La perfetta Letizia 6

RIFORMA? SI, GRAZIE (Marzo 2004)

 

- "Devo lavorare: il bambino dove lo metto?".

Questa è la frase che più si sente pronunciare dai genitori, quando si accenna all'orario scolastico. Sarebbe come dire: "Non m'interessa la qualità della scuola, purchè me lo tenga fino alle quattro del pomeriggio".

Il che fa pensare che non si percepisca la scuola come agenzia educativa, bensì come ufficio di custodia per bambini.

Non tutti i genitori ragionano così, ma ragionano così quelli che fanno più chiasso.

Chi ha letto i miei interventi (La perfetta Letizia 1, 2, 3, ecc.) sa che non sono tenero con l'attuale Ministro, su questioni specifiche e, a volte, non proprio marginali. Ma, sulla riforma, non me la sento di contraddirla troppo.

Da un paio d'anni, sto seguendo le varie fasi della stessa e mi sono fatto una convinzione: che l'essenza della riforma non sia capita. Le discussioni vertono sempre su questioni secondarie, anche se importanti: l'ora in più, l'ora in meno, il tempo-mensa, eccetera.

La riforma, letta bene, mi pare tenda a due scopi: responsabilizzare la famiglia e responsabilizzare la scuola. Ma entrambe recalcitrano.

Mentre la scuola, più che recalcitrare, sente la nuova responsabilità ed ha perciò timore di sbagliare - e ciò torna ad onore della sua sensibilità, della sua capacità di "sentire" la portata dei cambiamenti - , la famiglia vuole continuare a delegare alla scuola tutto ciò che riguarda l'educazione. Ma, in verità, esiste ancora la famiglia? La riforma tocca un tasto delicato, perchè, responsabilizzando la famiglia, mette a nudo le crepe di questa, che si nascondono delegando.

Ma torniamo alla scuola e facciamo esempi pratici e chiari, cominciando dalla elementari.

ELEMENTARI

Ora, vigono il Tempo Pieno e il Tempo Normale (chiamo così il vecchio modulo, solo per praticità; non si gridi allo scandalo se invento terminologia, ma vorrei essere compreso da tutti). La grande agitazione di questi giorni è portata avanti soprattutto da chi utilizza o intende utilizzare il Tempo Pieno. Ma quanti lo utilizzano? Le statistiche nazionali si attestano sul 30% circa della popolazione scolastica. Il 70%, invece, predilige il Tempo Normale. E già qui c'è una sproporzione.

Ma il Tempo Pieno che cosa offre? Attualmente - e sono sempre cifre calcolate sulla media nazionale - offre 30 ore di scuola più 7/8 ore di mensa. Non si tien conto, naturalmente, delle sperimentazioni particolari di alcune scuole.

E il Tempo Normale? E', normalmente - tolte sempre le sperimentazioni particolari - di 27 ore settimanali. Parecchie scuole sono riuscite, anche con aiuti esterni, ad attivare tempi intermedi, a volte di indubbio valore pedagogico. Ma non sempre.

C'è un dato che dovrebbe far riflettere tutti noi che parliamo di queste cose: in Italia, sette famiglie su dieci preferiscono il Tempo Normale. E anche qui dovremmo chiederci il perché.

Ma la riforma - sempre e soltanto in termini di ore, che pare sia il problema che più sta a cuore ad alcuni movimenti di genitori - che cosa offre?

Offre libertà e responsabilità.

Libertà, perché le 27 ore possono diventare 30 per tutti e le ore di mensa possono essere 10. Vale a dire: 40 ore per tutta una scuola. Si noti che le ore di mensa saranno gestite dagli insegnanti.

Responsabilità, perchè attribuisce ai genitori l'onere delle scelte ed alla scuola la responsabilità dell'offerta formativa e dell'organizzazione.

C'è il grosso problema degli organici: ci saranno insegnanti a sufficienza se tutti si orientassero verso il massimo di ore? Lo tratteremo più avanti, parlando delle Medie. Per ora, basti ribadire il concetto della maggior responsabilità della famiglia e della maggior responsabilità (a ciò mira l'autonomia...) della Scuola.

