Ave Maristella 6

ELEMENTARE BELLA 2 (Novembre 2008)

LA STAMPA è un quotidiano che, solitamente, non è tenero col governo di centrodestra. Anzi, lo picchia duro.
      Ma ospita scritti di persone di encomiabile onestà intellettuale.
      E' il caso del prof. Ricolfi, il cui articolo - pubblicato su LA STAMPA del 25 Settembre 2008 col titolo "Il mito della scuola elementare" - trascrivo in due puntate (e spero che il professore non mi bacchetti), senza commento specifico.

Riprendo l'articolo del prof. Ricolfi, apparso su LA STAMPA del 25 Settembre 2008.
Seconda ed ultima puntata.

"""""Ma c'è un secondo motivo per cui mi è incomprensibile lo tsunami anti-Gelmini di queste settimane: i critici danno per scontato che la scuola elementare così com'è vada bene, e che l'introduzione del maestro unico sia una scelta didatticamente sbagliata. Può darsi, ma non ne sarei così sicuro, e vorrei spiegare perché. Se la scuola elementare italiana fosse così ben congegnata come ripetono i suoi paladini, forse non osserveremmo quotidianamente quel che invece osserviamo. E cioè che sia nelle scuole media sia (incredibilmente) all'università tantissimi ragazzi, oltre a fare errore di grammatica e ortografia con cui un tempo nessuno avrebbe preso la licenza elementare, non sanno organizzare un discorso nè a voce nè per iscritto, non sono in grado di progettare una tesi o una tesina, non conoscono il significato esatto delle parole, fanno sistematicamente errori logici, non sanno spiegare un concetto nè costruire un'argomentazione, insomma non capiscono e non riescono a farsi capire se non in situazioni ultra-semplici (in una parola sono «ignoranti», secondo la bella definizione del libro di Floris uscito in questi giorni: La fabbrica degli ignoranti, Rizzoli).
      In breve i ragazzi spesso sono debolissimi proprio nell'organizzazione del pensiero e nella padronanza del linguaggio, ossia precisamente in ciò che avrebbero dovuto acquisire nei cinque anni di scuola elementare. Il sospetto è che la scuola elementare di oggi, pur essendo perfetta come luogo di socializzazione e di ricreazione, sia ben poco capacedi trasmettere conoscenze e formare capacità, ivi compresa la capacità di concentrarsi, di ordinare le idee, di autovalutarsi, di mettere impegno in attività non immediatamente gratificanti.
      A questa osservazione si potrebbe obiettare, e certamente qualcuno obietterà, che sia i test nazionali (Invalsi) sia i test internazionali (Pirls, Timss, Pisa) ci restituiscono un'immagine ben più ottimistica della scuola elementare italiana. Ma questo è vero solo in parte. I test internazionali condotti sui bambini in quarta elementare danno risultati opposti a seconda degli ambiti considerati (l'Italia è ai primi posto nei test di lettura, ma precipita agli ultimi sia in quelli di matematica sia in quelli di scienze). Quanto ai test nazionali essi indicano che il declino dei livelli di apprendimento fra i 7 e i 16 anni è costante e inizia già nelle elementari (in quarta i bambini vanno sensibilmente peggio che in seconda). Forse la cattiva fama della scuola media inferiore e dei suoi insegnanti è in parte immeritata: è vero, i risultati dei ragazzi delle medie sono pessimi, ma forse lo sono proprio perché la scuola elementare - con la sua impostazione ludica - non li prepara alle prove che dovranno affrontare quando entreranno in un mondo vero, meno protetto, in cui ci sono anche le frustrazioni e si deve essere capaci di studiare da soli (cosa che molti bambini non imparano mai a fare: un effetto perverso del tempo pieno?).
      Conclusione? Nessuna, solo una preghiera: anziché fare dello spirito sul grembiulino e del terrorismo sul tempo pieno, proviamo a riflettere seriamente - ossia senza preconcetti ideologici - sui vizi e le virtù della nostra scuola elementare."""""

Cerchiamo - tutti - di esaudire la preghiera del prof. Ricolfi.

Commento generico. E' lo stesso dell'altro mese: sulle superiori la vedo brutta. E' l'unico settore che andrebbe sicuramente potenziato, in quantità e qualità. Altro che tagli...

      E l'Università? Durante lo sciopero, sentivo per tele un giovanotto agitato, con badiera colorata in mano e kefia al collo, gridare accoratamente: vogliono distruggere l'Università che noi conosciamo!
      Appunto.

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