Mamma mia, che paura! (Dicembre 2003)

- "Io, lì, non entro!"
- "Ma dai che non morde!"
- "Non entro, non entro, non entro!".

Così mi figuro il dialogo del cruciclasta (neologismo) di fronte all'aula in cui è esposta la croce.

Ma ora si sta attenuando la polemica su Gesù Cristo crocifisso nelle scuole e ciò m'induce a parlarne, con pacatezza e distacco.

Intanto, è bene notare che la polemica non è solo contro Cristo in croce, ma contro lo stesso crocifisso "nudo", se così si può dire. Le due stecche di legno incrociate fanno andare in bestia qualcuno. Perché? E qui ho veramente difficoltà a capirlo. Il vero ateo (colui che non crede nell'esistenza di un dio-persona e ne conosco più d'uno) non è minimamente impressionato dal crocifisso né da altri simboli religiosi: non ci crede e non lo toccano. Semmai, è un individuo alla ricerca della Verità, che, spesso, si rammarica di non aver fede, ma è rispettosissimo di ogni fede altrui.

Eppure, conosco degli atei (o presunti tali) che ce l'hanno con la croce.

Allora, alcuni anticristi (così li chiamava mia nonna) non credenti devono avere qualche altra motivazione personale che mi sfugge. In genere, si fanno paladini delle difese delle presunte motivazioni altrui, ma sono le proprie che vorrei capire. Io non credo nella superstizione; che in un ufficio, o dovunque, ci siano un ferro di cavallo o un cornetto o una resta d'aglio o un 13 d'argento appesi mi lascia del tutto indifferente. Posso avere un pensiero sulla presunta ingenuità dell'appenditore, ma nulla più, così come l'ateo coerente può avere un pensiero sulla mia presunta dabbenaggine di credente.

Più in là non riesco ad andare.

Diversa è la situazione del credente di altra religione. Questi deve soltanto pensare che la libertà di tutti si concilia nell'esercizio democratico e nel rispetto della volontà popolare. Allora?

Per pregresso mestiere, conosco benissimo le norme sul crocifisso obbligatorio in aula: si cominciò nel 1928 e si ripetè la norma in epoche e con assetti istituzionali successivi. Sono stato anche investito personalmente (ovviamente, come provveditore) quando un insegnante si rifiutò di entrare in aula per la presenza del crocifisso. Processo, controprocesso e via discorrendo; alla fine, dal punto di vista della legittimità, il crocifisso rimase, anche se non mi convince il doversi appellare ad una norma di legge. Ma la perfetta Letizia si accontenta.

Conoscendo personalmente l'insegnante (ora in pensione) feci ciò che non si dovrebbe mai fare: dal caso singolo ho generalizzato.

Perché tanto odio? Secondo me, perché c'è un'inconscia paura di Gesù Cristo; non se ne rendono conto, ma c'è un rapporto di "odi et amo" alla Catullo: si vorrebbe non avere l'assillo della croce.

Si vorrebbe, ma l'assillo c'è. Di qui l'odio, che è più rabbia che odio, e lo sforzo per levarsi dalla vista quel richiamo che inquieta la coscienza. E' la storia dello struzzo e della testa nella sabbia.

Ma torniamo al credente di altra religione ed alla volontà popolare.

Un mio parente visse e lavorò per 28 anni in un paese a popolazione araba. Non pretese assolutamente che venissero rimossi i simboli islamici dagli uffici pubblici in cui si recava; era un cattolico praticante, che ogni domenica si recava alla cappella del quartiere diplomatico per la messa festiva. Esercitava un'attività artigianale con un solo dipendente. Non si sognò mai di farlo lavorare di venerdì, né si recò mai in tal giorno presso i clienti. Capiva benissimo il sentimento della maggioranza e si comportava rispettosamente nei confronti delle leggi (anche se non democratiche) del paese. Ma lui portò sempre la catenina con la croce e tenne sempre il crocefisso nel suo ufficio.

Ora, poiché si tratta di questione che tocca tutti, ma proprio tutti, dal cattolico credente al credente di altra religione all'ateo, non mi appellerei alle leggi vigenti, anche se votate da una maggioranza espressione della volontà popolare. Lascerei più autonomia (se ne parla tanto...) alle singole scuole ed ai singoli uffici. Per gli uffici, siano gli inquilini di ogni singola stanza a decidere. Per le scuole, siano, ad esempio, i genitori di ogni classe, o gli studenti se maggiorenni, ad esprimersi ad inizio d'anno. Poi, si rispetti la volontà espressa dalla maggioranza.

Non si creda che ci saranno poi tanti crocifissi, perché nelle superiori voterebbero molti ragazzi. Di questi, conosciamo l'alto grado di conformismo ed il gusto della trasgressione fine a se stessa, senza ragionamenti e senza approfondimenti. Basteranno alcuni Masaniello in ogni istituto per trascinare le masse, così come - negli anni scorsi - sono state trascinate ad indossare la kefiyyah, senza conoscere minimamente la genesi del problema israelo-palestinese.

Ho sentito alcuni presidi dire: "Nessun presepio, per rispetto di tutte le religioni". E' un bel modo per vivere quietamente, ma è un brutto modo per usare violenza morale sull'eventuale maggioranza che crede nei valori del Natale. Mio zio , per rispetto, si toglieva sempre le scarpe se doveva entrare in una moschea per qualunque motivo, così come io mi sono messo rispettosamente un cappello ai funerali di due miei parenti ebrei. Per altri due non me lo son messo, perché, a suo tempo, non ci fu funerale: uscirono dal camino in quel di Auschwitz (ora, Oswiecim), presumo con gioia postuma dei ragazzotti nostrani che girano con la kefiyyah.

Che Israele non esista (o non debba esistere) è radicato convincimento di stati che siedono bellamente all'O.N.U. La settimana scorsa, dopo averlo prenotato, ho dovuto annullare un viaggio turistico in Siria, perché il consolato di quel Paese mi ha rifiutato il visto in quanto sul passaporto c'era un visto di tre anni fa per Israele.

Non che approvi in tutto gli ebrei italiani. Ad esempio, non mi convince la legge - da essi voluta ed ottenuta - che prescrive di non tenere concorsi pubblici di sabato. Allora, dico io, nemmeno di venerdì e, se salta fuori qualche altra religione, nemmeno di giovedì e via discorrendo. Mi è parso un non volersi adattare alla cultura del Paese in cui vivono, un dichiararsi italiani esteriormente, ma solo esteriormente.

Ma l'attuale intolleranza dei credenti (tanti o pochi? Avendo letto il Corano, non credo tanto pochi) di altre religioni è diventata pericolosa per la democrazia e non trova contrappesi nemmeno nel tanto deprecato tempo dell'Inquisizione.

Che, ipocritamente, ammantata da battaglia di libertà, le si affianchi l'intolleranza di nostri concittadini, che si dichiarano "laici" e/o "democratici", ripugna ad ogni coscienza civile, laica o credente che sia.

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