Per la verità, la scuola elementare italiana non funziona male, nemmeno adesso; è, forse, quella che meno abbisogna di riforme. Ma qualche ritocco non sta male. Quando leggo, su un settimanale preconcettualmente antimorattiano: "Il tempo pieno offriva possibilità uguali per tutti i bambini", mi sorge un dubbio: perchè lo scelgono solo il 30%? Inoltre, sanno gli Italiani che, se lo avessero scelto tutti, non sarebbe stato possibile concederlo? Allora, dove sono le "possibilità uguali per tutti i bambini"? Quando leggo che "correggeva i dislivelli di partenza" vuol forse dire che il 30% che lo sceglie lo fa scientemente sapendo di avere figli gnocchi o, anche incolpevolmente, ignoranti? Mi pare persino offensivo. Oppure che le classi a tempo pieno sono di serie A (si usa dire così, no?) e le classi a tempo normale di serie B? Se fossi insegnante, mi offenderei. Quando leggo che "attenuava disparità culturali ed economiche" vuol forse dire che chi si sente culturalmente ed economicamente "dispari" è meglio che vada a scuola in quel 30% di classi particolari?

Secondo me, è semplicemente sfuggita un po' la mano all'articolista, persona che si dimostra esperta e capace, ma non adusa alla terminologia da usare parlando delle Elementari e Medie. A meno che non si sia confuso il tempo pieno con le vecchie classi differenziali. Se è così, ben venga un tempo pieno diverso, che offra le stesse possibilità a tutti, ma veramente a tutti, senza distinzioni "culturali ed economiche".

Purtroppo, penseranno poi le scelte familiari a farle rinascere.

MEDIE

Attualmente, le Medie possono avere corsi normali (30 ore), corsi con bilinguismo (33 ore), corsi con tempo prolungato (36 ore e, in pochissimi casi, qualcuna in più). Non ho reperito dati statistici probanti circa la distribuzione fra i tre tipi, ma penso che non si discosti molto dalla proporzione delle elementari.

Ora, al di là del miglioramento pedagogico, mi pare che il futuro assetto presenti mediamente un sicuro aumento di ore. Semprechè lo si voglia, specie da parte delle famiglie. Infatti, alle 27 ore obbligatorie si aggiungono 6 ore facoltative, le cui materie - cosa importantissima - saranno scelte nell'ambito di ogni scuola e caratterizzeranno - in bene o in male - la scuola stessa. E siamo già a 33 per tutti coloro che lo vogliono. Si noti che le 33 di adesso non sono per tutti, ma solo per quelle scuole e per quelle classi dov'è stato possibile impiantare il bilinguismo. In futuro, a queste si potrà aggiunere un numero variabile di ore, fino a 7, per il cosiddetto Tempo Mensa, che non sarà alla mercè di personale estraneo, ma sarà inserito nell'organico della classe. Siamo a 40. O mi sbaglio?

Del problema degli organici parlerò il prossimo mese, così come parlerò di un altro argomento importantissimo: la qualità dell'insegnamento. Ma torniamo a noi.

Ho letto parole di fuoco contro la riforma, da destra e da sinistra. Ho letto settimanali che si definiscono cattolici parlare a titoloni di tagli orari; ho visto tabelle a tutta pagina con i raffronti fra il vecchio e il nuovo, dove, per la Media riformata, si omette il Tempo Mensa. Ho letto discussioni infinite sull'ora in più o in meno di questa o di quella materia, dove le categorie di docenti, divise per materia, sponsorizzano ognuna la propria. E non possono - e non devono - fare altrimenti, se sono convinte, come devono essere, dell'importanza della propria materia.

