo). Come ricordo la lettura che, quotidianamente - meno il sabato - il maestro unico ci faceva nell'ultimo quarto d'ora di lezione: in quarta, I Quattro Libri di Lettura di Leone Tolstoi; in quinta, I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, sfrondati delle descrizioni. Al sabato, invece, sempre il Vangelo della Domenica successiva.
      Una scuola così, oggi, farebbe inorridire e, in verità, nessuno la vorrebbe più. Ma, al di là della conoscenza, abituava all'onestà e al rispetto delle leggi.
      Non chiediamoci più quale sia il compito della scuola, perché non lo sappiamo più o rischieremmo di essere linciati per le nostre opinioni.
      Eppure, anche oggi, gli insegnanti (quasi tutti), frustrati e a volte derisi, fanno di tutto per far crescere dei veri cittadini, ma quel “tutto” è ostacolato dall’odierno pensiero.
      Ciò non toglie che, se la scuola fosse in grado (e non lo è per colpa non sua, ma, soprattutto, per colpa dei genitori) di sfornare uomini capaci (capaci nei vari campi di lavoro, dal manuale all'intellettuale, dall'agricolo all'artistico), onesti (cioè, incapaci di disonestà indipendentemente dalle leggi) e generosi (disponibili a fare agli altri ciò che si vorrebbe gli altri facessero nei nostri confronti), il nostro Paese si avvicinerebbe a quei Paesi i cui cittadini non sono furbi come noi (così si dice) perché pagano le tasse, rispettano i codici, anche quelli semplici della strada, non rubano né al lavoratore né al datore di lavoro, ma si sviluppano economicamente molto più di noi. Ma una scuola così costerebbe sacrificio agli studenti, ai genitori che li coccolano e li viziano e dovrebbe non doversi curare delle accuse di nozionismo e di autoritarismo. Vivrebbe? No, perché preparerebbe i giovani a ragionare, a conoscere il pensiero del mondo, le vicende del mondo, la cultura del mondo; li renderebbe pronti ad affrontare vari tipi di lavoro , con larghezza di idee, grosso bagaglio di cognizioni teoriche e pratiche, forte personalità e notevole capacità logica. Il che non piace ai pifferai della scuola leggera.
      Qualcuno dirà che questo pezzo è scritto in modo brutale, contundente, direi. Deve essere così, perché qualcuno, amche solo per criticarne la forma non giornalisticamente soft, lo legga e ci faccia un pensierino.
      Questa è la verità, checché se ne dica.

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