(sonoro)

I BARONI RAMPANTI (Febbraio 2009)

E così, finalmente, c'è stato un primo tentativo di riformare l'Università. Ma non credo abbia molto effetto.
        Come si fa ad eliminare gli sprechi in Università che vivono solo per i docenti, dal momento che gli iscritti sono una manciata (o addirittura zero)?
        Leggo un articolo di Gian Antonio Stella sul CORRIERE dell'11 Dicembre 2008, dal titolo: I 33 atenei senza una matricola. "Zero, zero, zero, zero, zero... E' tutta lì, la fotografia della follia dell'Università italiana. Nella ripetizione per 33 volte, nella casella «immaticolati» di altrettanti atenei distaccati del numero «0»."
        L'articolo continua: "Numeri ufficiali alla mano, 42 «atenei» hanno meno di cinquanta immatricolati, 20 ne hanno meno di venti (Moncrivello, Bisceglie e Pescopagano 12, Caltagirone e Andria 11, Figline Valdarno 5, Trani uno solo) e trentatré non hanno più un solo studente che si sia aggiunto agli iscritti precedenti".
        - "E io pago!" - avrebbe detto Totò.
        Ho sentito anche l'altra campana, avendo letto anche le controrepliche di alcuni rettori che si arrampicavano sugli specchi senza però smentire le cifre.
        Se, poi, parliamo della fantasia dei corsi inventati, c'è da sbizzarrirsi. Si va da "Scienze e Tecnologie del Fitness e dei Prodotti della Salute" a "Scienze del Fiore e del Verde", passando per "Etologia degli Animali d'Affezione".
        Ma non è una novità. Già ai miei tempi (30/40 anni fa), un mio amico docente nelle secondarie, stufo delle 18 ore settimanali, essendo molto addentro polticamente, si fece costruire una cattedra col corso "Storia delle Uniformi Militari".
        Ma è poco in confronto al modo di selezionare i docenti. Porto un esempio di 10/15 anni fa. Mio figlio, docente nelle secondarie, vide il bando di concorso per dottorato di ricerca presso una prestigiosa università. Fece domanda ed andò agli orali. Quando tornò, era frastornato.
        Erano una trentina agli scritti e tutti facevano i complimenti e gli auguri ad un candidato (che chiamerò Pinco Pallino), perché era fortunato, perché era il suo concorso, perché essi speravano che venisse anche il loro turno, eccetera... Mio figlio, che era al di fuori di quel mondo, non si fece un buon concetto.
        Comunque, in sei furono ammessi agli orali, fra cui mio figlio.
        Dall'orale, tornò soddisfattissimo (non solo, ma ebbe l'impressione che, forse, qualche membro della commissione avrebbe dovuto aggiornarsi nella materia), non senza aver rivisto gli altri quattro colleghi felicitarsi, prima dell'esame, con Pinco Pallino "perché era il suo concorso, eccetera". L'esito finale sarebbe stato pubblicato il pomeriggio successivo. Il mattino di quel giorno, prima che si riunisse la commissione, telefonai all'università, dicendo: "Sono il padre di Pinco Pallino; com'è andato mio figlio?". Notai imbarazzo, confabulazioni e la risposta: "Ma non è il concorso di suo figlio? La commissione si raduna nel primo pomeriggio, ma, in via riservata, le anticipo che suo figlio è a posto". E così fu.

Nota a chiarimento. Un paio d'anni dopo, si svolse il concorso ORDINARIO (cioé, per esami scritti ed orali) per l'entrata in ruolo nelle secondarie, quel concorso per cui Sovrintendenze e Provveditorati passarono i giorni e le notti per formare commissioni di docenti preparati e, soprattutto, al di sopra di ogni sospetto. Risultato, mio figlio lo vinse ed è di ruolo; Pinco Pallino non fu nemmeno ammesso agli orali. Presumo insegni all'università.
        Così va il mondo.

Pagina successiva
Pagina precedente
torna all'indice
Torna a: Ave, Maristella!