Ave Maristella 27

CHI COMANDA? (Ottobre 2010)

Chi comanda in Italia? Il Governo o il T.A.-R. Lazio? E' ciò che tutti si domandano da una ventina d'anni.
      La Maristella aveva preso una decisione giusta per ridurre il numero dei precari: la possibilità agli stessi di aggiungersi in coda - ripeto in coda - agli iscritti di ogni Provincia.
      Intanto, intendiamoci: sono precari coloro che hanno ottenuto, in qualunque modo, un'abilitazione all'insegnamento; gli aspiranti non abilitati non c'entrano.
      Perché l'aggiunta in coda? Perché in parecchie Province ci sono graduatorie esaurite. Ora, se le abilitazioni si concedono con serietà, se i voti sono centellinati come si deve, gli abilitati non sarebbero tanti. Ma se si crede, come in qualche Regione, che il numero sia potenza, allora si possono avere abilitati a bizzeffe. Giustamente, per quest'anno, per le graduatorie esaurite vengono chiamati gli abilitati iscritti in coda provenienti da altre Province. Ma l'anno prossimo? Pare che il T.A.R. Lazio li voglia tutti inseriti a pettine, vale a dire, se uno ha tanti punti (comunque ottenuti), può andare in una qualunque Provincia di sua scelta. Risultato?
      Un esempio. Un giovane padre di famiglia che conosco, ben abilitato in Piemonte, la settimana scorsa era piangente pensando all'anno prossimo, se ci sarà l'inserimento a pettine. E' il 5° nella sua graduatoria e quest'anno ci sono stati posti fino all'11°; quest'anno - ripeto - è a posto e mangia. Ma, con l'inserimento a pettine, l'anno prossmio sarà 28°, cioè, a spasso.
      E' inutile cavillare che l'abilitazione è come la maturità o la laurea: uguale dappertutto. Sappiamo che non è così, nemmeno per la maturità e la laurea. Oltre cinquant'anni fa, nella Scuola si era volutamente provincializzata l'organizzazione, per mantenere sano, per quanto possibile, l'ambiente.
      Ho maneggiato graduatorie per decenni e, purtroppo, so che non sono comparabili. Infatti, le abilitazioni erano, un tempo, provinciali e, ultimamente, regionali, col risultato che è come quello delle maturità: in certe Regioni, arrivare alla sufficienza era già tanto, in altre, con 99/100 si ricorre al TAR perché si vogliono 100/100. Eppoi, se erano a base locale, erano a base locale. Il primo punto è: abolire l'abilitazione come anni fa fu abolita la libera docenza. Ultimamente, per abilitarsi, occorreva frequentare il corso S.S.I.S (Scuola di Specializzazione per l'Insegnamento Secondario: facevo parte del Comitato presso l'Università di Torino...); era un corso biennale, con l'impegno di due pomeriggi alla settimana. E così avveniva. Una signorina nostra amica di famiglia (molto brava e capace di suo), è del Sud e lo fece nella sua Regione in pochi mesi, un giorno alla settimana.
      Poi, ogni titolo ha un punteggio, ma chi proviene da certe Regioni ha un profluvio di titoli. Sempre quella signorina, in pochi mesi ha fatto due corsi biennali. Quando - come prima ed unica Provincia, non come migrazione - scelse Cuneo, dovette ricorrere, perché il Provveditorato di Cuneo, abituato alla serietà, riteneva si trattasse di un doppione di documento...
      Non sono mai riuscito a capire come facciano i candidati di certe Regioni ad avere tanto servizio: avviene nelle Regioni a maggior numero di cosiddetti precari. Saltano fuori lunghi elenchi di servizi strampalati, prestati presso scuole paritarie o presso enti il cui servizio è considerato scolastico. Insomma, il certificato c'è, con relativo punteggio.
      Se i concorsi sono locali, se le graduatorie sono locali, si mantengano tali. Già una quindicina di anni fa, un mio collega (non so più se dell'Umbria o della Toscana), in un incontro al nostro Ministero, lamentava il danno che avrebbe portato l'inserimento in coda di candidati valutati in Province diverse. E si trattava soltanto di ammettere IN CODA, vale a dire, senza sopravanzare nessuno. E' anche l'idea dell'attuale Ministro, ma il solito TAR Lazio li vuole inserire a pettine. Evidentemente, il merito vero - non quello dichiarato dai certificati - non ha rilevanza alcuna.
      Allora, non lamentiamoci dei risultati. E non sono il solo a dirlo. Sul Corriere della Sera del 22 Settembre 2010 leggo il seguente brano, di persona che di scuola s'intende: "Ma di quale identità e dignità stiamo parlando, se, come ho scritto, la scuola non c'è più?... Non l'abbiamo voluta noi questa scuola così detta "aperta a tutti" che, fra le altre deficienze, ha promosso professori ignoranti e sgrammaticati, professionisti impreparati, volgari e presuntuosi. Vorrei riaffermare che la scuola "in toto" non solo va riformata, ma cambiata soprattutto nella scelta degli insegnanti, che debbono essere preparati, motivati e capaci di assolvere il difficile compito che una scuola seria e la società in evoluzione continua richiedono".
      Poi ci sono i politici (certi politici), che parlano di federalismo, di localismo, di valorizzazione del territorio, eccetera. Ma sanno di che cosa parlano? Si preoccupano almeno di difendere quel poco che ancora si può difendere nella scuola dall'orda dei precari comunque e dovunque divenuti tali, indipendentemente dal merito?
      Maristella, fatti coraggio, ma ascolta, però, la voce di chi di scuola s'intende.

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