Ma ho letto poco sul tentativo della riforma di responsabilizzare la Famiglia (la scrivo di proposito con la F maiuscola) e di attribuire a detta istituzione il compito precipuo dell'educazione, da svolgersi attraverso scelte oculate e meditate, con senso di comunione fra coniugi, delegando alla Scuola l'istruzione. Fra l'altro, l'esperienza mi insegnò che non è facile far capire che non basta aumentare il numero delle materie per aumentare l'istruzione, così come non basta aumentare il numero delle ore. Ne abbiamo una prova nel Ginnasio, dove, con meno materie e meno ore che in altri tipi di secondaria, si acquisisce una maturità grazie anche al metodo: il ragazzo deve imparare ad autoregolarsi ed a studiare da solo. E molto.

Nei decenni scorsi, abbiamo assistito all'assalto, da parte di associazioni di genitori, per includere nell'insegnamento ogni sorda di educazione: ambientale, sessuale, sanitaria, natatoria, stradale, dialettale, eccetera. Tutte materie di per sè interessanti ed utili, ma spesso incompatibili con la capacità ricettiva del ragazzo e con un meditato programma didattico-educativo.

Concludo accennando all'avvenuta sperimentazione.

L'anno sorso, la perfetta Letizia fece una cosa che ritengo saggia: sperimentò la riforma in 251 scuole resesi volontariamente disponibili. Fu una sperimentazione per grandi lineee, perchè non erano ancora noti i decreti delegati attuativi.

(Apro una parentesi. L'anno scorso sentimmo parole aspre, vere e proprie cannonate, da politici, sindacalisti, associazioni, settimanali cattolici e non, contro il Governo che legiferava con legge-quadro, demandando ai decreti delegati la definizione dei modi di attuazione. Mi stupii un poco, perché ricordavo la legge-delega 30 Luglio 1973, salutata con ovazioni, proprio perchè lasciava ai decreti delegati, usciti il 31 Maggio 1974, l'incombenza principale. E i cinque decreti - nn. 416, 417, 418, 419 e 420 - comprendevano veramente tutto lo scibile organizzativo scolastico. Quando Giovannino del Maestro faceva il viceprovveditore, non passava giorno senza che il Gatto e la Volpe (La perfetta Letizia 5) arrivassero a spiegare l'interpretazione da dare all'articolo tot del decreto delegato tot. Ma i protestanti odierni sono giovani, queste cose non possono ricordarle. O non le hanno studiate).

Mi sorge un dubbio: che c'entri la politica? La demonizzazione aprioristica della Letizia mi sa tanto di antiberlusconismo viscerale (e lo dice uno che, nelle passate politiche era candidato "non CdL"), che preoccupa per la delicatezza che dovrebbero avere le analisi didattico-educative. Cito ciò che, al proposito, scrive Franco Miracco: "Quasi ovunque i collegi docenti si sono attivati o trasformati in veri e propri comitati sindacali al solo scopo di esercitare e far esercitare ogni forma di lottta e di boicottaggio. Molti dirigenti scolastici, coloro che un tempo venivano chiamati presidi, lanciano parole d'ordine quali 'resistere fino al 2006'. Costoro difendono ora quella scuola che al tempo dei passati governi gran parte degi attuali 'resistenti' criticava aspramente, ma con giudizio s'intende. Oggi, invece, assieme alla Moratti ciò che va abbattuto è il regime".

Se fosse vero, ci sarebbe da piangere sulla nostra onestà intellettuale.

Un giudizio pacato sulla sperimentazione è venuto, nel settembre scorso, dal professor Cristanini, esperto della materia: "La sperimentazione ha consentito, pur in un campo delimitato, di studiare l'impatto dei cambiamenti introdotti in alcune concrete situazioni educative. Tale impatto appare positivo in relazione ai fondamenti pedagogici e didattici proposti (personalizzazione, unitarietà dell'insegnamento, valutazione autentica, rapporto costruttivo con le famiglie), mentre gli aspetti organizzativi, pur fatti oggetto di riflessioni e di intenzionalità progettuali, rimangono "in gran parte ancorati ad esperienze e situazioni pregresse"".

Ci sarà, ora, un tempo di assestamento, in cui le cose non andranno bene; ma, per esprimere un giudizio sereno, risentiamoci fra qualche anno.

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