Il 20 Maggio scorso si è svolto lo sciopero generale del personale della scuola. A mia memoria, mai sciopero fu più necessario, più corretto e più responsabilizzato.
Infatti, si oppone ad alcune dannosità della legge sulla "buonascuola", le stesse che già rilevai nei miei numeri precedenti, anche se, nel complesso, plaudo alla nuova legge. Mi riferisco soprattutto all'indeterminatezza che diventa aleatorietà, alla scelta diretta che diventa, nel peggiore dei casi, scelta nepotistica e, nel migliore dei casi, scelta ideologica, di cui chi sceglie può non rendersi conto. Tralascio gli altri opportuni correttivi proposti dallo sciopero.
La sopra citata aleatorietà può allontanare i migliori, i quali, scrupolosi e sensibili, come tutte le persone intelligenti hanno sempre il dubbio di errare, colla conseguenza di essere sempre meno attratti dalla scuola. Chi ha mite intelligenza non corre questo rischio e vive in pace.
Ma, come succede spesso negli scioperi, per abbracciare tutto si inseguono le minuzie e si tralascia il nucleo principale: la qualità della scuola.
Si parla del modo di ripagare (pecuniariamente) i migliori, ma non c'è traccia del modo di eliminare i dannosi, ed uso il termine a ragion veduta. Scrissi, tempo fa, su questo argomento, forte di decenni di esperienza in materia, suggerendo la necessità di individuare i non adatti ed allontanarli. Tracciavo anche le modalità generali dell'intervento. Nelle bellissime pagine che illustrano lo sciopero, di ciò non si parla. Si riduce la valutazione dell'opera del docente alla valutazione generale della scuola, in modo confuso e vago, per non urtare nessuno. Si dimentica che, quando si valuta un insegnante, si valuta una singola persona, non la sua classe, dove le carenze verrebbero sfumate. Si rende conto lo Stato che l'attuale retribuzione dei docenti li umilia di fronte all'opinione pubblica, ai genitori in particolare? Giova alla buona scuola? Si retribuiscano come si deve, senza creare rancori fra di loro per veramente aleatori criteri di premiazione. Ma il loro lavoro venga monitorato costantemente e non solo casualmente. Venga monitorato da "tecnici" della scuola, di sicura capacità ed esperienza in materia, ricordando che, per svolgere una funzione delicata, non basta aver vinto un concorso o aver prodotto tante pubblicazioni.
Ho sempre presente un istituto, dove - rileggendo casualmente gli atti d'archivio - mi colpirono gli esiti dell'esame di maturità di un anno all'inizio del '50. C'erano tre classi, di 22, 20 e 21 allievi. Come usava allora, i promossi ad Agosto furono 19 su 63, di cui 9 nella classe di 22 (45%) e 10 fra gli altri 41 (24%). Se ne dovrebbe dedurre che, in due classi, i docenti fossero mediocri? Ma erano quasi gli stessi! I gruppi di allievi possono essere fortemente diversi. Perciò, lo sciopero avrebbe dovuto proporre altri metodi di valutazione, tipo quelli che suggerii in passato, ma sempre relativi al singolo insegnante. E senza trascinare la pratica, fra T.A.R. e cose del genere, per 14 anni, come mi successe. Solo così si contribuirebbe ad accrescere la qualità della scuola.
Si insiste sull'eliminazione del precariato, ma si gioca un po' sulle parole e sulla poca conoscenza altrui: si spacciano per precari i supplenti (giocare sulle parole) e si fa finta d'ignorare che, per il tipo di servizio pubblico che deve offrire la scuola, i supplenti ci saranno sempre (giocare sulla poca conoscenza altrui). Può sembrare un paradosso, ma, ora, i veri precari, da alcuni anni, sono i docenti che un tempo avevano un ruolo ed ora un lavoro a tempo indeterminato: tanto? poco? e per volontà di chi? Ripeto: è il modo più sicuro per far scappare i migliori.
Mi taccio, per non annoiare, ribadendo la bontà complessiva delle legge e l'opportuna indizione dell'effettuato sciopero, sempre ricordando, però, che, come diceva mia nonna, il troppo stroppia.
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