Ave Maristella 18

CUPIO DISSOLVI? (Dicembre 2009)

Ieri, c'è stato un incontro fra autorità varie per decidere i tagli alla scuola. Vi partecipai come consigliere del sindaco del mio piccolo Comune, di poco più di mille abitanti.
      Mi chiedo: il Ministro è convinto che, chiudendo le scuole, si salvi l'Italia? Si salvi l'economia? Si salvi qualcuno dai processi?
      Che occorra risparmiare, sono d'accordo,ma occorre farlo senza privare i cittadini del servizio scolastico. Perciò, solo per fini economici, dico sì al maestro unico, sì alla eliminazione di tutte le compresenze (eccetto il sostegno), sì a tante cose dolorose; ma no alla soppressione indiscriminata di plessi elementari.
      Sono rimasto esterrefatto quanto l'Ufficio preposto ha elaborato un piano in cui ipotizza a rischio tutti i plessi in cui ci siano pluriclassi e financo quelli che non abbiano almeno 15 (ripeto: quindici) alunni per classe (5 x 15 =75 come minimo). Il prospetto mandato al mio Comune, che ha 57 alunni frequentanti le elementari, dice testualmente:
      """NOVELLO - Comune MARGINALE soggetto deroga criteri regionali. Plesso entro i limiti numerici ma attivata pluriclasse 2009/2010: revisione distribuzione plessi per il 2010/2011 - verifica con territorio."""
      Non credo sia intendimento del gentile Ministro distruggere le scuole in metà dei Comuni di questa Provincia. Ma il Ministro (o chi per lui) è sicuro di essere a conoscenza della realtà territoriale? Io ho letto (e riletto) la legge, anzi, le leggi, in materia: non dicono affatto quello. Non prevedono affatto che tutte le scuole elementari debbano avere almeno 15 alunni per classe o che non debbano avere pluriclassi. Prevedono, come logico, che ogni situazione sia esaminata in rapporto al territorio, non che debbano essere a rischio tutti i plessi che hanno anche solo una pluriclasse.
      Tutti (o quasi) sanno che le 92 Province in Italia, alla faccia del risparmio, sono diventate 110, di cui solo una dozzina con una media di abitanti per Comune inferiore a 2300. Di questa dozzina, ben sei sono in Piemonte; delle predette, alcune (in particolare Asti e Cuneo) sono in zona tutta a saliscendi e con terreno continuamente franoso. Ciò rende difficilissimo ogni percorso. Inoltre, come le altre quattro, hanno la metà dei Comuni sotto i 1300/1400 abitanti, cioè, Comuni marginali, secondo l'interpretazione degli addetti ai lavori, perché non hanno tutte le classi elementari di almeno 15 alunni o hanno pluriclassi. Il che non è solo una sciocchezza, ma è un cupio dissolvi: è terrorismo amministrativo, che paralizza ogni iniziativa locale che tenda a migliorare edifici e servizi. Una interpretazione personale, per carità, può sempre succedere, ma se crea danni irreparabili al tessuto sociale va corretta. Capisco la smania di essere fedeli alla linea, ma ricordiamoci che summum jus, summa iniuria.
      Inoltre, come detto, non sono tanto i chilometri che contano, quanto la difficoltà di percorrenza. E' più facile percorrere sei chilometri in zona montana (a parte pochissime valli laterali, ammesso che ne esistano ancora con scuole), perché si tratta in genere di un fondovalle uniforme, senza scavalcamenti, che percorrerne sei nelle Langhe o nel Roero, dove è un saliscendi continuo e dove le strade tutti i momenti sono interrotte per la "mollezza" del terreno. Per pregressa attività, conosco bene la situazione della Provincia e so che è più facile (salva la giornata della nevicata) andare, ad esempio, da Paesana a Rifreddo che non da Novello a Monforte, dove bisogna scendere a Barolo (o a Monchiero) e poi risalire. Ma sono cose ovvie, che i preposti conoscono certamente.
      Della disparità fra le Province piemontesi parleremo la prossima volta.
      La riunione era presieduta dall'Assessore Provinciale all'Istruzione: mi è parso di cogliere nello stesso una nota di disagio nell'esternare il piano, forse preparato da altri. Noi, sindaci, consiglieri comunali e dirigenti scolastici, siamo usciti depressi e demoralizzati. Chi non è stato per decenni nell'Amministrazione della P.I. è portato ad attribuire tale mania distruttiva al Governo. Il che, secondo me, non è vero, ma l'impressione è quella: la frase corrente è: la Gelmini vuole sopprimere l'unica scuola elementare esistente in metà dei Comuni della Provincia.
      Per il mio Comune, il rappresentante del Ministero ha detto che, per un anno la scuola rimane, poi si vedrà. Non è un discorso accettabile; non si può vivere nell'insicurezza, proprio mentre il Comune si svena per dare inizio alla costruzione di un nuovo edificio scolastico. Si è tentati di non apportare alcuna miglioria al servizio, se non si è sicuri della sua esistenza. E non si è sicuri, se il gentile Ministro vuole chiudere tutte le scuole elementari che abbiano almeno una classe con meno di 15 alunni. Quante persone che conosco hanno fatto il loro brillante iter scolastico partendo dalla pluriclasse?
      Novello e tanti altri Comuni, da sempre, fluttuano fra i 40 ed i 50 alunni (Novello, ora 57); non hanno mai perso la scuola quando l'Italia era povera, devono farlo adesso? Perché si tratta solo di istruzione e non, che so io, di appalti?
      Il Ministro, che non vuole perdere nemmeno un giorno di lavoro per la prossima maternità, ponga attenzione ai guai che, volontariamente o meno, combina perifericamente.
      Ma non finisce qui: il resto al prossimo mese.

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