ABBASSO LA BUROCRAZIA? (Novembre 2003)

Per curiosità, ho presenziato ad un convegno che aveva come titolo "ABBASSO LA BUROCRAZIA". Come burocrate in pensione, mi interessava sentire la voce dei cosiddetti esperti. Non fui deluso. Solo che, invece degli esperti, le cose più concrete e più nuove le dissero i politici, cioè, coloro dai quali meno mi aspettavo concretezza.

C'erano dei grossi nomi della comunicazione, dell'associazionismo, della giustizia, i quali, pur cose vere, si sono tenuti molto sulle generali, auspicando un miglioramento (e chi non lo auspicherebbe?) della macchina burocratica. Ce n'era uno, poi, che voleva lo smantellamento della burocrazia per i casi che riteneva consoni al suo pensiero, mentre si augurava un incremento della burocrazia per i casi in cui il suo pensiero non voleva l'attuazione di quanto programmato. Un esempio? Meno burocrazia nelle denunce di violazioni di legge (deve avere la denuncia facile...) per pubblicità occulta; più burocrazia per l'individuazione dei siti per lo smaltimento di rifiuti tossici e per l'impianto di nuove centrali, di qualunque genere. Posso esprimere il mio completo disaccordo? Più che "abbasso la burocrazia", mi pare "abbasso il progresso".

Per i politici (e metto fra i politici anche gli amministratori eletti di enti locali), la cosa fu diversa. Sorvolo sui concetti veramente degni di attenzione e sui dati precisi e documentati di alcune pregnanti relazioni. Mi limito, invece, a rilevare due pecche.

Ci fu chi parlò a lungo di efficacia ed efficienza, come se sapesse il significato giuridico di quei due termini, ormai logorati dall'abuso oratorio. Fra l'altro, erano i termini preferiti dal Ministro Berlinguer, quando teneva il discorsetto a noi provveditori chiamati a rapporto. Riempivano la bocca.

Ci fu chi (essendo parlamentare) lamentò il numero spropositato di leggi del nostro Parlamento e del lunghissimo tempo necessario ad una legge per percorrere l'iter parlamentare. Insomma, parlò del Parlamento come luogo inefficace ed inefficiente. Quali conclusioni crede ne abbia tratto il cittadino ascoltatore? Due: o licenziare subito tutti i parlamentari o chiudere il Parlamento. Aiò!, avrebbero detto gli amici sardi che conobbi ai tempi del bellissimo periodo di servizio statale trascorso in quella meravigliosa isola. Quando vado a confessarmi, cerco di pentirmi dei peccati, non piangerci su e continuare a farli. Si regolino i parlamentari, invece di andare in giro a lacrimarsi addosso.

Ho un concetto della burocrazia che mi accompagna da sempre: la burocrazia è organizzazione e controllo. O dovrebbe esserlo. Molto spesso si impreca contro la burocrazia, perchè non ci lascia costruire dove vogliamo, non ci lascia assumere dipendenti in nero, non ci lascia vendere senza licenza (extracomunitari - stranamente - a parte), non ci lascia evadere le tasse, eccetera.

Ma le vittorie contro di essa sono tutte vere vittorie? Ho sentito esaltare la Legge 241, ottima per certi aspetti, ma criticabile per altri. Un esempio? L'autocertificazione è una bellissima conquista, a patto che ci sia la possibilità di controllo. Nei primi anni, mi successe di applicarla per la formazione di una graduatoria di personale nelle scuole. Come previsto, in una ventina di giorni arrivarono decine di migliaia di domande, da inserire a terminale in un termine stabilito. Fu impossibile rispettare quel termine, altro che controllo... Anni dopo, scoprimmo che alcuni avevano dichiarato di tutto, pur di far punteggio, persino due figli mai esistiti. Le cose migliorarono, tant'è che, nell'ultimo mio anno di servizio, ci impegnarono a controllare dal 2 al 3 per cento delle domande. E l'altro 98%? Mah...

Un aggravio notevole fu il dover comunicare, sempre, la Sezione (o il Caposezione) a cui è affidata la singola pratica: un bel modo per deresponsabilizzare il dirigente. Se sono dirigente, rispondo io di ciò che succede nei miei uffici; sta a me controllare l'operato dei singoli Capisezione; è troppo facile dire "è colpa loro."

Infine, ci sono certe razionalizzazioni che penso create apposta per aumentare la burocrazia o, meglio, i burocrati. Esistevano i Provveditorati agli Studi, con un dirigente superiore (provveditore) e tante competenze. Per snellire, si passarono un mucchio di competenze (e di conseguente lavoro) alle scuole e si soppressero i Provveditorati. Bello, no? Però, visto che il lavoro era diminuito, si mantennero gli stessi dirigenti e si crearono 20 (venti) posti di direttore generale in più, dove furono promossi alcuni miei ottimi ex colleghi ed amici. E gli ambiziosi, gli arrivisti, quelli che strisciano per superare? Purtroppo, ci sono; non solo, ma a volte sono apprezzati perchè agiscono nell'interesse di una fazione politica, incuranti del bene dell'Amministrazione.

Conclusione: nel Ministero della P. I. (ora, M.I.U.R.), i direttori generali erano una dozzina; ora, nel predetto Ministero (e con esclusione del settore universitario) sono trenta e più. Mi spiega qualcuno (la perfetta Letizia, il mio amico Costa o altri) come si fa a sostenere di aver combattuto la burocrazia?

Però, bisogna che i dirigenti le responsabilità se le prendano. E sono in molti, anzi moltissimi, a farlo. Qualche volta, con qualche rischio. Nel 1990, introdussi la timbratura del cartellino nel mio Provveditorato; devo dire che i Sindacati ne compresero l'utilità ed acconsentirono (c'era la famosa contrattazione) all'iniziativa. Il difficile venne con l'attuazione, perchè mi vidi pressato (eufemismo) da richieste di tempi tecnici. Ammetto di essere poco intelligente, ma non ho mai capito che cosa fossero. Mi spiegarono che era il tempo intercorrente fra l'entrata nell'edificio e la timbratura, tempo occupato dai sei passi nell'atrio e dalla coda davanti all'apparecchio. Confesso di aver analizzato più volte i tempi delle persone: il tempo più lungo era di 6/8 secondi (e ripeto: secondi). Mi portarono fior di verbali di contrattazioni decentrate di altri uffici (compresi Uffici giudiziari...), in cui si prevedevano abbuoni (non saprei chiamarli altrimenti) di 15 minuti primi all'inizio ed alla fine.

Non mi convinsero, ma non li lasciai senza contropartita. Nella mia responsabilità di dirigente, mi presi quella di studiare un orario ad hoc, anche in violazione di disposizioni ministeriali. Constatai due esigenze utili all'utente: quella di fissare un orario di apertura per il pubblico e quella di tenere aperto l'Ufficio (l'Ufficio Informazioni, poi U.R.P., è sempre aperto) dalle 7,30 alle 18 e, al sabato, dalle 7,30 alle 14.

C'era, anche, l'esigenza dei dipendenti di colloquiare con colleghi di altre Sezioni per cose d'ufficio: la Sezione Pensioni doveva conoscere la posizione dei pensionandi dalla Sezione Ruoli; la Sezione Ruoli doveva conoscere la disponibilità di posti dalla Sezione Organici; e così via, per non parlare della Sezione Protocollo e Archivio.

Allora, stabilii che ogni Sezione dovesse garantire persona idonea a rispondere sia nelle ore di apertura al pubblico sia tutti i giorni dalla 9 alle 12, per i rapporti intersezionali. Per il resto, ognuno facesse l'orario che credeva, purchè lavorasse 36 ore alla settimana in almeno 5 giorni e facesse almeno 4 ore al giorno, con possibilità di piccolo conguaglio (in più o in meno) nella settimana successiva.

La cosa fu molto produttiva e gradita a tutti: chi iniziava alle 7,30; chi faceva pranzo alle 11 ed arrivava alle 11,30; chi cambiava ogni giorno. I Capi Sezione dovevano solo curare la presenza di persone idonee nei momenti sopraddetti. Di fronte ad una tale libertà, si trovarono tutti d'accordo e trovarono subito l'accordo in ogni Sezione. Per anni, il Capo del Personale non dovette più giustificare permessi per il ritardo dell'autobus, per il figlio da accompagnare a scuola, per la nonna all'ospedale, per l'andata in banca per lo stipendio, per la corsa in farmacia per l'aspirina del marito, per il guasto all'automobile, eccetera.

Fra l'altro, il programma che regolava l'orologio elettronico era fatto in casa, da un analista-programmatore (laurea in pedagogia...) che, se ben guidato, era oltremodo produttivo e forniva gratuitamente programmi che, ancora oggi, sarebbero un gioiello, quali gli stipendi ai non di ruolo, il protocollo informatico (il Ministero lo sta organizzando adesso...), eccetera.

Sorse, poi, il problema del caffé: si poteva stare tante ore senza? Sono il primo a dire di no, anche se, personalmente - e lo sanno le persone che lavoravano con me - stavo anche otto ore senza ingerire alcunchè. Però un corroborante ci voleva, ma non mi andavano pentolini e caffettiere e fornelletti o altro; nè mi piaceva il viavai di cameriere che giravano ai piani con vassoi fumanti.

Allora, indissi una gara fra alcuni bar; il vincente impiantò il macchinario in uno stanzino, con tanto di macchina espresso e di bancone, di fronte ad altri uffici, in modo che tutti vedessero; il cosiddetto bar era aperto solo un'ora/un'ora e mezza e volutamente non c'erano posti a sedere: capienza massima, sei persone in piedi. Anche qui, il personale fece tacitamente dei turni, per poter fruire tutti del servizio. In pratica, era impossibile stare nello stanzino più di dieci minuti: bisognava lasciare il posto ad altri colleghi. Lo so che non era previsto dalla norma, ma, in pochi minuti, si poteva godere di un caffè espresso e di altri generi commestibili (superalcolici esclusi), senza perdite di tempo nè conversazioni salottiere.

Allora: burocrazia, signore? Si, grazie. Ma con intelligenza ed onestà.

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